La destra italiana al potere con i consensi ma senza egemonia, il libro di Carlo Galli

Galli, studioso di scienze della politica e uomo di sinistra, entra nel merito della questione-Fratelli d’Italia. Diciamolo subito, la democrazia non è sul punto di crollare

Mario Lavia — 10 Agosto 2024 linkiesta.it lettura2’

La destra italiana al potere con i consensi ma senza egemonia, il libro di Carlo Galli

In questo agile e denso libretto – «La destra al potere – Rischi per la democrazia?» (Raffaello Cortina Editore)», Carlo Galli, studioso di scienze della politica, entra «sine ira ac studio», lui che è uomo di sinistra, nel merito della questione-Fratelli d’Italia: e, diciamolo subito, la democrazia non è sul punto di crollare. Ogni pagina di questo volume contiene una serie di spunti attuali inseriti nel contesto della storia della destra italiana e visti nella prospettiva della sua proposta politica. Il tema non è facile. Intanto, che destra è questa di Giorgia Meloni? È molte cose, «un mix post-liberaldemocratico di populismo, conservatorismo, neoliberismo» cioè «un liberismo nazionalistico blindato da posture molto assertive, forse tendenzialmente autoritarie, e fra moderatismo ed estremismo verbale» sicché «siamo davanti a una sconnessione sistematica, una doppiezza destinata a rimanere tale».

Se è così allora però perché il successo di Meloni? Soprattutto perché «abilmente, nella sua elementare Weltanshauung, questa destra offre normalità e sicurezza» di fronte al “nichilismo”, al nulla post-illuministico e alla utopistica negatività della sinistra. E dunque – scrive Galli – «agli italiani FdI assicura che vanno bene come sono, che devono essere orgogliosi di sé stessi», il nemico è là fuori, oltre la Nazione degli Italiani. Questa è il lato “gattopardesco” del melonismo – in sostanza questa destra non cambia molto le cose – ma ammantato di un orgoglio che mescola nazionalismo e fantasy all’ombra di uno spirito di rivalsa esplicitamente vittimista e minoritario. È dunque una destra nuova che ha molto di antico, diremmo, ma «combattere FdI come fosse fascismo è un errore politico, significa esporsi al rischio di non capire e di non vedere la sostanza della destra al potere» che è sì per una democrazia «quanto meno post-liberale» ma che definire “fascista” porterebbe fuori strada.

Il che non toglie che alcuni ingredienti del fascismo, e del neofascismo, non abbiamo lasciato tracce nel partito della presidente del Consiglio, dall’anticomunismo (che racchiude tutta l’avversione per il Sessantotto, le teorie gender, la cultura woke «come corruzione della tradizione») a un certo fastidio per il parlamentarismo, una evidente estraneità alla cultura dei diritti dei singoli. FdI raccoglie nella sua pesca a strascico nel mare del malessere elementi populisti e antipolitici, gli stessi che avevano gonfiato le vele di Grillo, Salvini e anche Renzi e questo sinora ha funzionato, anche grazie a una martellante offensiva mediatica e alla perdurante stasi “ideologica” della sinistra. Tuttavia – questa è l’impressione che abbiamo ricavato dalla lettura di Galli – la proposta politica in positivo di Giorgia Meloni è ancora sfuggente: «Un “conservatorismo riformista”, spregiudicato a livello istituzionale, oscillante fra il corporativismo e il conformismo liberista in economia, pugnace a livello valoriale, entusiasta nella retorica», è una destra che ha consensi ma non egemonia intesa come capacità di «farsi carico di un’idea di società, oltre le mode e le parole d’ordine». Ma di certo – conclude Carlo Galli – i “Fratelli” «sono entrati per restare, e anche se non sono di eccelsa levatura sono conservatori tutt’altro che passatisti e sono anzi adeguati ai tempi calamitosi della post-(liberal)democrazia e della violenza globalmente circolante». Ovviamente vale sempre il motto “nulla sta scritto”. Vedremo presto come andrà a finire.

Mario Lavia

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