1- Anni Ottanta o 2024? Landini fermo a un’era che non esiste più, cresce la sfiducia dei lavoratori nei sindacati: lo sciopero generale è un flop
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2-Le feste comandate del dissenso sociale. Landini, poeta del disagio frammentato: la liturgia dello sciopero e i sacerdoti sindacali
1.12.2024 Ferraro eTalamo, ilriformista.it lettura5’
1- Anni Ottanta o 2024? Landini fermo a un’era che non esiste più, cresce la sfiducia dei lavoratori nei sindacati: lo sciopero generale è un flop
L’unica “rivolta” necessaria? Quella del sindacato stesso, per riconnettersi con la realtà di oggi
Pasquale Ferraro
1 Dicembre 2024 alle 14:56
Nessuno ha saputo ritrarre Maurizio Landini meglio di un altro Maurizio, Crozza, in quella stagione in cui l’attuale segretario della Cgil guidava in maniera ferrea la Fiom ingaggiando un quotidiano quanto furente duello con l’allora amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. Già allora la versione comica, caricaturale di Landini, resa magistralmente dal comico genovese, premeva sul dato anacronistico di molte iniziative che l’allora leader dei metalmeccanici assumeva e propagandava. Immagini sbiadite dal tempo, ma ritornate attualissime analizzando le scelte e soprattutto le iniziative assunte da Landini in questi ultimi anni.
Da segretario generale della Cgil non ha saputo in alcun modo traghettare il sindacato nel nuovo secolo, nonostante tanto su Marchionne quanto sul “silenzio assordate” di oggi, la storia e persino la cronaca gli abbiano dato torto, rigettando l’interpretazione tardo marxista che Landini fa del sindacato e soprattutto di come dovrebbe agire un sindacato moderno nelle sfide dell’oggi. Restando invece fossilizzato a categorie ottocentesche e contrapposizioni sul modello della “lotta di classe” che oggi non sono solo fuorvianti, ma del tutto ribaltate nella realtà oggettiva e quotidiana. Non è un caso che i dati indichino una sfiducia totale nei sindacati da parte dei lavoratori, con un dato negativo che si fa ancora più allarmante tra gli operai, da sempre zoccolo duro del sindacato, e tra i giovani, cosa che dovrebbe preoccupare e dunque stimolare una riflessione oculata, che però non vede mai la luce.
Persino l’utilizzo dello strumento dello “sciopero” è stato talmente abusato e i numeri lo confermano che allo sciopero generale che doveva paralizzare il paese hanno partecipato, prendendo per buoni i dati comunicati sul palco a Bologna da Landini, solo cinquecentomila persone. Un fallimento talmente eclatante visto che a guidare lo sciopero erano due dei tre sindacati confederali, la Cgil e la sempre più appiattita Uil, da rendere evidente che l’unico vero sciopero è stato quello dei lavoratori dallo sciopero medesimo e dall’uso politico che Landini ne sta facendo. Anche i toni incendiari utilizzati nella fase preparatoria di questo primo atto dell’annunciata “rivolta sociale” sono andati ben oltre il consentito, volendo eccitare gli animi con il rischio di fomentare – come sempre avviene in queste circostanze – i più facinorosi tra i gruppi sempre attivi nel sostegno a qualunque forma di protesta, quelli che possiamo definire i professionisti della manifestazione. Se Landini voglia o meno lanciare la sua corsa alla guida della sinistra scalzando Elly Schlein lo capiremo con il tempo: non è la prima volta che il dubbio serpeggia, ma è anche vero che Landini fino ad ora perlomeno non ha mai voluto compiere il salto finale in politica. Di certo non intende farlo da comprimario, se lo farà sarà da leader, nello stesso solco tracciato per conquistare, partendo dalla Fiom, la stessa Cgil.
La Cgil colleziona scioperi e sconfitte, Landini come Cofferati: sogna di scalare la sinistra
Di sicuro quella che porta Landini a sinistra non è una ventata di aria fresca. Al contrario un insieme di naftaliniche dottrine, in cui vengono riprodotte la demonizzazione del mercato e del capitale, la contrapposizione fra uomo e mercato, un posizionamento letteralmente fuori dal tempo. Il lessico utilizzato la dice lunga sugli orizzonti – limitati- di questo redivivo fronte massimalista, unito oltre che dalle personali e per carità legittime ambizioni del segretario della Cgil, dal rifiuto della realtà, per seguire le orme sepolte dalla storia di una sinistra già allora sconfitta in Italia come in Europa. Forse prima di riproporre una “rivolta sociale” – che ha il solo scopo di infiammare le piazze contro il governo – i sindacati dovrebbero rivoltare loro stessi, partendo prima di tutta dal riconfigurare sé stessi con il mondo reale, e con la realtà dei lavoratori di oggi.
Quante categorie di lavoratori sono oggi dimenticate? Quanti non hanno voce, eppure vengono sfruttati? Dove sono le proposte e le lotte per garantire ai giovani condizioni di lavoro ottimali? Ma soprattutto dove sono i sindacati e la sinistra da piazza quando settori che furono d’eccellenza in Italia – come quello automobilistico con tutte le sue diramazioni – vengono distrutti? Senza dimenticare i liberi professionisti, categoria inesistente nel polveroso glossario dei sindacati italiani. Landini dice che “rivolterà il paese come un guanto”, dimenticando forse che oggi i sindacati per loro scelta non sono più la voce dei lavoratori.
