Cibi e cultura Da manuale Guida ragionata alla frittura mista perfetta
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In Italia si discute su tutto e gli ingredienti del fritto di pesce non fanno eccezione, così come le tecniche migliori per prepararlo.
24.7.2025 Daniela Guaiti linkiesta.it lettura 4’
Ma ci sono delle regole da cui non si scappa, a partire dalla cura nel realizzare il piatto
Ed è subito estate. Basta guardare un piatto (o un cono di carta) con calamari, gamberi e pesciolini croccanti e caldissimi per sentirsi in vacanza, pieds dans l’eau, a un passo dalle onde. Un ristorantino sulla spiaggia, lo sguardo sul tramonto, un calice di bollicine e la magia è fatta, ma se vogliamo riprodurre a casa quel perfetto equilibrio di fragranze e leggerezza dato da una frittura fatta a regola d’arte come dobbiamo fare?
Come per ogni grande piatto della cucina italiana, anche quando si parla di frittura di pesce esistono infinite scuole di pensiero. A partire dalla scelta della materia prima: calamari e gamberi sono la base (quasi) onnipresente, a cui si uniscono pesciolini di vario genere, dalle triglie alle soglioline, ai merluzzetti alle acciughe. E quando i pesciolini sono di tanti tipi diversi, parliamo in genere di frittura di paranza, dal nome dell’imbarcazione da pesca: si tratta infatti del misto di pescetti rimasti impigliati nelle reti. Ci sono poi quelli che aggiungono gamberoni, scampi, tocchetti di baccalà dissalato, alici, insomma, spazio alla varietà, a patto di scegliere pesce di ottima qualità e freschissimo.
Ovviamente il pesce deve essere pulito, eviscerato, lavato e spinato (tranne per i pesciolini molto piccoli): le acciughe vanno private della spina e aperte a libro; le sacche dei calamari (o dei totani) vanno separate dal ciuffo di tentacoli e tagliate ad anelli; i gamberi vanno in genere sgusciati lasciando la testa e privati del budellino nero, ma c’è chi preferisce lasciarli con il guscio. Tutte operazioni che si possono fare in casa con un pochino di pazienza ma che possono anche essere affidate al pescivendolo di fiducia. In ogni caso tutto il pesce va sciacquato con cura in acqua fredda e poi tamponato delicatamente per asciugarlo bene senza danneggiarlo.
A questo punto si passa alla preparazione vera e propria: la versione più tradizionale e semplice del piatto prevede che il pesce venga solo infarinato. Lo si passa nella farina bianca, lo si scuote leggermente per far cadere quella in eccesso (che brucerebbe rovinando il tutto) e poi si frigge.
Ma prima di arrivare alla frittura, consideriamo tutte le varianti alla farina: ci sono gli irriducibili della semola di grano duro, che darebbe maggior croccantezza, e i teorici della pastella. Ora le cose si complicano: quale pastella? Farina e acqua gassata in parti uguali, da mescolare con una forchetta aggiungendo a piacere poche gocce di succo di limone. Questa è la pastella più semplice, ma ce ne sono davvero tante: con la farina di riso, con la semola, con la birra, per arrivare a un altro grande classico, la pastella fatta con farina, acqua e uova (si calcolano circa ottanta grammi di farina e un decilitro di acqua per un uovo).
Fondamentale, se ci si orienta sulla pastella, è lavorarla velocemente con la forchetta o con la frusta per realizzare un composto cremoso, omogeneo e liscio. I grumi comprometterebbero il risultato. Si uniscono sale e pepe e si tuffa il pesce nel composto: anche in questo caso attenzione agli eccessi, che vanno lasciati cadere prima di passare alla frittura.
E qui si apre un mondo: padella o friggitrice? Quest’ultima è di sicuro una soluzione pratica, che consente di friggere grandi quantità senza sporcare la cucina, riducendo schizzi e odori e assicurando la temperatura ottimale del grasso di cottura. Ma i tradizionalisti inorridiscono: meglio un po’ di sano odore di olio ma per friggere ci vuole la padella, anzi meglio ancora le padelle, mettendone sul fuoco più di una per rispettare i diversi tempi di cottura e non sovraccaricare un singolo contenitore
La padella deve essere rigorosamente a bordi alti: ne esistono infinite varietà e tra le migliori ci sono quelle con il cestello incorporato, ma vanno benissimo anche delle normali padelle o un wok. I pezzi andranno poi “ripescati” con un ragno o con una schiumarola.
E l’olio? Tra i più consigliati quello di arachide e quello di semi di girasole, da portare a 180 °C per un fritto croccante e leggero. Utilissimo quindi un termometro, a meno che non si usi una friggitrice che ne sia già dotata. Si tratta di oli che resistono alle alte temperature e che hanno un sapore delicato, che non altera il sapore del pesce. Oggi esistono in commercio anche oli specifici per il fritto, ad esempio Fritto Libero dell’oleificio Zucchi, ma non manca chi mai rinuncerebbe all’olio di oliva o all’extravergine: quest’ultimo è un po’ più difficile da usare se non si è pratici, poiché va tenuto a temperature leggermente inferiori, senza dimenticare che ha un sapore più intenso di quello degli oli di semi o degli oli per frittura. Da ricordare, in tutti i casi, che il pesce deve essere del tutto immerso nell’olio e che è raccomandazione diffusa di friggere pochi pezzi per volta, in modo da non abbassare eccessivamente la temperatura dell’olio e da evitare che i pesci si attacchino tra loro.
La frittura è una cottura breve: appena pronti, i pesci vanno sgocciolati e trasferiti su un vassoio foderato con carta paglia o carta assorbente da cucina. Si calcolano in genere tre o quattro minuti per triglie e merluzzetti, un tempo che si riduce a poco più di un minuto per i gamberi. Tutto va regolato in funzione delle dimensioni.
Una volta sgocciolati, i fritti sono pronti da servire, caldissimi, spolverati di sale. Uno spicchio di limone per guarnire, profumare e completare è d’obbligo, ma prima di spremerlo sul pesce, ricordate che gli donerà un delizioso profumo ma rischierà di “ammosciare” la croccantezza della frittura. Fondamentale per evitare l’ammollamento è anche servire immediatamente il fritto.
Come contorno si può stare sul “tono su tono” e optare per le patatine fritte, oppure spezzare e rinfrescare con un’insalata, solo verde in foglia oppure mista, con pomodori, cipollotti e altre crudità, è questione di gusti. Da ricordare anche che è sempre più diffusa l’usanza di unire al pesce listarelle di carote, di zucchine o di buccia di patata fritte nello stesso olio.
E il vino? Bollicine, ovviamente, quelle di un Franciacorta Brut come quello di Mosnel, dalla finezza armoniosa ed elegante, ma anche quelle rosate di un Valdo Aquarius Rosé Brut, che richiama il mare anche nella bottiglia.
Infine una raccomandazione: quando friggete, fatelo sempre con attenzione, cura e pazienza. Sembra banale, ma non lo è, e a ricordarlo è qualcuno che di fritti se ne intende. Una signora che da quarant’anni in un piccolo ristorante sul mare in Toscana prepara fritti perfetti, senza attrezzature speciali o termometri. Come? Contando le onde che fa l’olio nella grande padella scura: la temperatura ideale ha una forma e una frequenza precisa, ma solo un occhio allenato la sa individuare. Poesia del fritto


