L’oligarca di Putin Il valzer di Viktor Vekselberg, tra uova Fabergé e Villa Feltrinelli, per aggirare le sanzioni

L’Italia è terra di conquista non solo della propaganda russa ma anche di un mercato nero di energia, beni di lusso e greggio

Massimiliano Coccialinkiesta.it lettur3’

L’Italia è terra di conquista non solo della propaganda russa ma anche di un mercato nero di energia, beni di lusso e greggio. Come dimostra il caso dell’uomo del Cremlino, uno dei più ricchi al mondo, che arriva sempre prima della Commissione europea

Il nome di Viktor Vekselberg non dirà molto ai nostri lettori eppure è uomo degli uomini più ricchi al mondo, secondo Forbes con un patrimonio netto di 12,5 miliardi di dollari. Ma non è un ricco qualsiasi, è l’imprenditore o meglio oligarca a cui Putin ha affidato la pianificazione economica del suo regime.

Proprietario della Renova, un conglomerato che tratta materie prime come acciaio, petrolio e derivati come microchip e impianti di telecomunicazioni, Vekselberg ha numerosi investimenti attivi anche nel nostro Paese. Sottoposto a sanzioni dagli Stati Uniti a partire dal 2018, dopo l’invasione russa della Crimea è stato messo nella blacklist anche dall’Unione europea dopo l’invasione estesa dell’Ucraina del 2022, il suo impero ha iniziato un’opera di aggiramento delle sanzioni, continuando così a operare sui mercati europei solo con qualche fastidio in più.

Un esempio è Villa Feltrinelli, splendido resort a cinque stelle che sorge sul Lago di Garda. Di proprietà della Camerlex Holding Limited composta da un dedalo di società panamensi, nella Gulgong Snc figura un ventiquattro per cento di proprietà di Vekselberg. Una percentuale che consente di non giungere al cinquanta per cento del capitale totale che farebbe scattare il congelamento dei beni.

L’oligarca infatti poco prima che la Commissione europea varasse il terzo pacchetto di sanzioni ha modificato il proprio assetto societario cedendo ad altre società fittizie le proprie quote di maggioranza. Un gioco che ha permesso in tutta Europa di mantenere le posizioni di interesse in tutta l’industria compresi i settori energetici. Lo stesso Vekslberg risulta anche legato per quote minoritarie a Gazprom, che tramite Gazprom Neft in joint venture con Novateck finanzia il progetto Arctic LNG 2, la vera Samarcanda energetica di Putin.

Il progetto che sta prendendo vita nel golfo dell’Ob, un’enorme darsena nella costa artica russa, ha previsto la perforazione del permafrost per realizzare gli impianti di liquefazione del gas. Dopo molti stop and go dovuti alle sanzioni, la sostituzione dei partner occidentali come Siemens che dopo il febbraio del 2022 hanno abbandonato il cantiere, Arctic LNG 2, da settembre ha iniziato a rifornire i mercati asiatici grazie anche alla flotta oscura di Putin che solca i mari di mezzo mondo.

Arctic LNG 2 non è solo un porto di sessanta ettari, tutto Made in Russia e Cina, che una volta concluso diventerà la più grande infrastruttura russa di seconda generazione, ma è un terminale offensivo per aggirare le sanzioni e puntare ai mercati dell’Asia dell’est.

E c’è anche un’implicazione per l’Italia. Se, da un lato, solo a giugno del 2024 l’Unione europea ha applicato sanzioni più restrittive alle società di importazioni di gas liquido, dall’altra parte società come Lukoil Italia continuano ad aggirare le sanzioni, testandosi sempre su percentuali studiate al limite delle sanzioni ma partecipando alla mega infrastruttura russa e trasformando il greggio illegale a Priolo, in Italia, in greggio legale.

Un rimbalzo che ormai è diventato la prassi di cui Viktor Vekselberg, collezionista di uova Fabergé, ne è l’ideologo e in cui l’Italia riveste un ruolo di piattaforma economica e finanziaria per tutto il Mediterraneo, orfano di quelle infrastrutture energetiche di cui la Russia e l’asse cinese-iraniano-azero dimostrano di saper aggirare. Mentre un fiume di denaro nero scorre in Italia e in Europa prima che sia troppo tardi si dovrebbero anche controllare gli spifferi di Berlaymont visto che ogni pacchetto di sanzioni, come commenta un funzionario italiano dell’ anticorruzione, «arriva già depotenziato».

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