Il gruppo lombardo-veneto guidato da Paolo Grimoldi vuole rivendicare l’autonomia della Padania, radicandosi sul territorio con l’obiettivo di ridare voce

Il gruppo lombardo-veneto guidato da Paolo Grimoldi vuole rivendicare l’autonomia della Padania, radicandosi sul territorio con l’obiettivo di ridare voce

15.10.2024 Cristina Giudici linkiesta.it lettura

Il gruppo lombardo-veneto guidato da Paolo Grimoldi vuole rivendicare l’autonomia della Padania, radicandosi sul territorio con l’obiettivo di ridare voce a un’ideologia storica. Nonostante i fallimenti passati, i dissidenti sono determinati a ricostruire il partito di Bossi, confidando in un cambiamento imminente

L’altra Pontida – quella dei leghisti lombardo-veneti fuoriusciti, espulsi o ancora membri nella Lega Salvini premier, ma contrari alla glorificazione dell’alleanza santa sovranista dei patrioti europei avvenuta il 6 ottobre – si è riunita domenica scorsa nella Villa La Lodovica di Vimercate.

Il gruppo è guidato da Paolo Grimoldi, recentemente espulso dalla Lega (anche se lui smentisce), per aver dichiarato, prima del voto europeo, che l’Umberto avrebbe votato per l’ex leghista Marco Reguzzoni, ora in Forza Italia.

Al «Patto per il Nord», a cui hanno aderito l’ex ministro Carlo Castelli e altri padri nobili della Lega come Giuseppe Leoni e, pare, benedetto anche da Bossi, rappresenta l’ennesimo tentativo di ex parlamentari, sindaci, dissidenti, amministratori ancora militanti della Lega Salvini premier di tornare alle origini e provare per la prima volta a riunire tutta la galassia autonomista nata dopo la svolta di estrema destra del vicepremier.

Ci aveva già provato il gruppo consiliare in Regione del Comitato Nord alle ultime elezioni regionali in Lombardia: un esperimento finito malissimo, con consiglieri regionali espulsi, altri confluiti in Forza Italia, e altri ancora entrati in un cono d’ombra di rancore.

Al primo raduno del Patto per il Nord, hanno partecipato diverse centinaia di persone entusiaste perché i leghisti storici e i dissidenti non si vogliono arrendere. All’assemblea dell’altra Lega – quella che ha mantenuto il verde padano, rifiutando il nero sovranista – è stato presentato anche un nuovo simbolo: una bandiera bianca e un cerchio blu con l’effigie di Pinamonte da Vimercate, il condottiero che creò l’alleanza dei Comuni lombardi per combattere l’esercito di Barbarossa a Legnano. Un simbolo che richiama le origini, evocando l’indipendenza della Padania che resta la bussola dei leghisti vecchia maniera.

«Qualcuno è stato minacciato per impedirgli di venire», ha detto Grimoldi per far capire di non temere gli emissari di Salvini. «Vogliamo difendere la nostra gente». Questo in sintesi è stato il concetto detto e ribadito durante la prima assemblea dell’altra Pontida. Parole d’ordine ascoltate: difesa del nord, delle aziende, dei lavoratori, dei pensionati nel nome dell’autonomia e del sogno di Gianfranco Miglio. Guerra senza frontiere al centralismo. Insomma, la sempreverde questione settentrionale naufragata con la Lega Salvini premier oltre che per le promesse disattese quando Bossi governava con Berlusconi.

Temi e slogan che rappresentano un sentimento ancora prevalente fra i leghisti lombardo-veneti. «Ci radicheremo su tutto il territorio», ha sottolineato Grimoldi (le sezioni della Lega di Salvini ormai sono semideserte o chiudono perché i militanti non accettano i commissariamenti e se ne vanno). «Il tesseramento inizierà a dicembre», ha annunciato Grimoldi, «ma nessun segretario in Lombardia o in Veneto sarà scelto con una «imposizione da Roma», ha rimarcato per evocare il regime autocrate del capitan Salvini. Tra i presenti, tanti parlamentari trombati da Salvini, ma anche leghisti, come Max Bastoni, entrati poi in Forza Italia, dove hanno formato il comitato Forza Nord con cui lanceranno presto la candidatura di Flavio Tosi alle elezioni regionali in Veneto.

«Il ministro Giorgetti ha detto ieri che sta cercando tre miliardi da tagliare da qualche parte perché se no deve aumentare le tasse. Glielo diciamo noi dove trovare i miliardi: ne può trovare quindici domani mattina tagliando il ponte di Messina.

Tra l’altro, per fare un favore a siciliani e calabresi, che avrebbero come priorità quella di avere gli acquedotti invece che un ponte in mezzo al mare», ha dichiarato Grimoldi nella presentazione del nuovo progetto leghista. Certo, al raduno del Patto per il Nord è stata ribadita anche la necessità di difendere l’identità occidentale e il crocifisso – la Lega è pur sempre la Lega – ma, rispetto ai discorsi di istigazione all’odio sentiti a Pontida, sembrava di essere a un’assemblea di giovani marmotte.

 

Ora la domanda che viene da porsi è la seguente. Come mai non si rassegnano, dopo tutti questi anni? Perché i dissidenti insistono con l’idea di voler ricreare la Lega di Bossi, se ogni volta che ci provano falliscono? La risposta dei dirigenti e dei militanti arrivati a Vimercate per partecipare alla nascita del Patto per il Nord è stata: «Chi ci crede davvero, vincerà». Soprattutto ora che, entro dicembre, si terrà il congresso lombardo della Lega, con candidati vicini al «cerchio magico» di Salvini, è chiaro che ogni speranza di cambiamento è vana. Non esiste nessuna alternativa al «capitan Salvini» in grado di invertire la rotta del partito.

 

Perciò, ed è questa la novità, per la prima volta piccoli partiti e movimenti leghisti si mettono insieme ad altri leghisti e amministratori della Lega di Salvini, pensando che la sua débacle sia vicina e sperando di sedersi tutti insieme sulla riva del fiume ad aspettare il suo cadavere. A loro non importa se questa sia un’aspettativa velleitaria: i leghisti sono fatti così (tranne alcune eccezioni). Sono disposti a tutto per far rinascere il culto della Lega bossiana, memoria sul sacro suolo di Pontida profanato dai patrioti europei.

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