Strani indignati Interessi e conflitti nel governo a conduzione familiare
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Se Spano fosse stato iscritto a un gruppetto neonazista, anziché lgbt, adesso sarebbe almeno sottosegretario,
24.10.2024 Francesco Cundari, LINKIESTA.IT LETTURA 2’
scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
La triste agonia del ministero della Cultura, cui la nuova destra al potere aveva impropriamente affidato tanta parte delle sue aspirazioni egemoniche, dice molto del rapporto tra ambizioni e realtà di questo governo. L’ultimo scandalo, che ha portato così rapidamente alle dimissioni dell’ex-neo-capo di gabinetto, Francesco Spano, voluto dal nuovo ministro, Alessandro Giuli, è stato sollevato dalle anticipazioni di un’inchiesta di Report relativa al suo operato al Maxxi, dove avrebbe assegnato una consulenza a suo marito, nel 2022.
Uno scandalo, in sé e per sé, di portata piuttosto limitata, considerando che quella consulenza l’avvocato Marco Carnabuci, “unitosi civilmente” a Spano solo pochi mesi fa, se la vedeva rinnovare ogni anno sin dal 2018, quando Spano lavorava da tutt’altra parte e a guidare il Maxxi era Giovanna Melandri (che il governo avrebbe rimpiazzato con Giuli proprio nel 2022): c’è una bella differenza tra assegnare una consulenza a un proprio congiunto e limitarsi a rinnovargliela. Mi pare dunque evidente la sproporzione tra il fatto all’origine dello scandalo e gli effetti politici a catena che ha generato, e continua a generare, al punto da fare ipotizzare pure le dimissioni del neo-ministro.
A colpire è anzitutto l’altissimo tasso di ipocrisia, di fronte all’indignazione selettiva di un governo a conduzione familiare, che in questi due anni ha nominato praticamente solo sodali, amichetti e compagni di scuola, in ogni angolo della pubblica amministrazione e delle società controllate.
Una tendenza antica, che ben si concilia con la non meno antica abitudine all’uso politico dell’insinuazione, della spiata e della delazione, che alimenta a sua volta, in un tipico meccanismo di proiezione freudiana, la paranoia complottista, l’ossessione del «dossieraggio».
Non per niente, diversi quotidiani danno conto del durissimo scontro tra il presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone, e Antonella Giuli, giornalista che lavora all’Ufficio stampa della Camera, sorella di Alessandro e intima amica di Arianna Meloni, con lei che gli chiede cosa si sarebbe detto Mollicone con un certo giornalista, lui che prima si giustifica e poi alza la voce, lei che dice «ne riparleremo» e lui che urla «mi stai minacciando?».
Notevole anche la difesa del coordinatore locale di Fratelli d’Italia, Fabrizio Busnengo, dimessosi pure lui dopo che sono venute fuori le chat interne in cui definiva Spano «un pederasta». Respingendo l’accusa di omofobia, con un guizzo degno della migliore commedia all’italiana, Busnengo ha spiegato: «Ho semplicemente riportato il sentimenti della base». Ma la verità è che si tratta dello stesso sentiment che attraversa anche larga parte dei vertici del partito, come sanno anche i sassi, da quando Giuli ha nominato Spano suo capo di gabinetto. È ovvio che se quella famosa consulenza Spano l’avesse rinnovata a sua moglie, anziché a suo marito, e soprattutto se in passato non avesse lavorato all’ufficio antidiscriminazione e non avesse avuto legami con il mondo lgbt, nulla di tutto questo gli sarebbe accaduto. Se poi, anziché a un’associazione lgbt, fosse stato iscritto a qualche gruppetto neonazista, ora sarebbe almeno sottosegretario.