Post referendum.Alessandra Ghisleri, stoccata alla sinistra: perché perdono sempre
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"Per riportare i cittadini alle urne non serve abbassare il quorum, ma parlare di quello che impatta sulla loro vita": referendum, la sondaggista spiega la scollatura tra i progressisti e il reale
di Roberto Tortora martedì 10 giugno 2025 lettura2’
Il dato dell’affluenza, che si è assestato poco sopra il 30%, è un segnale inequivocabile di fallimento. Lo stesso leader della Cgil, Maurizio Landini, ha dichiarato “l’obiettivo fallito”, mentre Elly Schlein pensa alle competizioni personali e conta i voti: “14 milioni, più di quanti ne ha presi Giorgia Meloni alle politiche”. Palliativi di una malattia, l’astensionismo, che non si cura con gli slogan, soprattutto lontano dalle grandi città, dove le urne sono andate praticamente deserte. Il politologo Roberto D’Alimonte, docente di Sistema politico italiano alla LUISS Guido Carli, è stato intervistato dal Foglio e la sua analisi è netta: “Il referendum non funziona più. L’ultima volta che lo strumento ha funzionato era il 2011, sul tema del nucleare, con quorum raggiunto e percentuale di votanti al 57 per cento, sulla scia della paura per l’incidente di Fukushima. Ma - dice il professore - dobbiamo risalire ai referendum del 1995 per trovare una percentuale del 76,7 per cento. Un’era geologica fa, e un dato: in questi trent’anni la partecipazione elettorale è calata sempre di più. La distanza dei cittadini continua a crescere, l’astensionismo anche. In questo quadro ci si domanda: come si fa a mantenere la soglia referendaria al 50 per cento? In questo modo, tra l’altro, si dà un vantaggio strutturale ai sostenitori del no, chiunque essi siano, che così hanno buon gioco nel promuovere il non voto”.
Se D’Alimonte caldeggia l’abbassamento del quorum, non è dello stesso parere Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research: “Io penso si sia politicizzato uno strumento che servirebbe a decidere altro, dicendo votate per noi o contro di noi e non mettendo al centro l’interesse del cittadino. Sembra che il quadro di disaffezione crescente non insegni nulla a una politica che non aiuta l’elettore a trovare un senso, e che anzi lo allontana. I quesiti erano complicatissimi. Il centrosinistra ha infatti dovuto mettere in campo tutti i suoi leader per spiegarli, a differenza del centrodestra, con l’eccezione di Noi Moderati, per ragioni ovviamente opposte. In entrambi i casi, la percezione dell’elettore è stata quella di una contrapposizione politica che travalicava la scelta referendaria”.
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I referendum non solo si sono rivelati un grande flop per il finto-campo largo ma uno di essi, quello sulla cittadinanza...
Aggiunge, poi, la Ghisleri: “È mancata anche, a mio avviso, la comprensione, sul tema del lavoro, del ‘che cosa?’ Un certo tipo di tessuto imprenditoriale avrebbe desiderato: era questa la battaglia da fare? Ripeto: per riportare i cittadini alle urne non serve abbassare il quorum, ma parlare di quello che impatta sulla loro vita. Ecco, potrebbe essere questo un tema di riflessione per il futuro”. Insomma, stringi stringi, il messaggio della Ghisleri è chiaro: la sinistra è sempre più scollata dalla realtà.
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DAGOREPORT - L’ESITO DEL REFERENDUM, LANCIATO DALLA SETE DI POTERE DI LANDINI IN CUI SONO CADUTI GLI INETTI SCHLEIN E CONTE, HA SPINTO UNA BEFFARDA MELONI A CANTARE VITTORIA DETTANDO AI SUOI GAZZETTIERI CHE IL RISULTATO “RISCHIA DI INCHIODARMI A PALAZZO CHIGI PER DIECI ANNI”. COME SE IL 70% CHE SE N'È FREGATO DI ANDARE A VOTARE, SIA TUTTO A FAVORE DELLA DESTRA. UNA FURBATA DA VENDITORE DI TAPPETI PERCHÉ IL FUTURO DEL GOVERNO MELONI NON E' PER NIENTE DIPINTO DI ROSA. A PARTE LA DISCRIMINANTE GEOPOLITICA, CHE VEDE IL TURBO-SOVRANISMO ANTI-UE DI SALVINI COZZARE CON IL RIPOSIZIONAMENTO EURO-PPE DELLA CAMALEONTICA DUCETTA, IL PASSAGGIO PIÙ DIFFICILE ARRIVERÀ CON LE REGIONALI DEL PROSSIMO AUTUNNO, DOVE RISCHIA SERIAMENTE DI PERDERE LE MARCHE MENTRE IL VENETO È APPESO ALLE MOSSE DI ZAIA. I TIMORI DELLA MELONI SI SONO APPALESATI QUANDO È SBUCATO IL NASO AD APRISCATOLE DI DONZELLI ANNUNCIANDO UN’APERTURA SUL TERZO MANDATO CON LO SCOPO DI LANCIARE UN SALVAGENTE A SALVINI E NELLO STESSO TEMPO MANDARE ALL’ARIA IL CAMPOLARGO IN CAMPANIA - DALL'ESITO DELLE REGIONALI LA SGARBATA PREMIER DELLA GARBATELLA CAPIRA' SE HA I NUMERI PER ANDARE AL VOTO ANTICIPATO SENZA SALVINI TRA I PIEDI…estratto
DAGOREPORT dagospia.com
DI TRASFORMARLA IN UNA MEZZA VITTORIA (“MANCAVA POCO”, “IL GOVERNO NON POTRÀ NON TENERNE CONTO”)
10 giu 2025 12:56 dagospia.com lettura3’
NON STANNO IN PIEDI” – SORGI: “E’ UN RISULTATO DIFFICILE DA MASTICARE E DIGERIRE. NÉ I BALLOTTAGGI DELLE CITTÀ BASTERANNO A CONSOLARSI. IN QUESTE CONDIZIONI, È POSSIBILE CHE UN CENTROSINISTRA TROVI IL MODO DI SIGLARE UN ACCORDO NAZIONALE PER CORRERE UNITO ALLA VIGILIA DELLE ELEZIONI POLITICHE. MA CHE RISULTI COMPETITIVO, O ADDIRITTURA VINCENTE RISPETTO AL CENTRODESTRA, SARÀ DA VEDERE"
Marcello Sorgi per “la Stampa” - Estratti
Eppur si muove. Non fraintendiamo, però.
La sconfitta della Cgil e del centrosinistra al referendum è e resta una sconfitta, e i tentativi di trasformarla in una mezza vittoria («Mancava poco», «Il governo non potrà non tenerne conto» e così via) non stanno in piedi.
Ha votato più o meno il 30 per cento dell'elettorato, oltre 13 milioni, il 70%, cioè i restanti 30, no. Siamo lontani dalla famosa consultazione del 1999 in cui mancarono ventimila elettori per la validità prevista, del 50 per cento più uno. Il cemento che ha unito e diviso venerdì e sabato alle manifestazioni per Gaza e Israele non è stato sufficiente per ottenere il quorum. Il gran numero - non sempre grande - di "sì" venuti fuori dalle urne non servirà a cancellare la durezza di un risultato difficile da masticare e digerire. Né i ballottaggi delle città basteranno a consolarsi.
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