Fonzie e la fine delle illusioni. Schlein ormai ha «saltato lo squalo» e non potrà più tornare indietro
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Quando la segretaria del Pd dichiara che l’alternativa al governo è più vicina grazie ai «14 milioni» che sono andati a votare al referendum,
La Linea Francesco Cundari 11 Giugno 2025 lettura2’
viene in mente l’episodio di “Happy Days” in cui tutto appare ridicolo e subentra la noia, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Lunedì era il giorno dei sofismi e dei calcoli cervellotici. Ieri, dopo la fase della negazione, è arrivata la fase del rancore. E della retorica, naturalmente. Prima di morire annegati in un mare di frasi fatte sul valore fondamentale del voto, che lo dice pure la Costituzione che è un dovere civico, e l’empietà dell’astensione, con immancabile dichiarazione gramsciana di odio sempiterno contro gli indifferenti – peggio dell’arroganza dei vincitori, in politica, c’è solo l’arroganza degli sconfitti – suggerirei a tutti, come antidoto, di leggere le seguenti tre righe dell’articolo di Guia Soncini sul suo «rapporto abbastanza lasco con le elezioni», a causa del quale, dice, «neppure mi ricordo a quali ho votato e a quali no, l’unica cosa di cui sono certa è di aver scritto sulla scheda del Senato “Lucio Dalla vive” quando era candidato Cerno».
Cerno è ovviamente Tommaso Cerno, lo scoppiettante direttore del Tempo che oggi trumpeggia in tutti i peggiori talk show del paese, gridando contro il politicamente corretto, la sinistra e il Pd, ma che soltanto nella scorsa legislatura era uno dei senatori di punta del Pd di Matteo Renzi (una responsabilità assai più pesante del Jobs Act, di cui prima o poi qualcuno dovrebbe chiedergli conto). Mi sembra utile ricordarlo perché, prima di intristirci con Giorgia Meloni che mette una sua foto sghignazzante su Instagram a commento delle parole di Elly Schlein a proposito del referendum, e con Elly Schlein che si precipita a commentare ricordandole quel che diceva in occasione di un referendum precedente (fesserie analoghe a quelle dette da Schlein), è giusto tenere a mente da dove partivamo.
Ciò detto, quando la segretaria del Pd, all’indomani del referendum, dichiara ovunque e ripetutamente che l’alternativa al governo è più vicina grazie ai «14 milioni» che sono andati a votare, intestandosi quindi anche coloro che sono andati a votare No, è evidente che si è compiuto un salto. Un salto dello squalo, direi, per usare il gergo della televisione americana, che indica nell’episodio di Happy Days in cui Fonzie, facendo sci nautico, scommette di riuscire a saltare un pericoloso squalo tigre, quel momento decisivo in cui viene meno ogni sospensione d’incredulità nello spettatore, l’incantesimo si rompe, tutto appare semplicemente ridicolo e subentra la noia.
A questo proposito, guardando certi dirigenti del Pd rivendicare con veemenza trionfi inesistenti, esponendosi fin troppo generosamente ai lazzi e agli sberleffi degli astanti, mi è tornata in mente la definizione che Alfredo Oriani diede del sociologo Max Nordau, citata da Benedetto Croce nei suoi saggi sulla Letteratura della Nuova Italia: «Max Nordau è un imbecille eroico: messo al bivio supremo, o capire o morire, non esiterebbe ad affrontare il martirio». Mi pare esattamente lo spettacolo cui stiamo assistendo in questi giorni.