2-Le feste comandate del dissenso sociale. Landini, poeta del disagio frammentato: la liturgia dello sciopero e i sacerdoti sindacali
Landini non è un uomo scaramantico. Annuncia di voler rivoltare il paese come un guanto, così come prima di lui altri due profeti, Beppe Grillo e Piercamillo Davigo
Sergio Talamo 30.11.2024 alle 11:29 ilriformista.it lettura2’
Maurizio Landini non è un uomo scaramantico. Annuncia di voler rivoltare il paese come un guanto, così come prima di lui altri due profeti, Beppe Grillo e Piercamillo Davigo, dissero che avrebbero rivoltato l’Italia come un calzino. Ma mentre Beppe e Piercamillo in lavatrice ci sono finiti loro, l’Italia, sia pure un po’ stropicciata, tira dritta per la sua strada. In compenso, Landini ha lo spirito del poeta.
Già gli scioperi settimanali sono versetti evangelici che benedicono il venerdì, visto che allungano il week end sia di chi li fa sia di chi li subisce.
Ma lo sciopero generale è di più, è il poema religioso in forma completa e solenne, con i sacerdoti sindacali che alzano davanti ai fedeli radunati nelle piazze i loro calici gonfi di beatitudini future. Già alle 8 del mattino, Maurizio e gli altri capi rassicurano i giornali: le cattedrali erano piene. Probabile. Il guaio è che sono le beatitudini ad essere vuote. Perché i disagi provocati ai cittadini e il rito appena celebrato, da tempo non smuovono più nulla. Si risolvono in feste comandate del dissenso sociale, con le solite guest star che bruciano manifesti e bandiere, e il corollario di metro bloccati, treni soppressi e scuole chiuse.
Tutte quisquilie che colpiscono gli stessi lavoratori, cambiati d’abito e diventati comuni cittadini. Viviamo nell’epoca ormai piuttosto epica del ‘disagio frammentato’, una serie Netflix delle agitazioni dove ogni giorno ha la sua pena, attenuata solo dal fatto che il più delle volte l’imprecazione si affaccia sulla gitarella del fine settimana. Tre scioperi al giorno in media che non portano risultati, al punto tale che la stessa Elly Schlein appena può fa rispondere al telefono che ‘la dottoressa è fuori stanza’. Ieri non ha resistito e si è esibita in un romantico ‘Bella Ciao’.
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In realtà, con il minaccioso fascismo al governo ha appena condiviso un vicepresidente europeo, ma non fa niente. Canta che ti passa.
Negli anni ‘80, il segretario della Uil Giorgio Benvenuto lanciò ‘il sindacato dei cittadini’, l’idea lungimirante di un’alleanza permanente fra le rappresentanze organizzate dei sindacati e la più ampia platea delle persone che ogni giorno affrontano i problemi e i disagi della vita collettiva.
In tutto il mondo si sono inventate forme alternative come sit in, flash mob, dibattiti, assemblee aperte, consultazioni popolari. Niente da fare. Troppa fatica. Troppa fantasia. L’attrazione della liturgia resta fatale più di quella di Glenn Close per Michael Douglas. E poi, vuoi mettere la libidine di proclamare che si sta attentando al diritto di sciopero proprio mentre lo stai facendo? Oggi la cerimonia si è di nuovo compiuta. Comunicati stampa e talk show sono salvi. Ma, a proposito di poesia, scriveva Eugenio Montale che ‘nulla paga il pianto del bambino al pallone che fugge tra le case’.
Al poeta Landini si potrebbe chiedere: ‘Chi ripaga il pianto del postino a cui tocca di nuovo stare a casa?’
Sergio Talamo
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SUSEGANA - Una ventina di operai neoassunti hanno fatto oggi il loro ingresso nei locali di produzione di Electrolux Italia di Susegana, e altri 15 erano entrati alla fine del mese scorso, mentre, al contrario, nell'insieme degli altri stabilimenti italiani della multinazionale svedese sono in vigore contratti di solidarietà. Lo riportano oggi le rappresentanze sindacali interne, precisando che comunque si tratta di contratti a termine della durata di alcuni mesi.
La prosecuzione di eventuali nuove assunzioni sarà infatti condizionata da una sentenza del tribunale di Pordenone legata ad una serie di ricorsi di ex lavoratori precari i quali, secondo i motivi addotti alla base del contenzioso, avrebbero maturato il diritto ad essere stabilizzati. Per le Rsu l'esigenza di nuova forza lavoro potrebbe anche essere collegata alla necessità di recuperare produttività, a causa di ripetuti intoppi tecnici nelle nuove linee altamente digitalizzate di "Genesi". Rimane tuttavia il fatto, chiudono i sindacati interni, "che i volumi di frigoriferi da produrre hanno smesso di scendere e si registra una lieve crescita".da Oggi treviso
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