Orbán e l’orbaceI cattivi maestri nazional sovranisti e la lezione ben recepita dai giovani della Lega. Matteo Salvini ha preso le distanze dai suoi militanti

che hanno dato di «scafista» ad Antonio Tajani, ma dal palco di Pontida non ha smesso di fare demagogia razzista e di farsi accompagnare dai peggiori nazionalisti d’Europa

7.6.2024 Amedeo La Mattina open.online lettura3’

I Patrioti dell’estrema destra sono saliti sul palco di Pontida per incoronare Matteo Salvini, l’eroe che difende i confini dell’Europa dai migranti. Dimenticando che quando lasciò in mare la Open Arms, provocando il processo a suo carico per sequestro di persona, l’allora ministro dell’Interno del governo gialloverde teneva i poveri cristi in mare in attesa che si facessero vivi i Paesi europei.

I primi a sbattergli la porta in faccia furono tutti i suoi simpatici amici che ieri lo osannavano. Molti dei quali allora erano all’opposizione, tranne il suo omologo austriaco Herbert Kickl e Viktor Orbán.

Per il premier magiaro, ieri i leghisti erano in estasi perché, mille miglia lontano dal Mediterraneo, Orbàn è un nemico giurato degli scafisti.

Dal palco leghista, ha minacciato di portare gli immigrati irregolari a Bruxelles («li deponiamo davanti agli uffici», come fossero oggetti). Dove li prenda però non è chiaro visto che ha precisato che «il numero di migranti in Ungheria è zero: l’Ungheria è il posto più sicuro d’Europa».

Sono questi i cattivi maestri dei ragazzi della Lega che l’altro giorno, a Pontida, aspettando che arrivassero i grandi del partito, hanno tacciato Antonio Tajani di essere uno «scafista» perché ha presentato (finalmente) una proposta di legge sullo ius scholae. Salvini si è scusato, ha cazziato gli autori della goliardata, ricordando loro che gli avversari stanno dall’altra parte, e che Tajani è un alleato e anche amico. Ma il termine scafista, che di solito viene scagliato contro la sinistra, è la sintesi delle tossine che si sono accumulate tra Lega e Forza Italia su tanti fronti.

Durante la campagna elettorale per le elezioni europee, si è scatenata una guerra per il secondo e il terzo posto nel centrodestra, con la vittoria al fotofinish degli azzurri. I Popolari di Tajani sono stati accusati di essere gli apripista dell’inciucio con i Socialisti nel quale trascinare i Conservatori di Giorgia Meloni. È finita con l’accordo sulla composizione della Commissione e con l’assegnazione della vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto. I Patrioti sono rimasti fuori, oltre il cordone sanitario.

Poi è arrivato il successo dell’estrema destra austriaca, colonna dei Patrioti, e Tajani ha detto che va respinto ogni rigurgito nazista, cioè i Popolari non dovranno mai allearsi con Herbert Kickl. Peccato che ministro degli Esteri italiano abbia omesso di dire che il partito di Kickl (Fpö), che ieri ha mandato a Pontida una delegazione, nel 2019 faceva parte del governo austriaco guidato dal giovane Popolare Sebastian Kurz.

 

Oggi, tuttavia, i Popolari nei loro Paesi sono l’ultimo baluardo contro le estreme destre che ieri erano a Pontida.

È chiaro quindi che nel mirino ci siano i maggiori esponenti del Ppe, a cominciare da Ursula von der Leyen, definita da sempre disastrosa da Salvini, Marine Le Pen, e Geert Wilders. Sempre il vulcanico Orbán, che dal Ppe è stato cacciato, nei mesi scorsi ha definito il leader europeo dei Popolari Manfred Weber «diabolico, un malfattore nemico dell’Ungheria, il Belzebù della coalizione per la guerra e la migrazione». E von der Leyen? È il «maggiordomo» di Weber, ha detto Orbán.

I poveri ragazzi della Lega non hanno fatto altro che qualificare Tajani con un distillato delle lezioni impartite dai cattivi maestri, ai quali si è aggiunto il generalissimo Roberto Vannacci, il quale sul pratone di Pontida ha ricordato che la cittadinanza non si regala. Magari la gioventù leghista ha usato un termine più urticante, ma sono stati i fratelli maggiori a indicare la via, come ha fatto Andrea Crippa, vicesegretario leghista che viene proprio dalle fila del giovanile del Carroccio. Quando questa estate è venuta fuori la proposta sullo ius scholae, Crippa ha chiesto a Forza Italia quale programma volesse seguire: «Quello del centrodestra, o quello del Pd e dei comunisti?».

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