Lettere Ignorare i diritti dei detenuti significa non rispettare lo stato di diritto. Superbonus

Nei paesi nei quali gli uomini non si sentono al sicuro in carcere, non si sentono sicuri neppure in libertà” (Stanislaw Jerzy Lec).

09 ago 2024, lettere Direttore ilfoglio.it lettura3’

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “Nei paesi nei quali gli uomini non si sentono al sicuro in carcere, non si sentono sicuri neppure in libertà” (Stanislaw Jerzy Lec).

Michele Magno

Quello che un pezzo di politica e un pezzo di opinione pubblica non capiscono è che le carceri non sono solo il luogo della detenzione, ma sono il luogo in cui, drammaticamente, si vanno a incrociare alcuni valori non negoziabili della nostra democrazia. E nel rapporto che ciascun cittadino ha con la parola “carcere” c’è il confine della nostra idea di libertà, il confine della nostra idea di diritto, il confine della nostra idea di garantismo, il confine della nostra idea di rieducazione, il confine della nostra capacità di volere giustizia senza volerci fare giustizia. Chiudere gli occhi sul dramma delle carceri significa questo. Non avere rispetto per i diritti dei detenuti significa non aver rispetto per lo stato di diritto di un paese. Perfetto Stanislaw Jerzy Lec.

Al direttore - Stimato direttore, stando al suo articolo “La fantastica estate del Terzo polo…” (8 agosto) – non quello in campo politico che, per ella, come sottolinea spesso, è un tentativo vano – negli ultimi tempi ci sarebbero segnali inequivocabili di formazione di un terzo settore o terzo polo nei settori televisivo, editoriale e finanziario-bancario del nostro paese. Non entro nei particolari degli esempi che al riguardo ella porta a sostegno del suo ragionamento – convergenza tra La7, canale 8 Sky, Nove Discovery per un terzo polo televisivo; la competizione tra Mondadori e Feltrinelli per il controllo diretto dell’editrice Adelphi e un terzo settore editoriale; le operazioni competitive tra Unicredit e Unipol per l’acquisizione di Mps e il sorgere del terzo polo bancario nazionale – bensì mi soffermo intorno alla chiusa del suo pezzo: “Viva l’estate del terzo polo, ma quello vero”, intendendo ella per vero quanto ho poc’anzi richiamato del suo articolo. Schema di ragionamento assai curioso, che mi lascia alquanto perplesso, ma che ha come conclusione il seguente divisivo e rigido assetto: bipolarismo nella città della politica, tripolarismo nella città civile ed economica. Io credo, invece, che l’intreccio di interessi e di idee tra politica e società civile sia molto forte e – aggiungo – esplicativo al punto tale da spingermi a porle un interrogativo: e se il terzo polo della città civile ed economica fosse il segno e l’impulso e la domanda oggettivi per un terzo polo anche nella città politica che non ha trovato fino a ora la propria offerta vincente? Tenendo conto anche che permane un ben 52 per cento di italiani insoddisfatti che non va a votare?

Alberto Bianchi

Al direttore - In merito all’articolo pubblicato sul giornale di ieri, 8 agosto, “Meloni ci ha tradito”, mi trovo purtroppo a dissentire sul tono e sul contenuto del titolo e sottotitolo che sono stati usati. Come si può evincere anche dalla mia dichiarazione riportata nel corpo dell’articolo, il concetto che ho espresso anche più volte in questi mesi, è che non abbiamo condiviso come sia stata gestita la fase finale di chiusura del Superbonus, che abbiamo trovato disordinata e con conseguenze dannose per cittadini e imprese che in maniera legittima e legale hanno usufruito della misura. Il mio quindi non era un giudizio sull’operato complessivo del governo ma su un aspetto specifico della gestione delle fasi finali del Superbonus sulla quale abbiamo a lungo discusso provando anche a ragionare su possibili soluzioni alternative. Non mi ritrovo neanche nel concetto di “tradimento” in quanto come associazione che lavora per la tutela di un settore economico non riteniamo che un governo possa tradirci o meno, quanto piuttosto agire più o meno bene nell’interesse del paese, ma una domanda in tal senso peraltro non mi è stata neanche posta. Anche in questo caso comunque il tono che ho usato è ben diverso. Siamo sicuramente preoccupati per l’assenza al momento di progetti e politiche di ampio respiro che riguardino la politica industriale di settore, degli incentivi energetici, della rigenerazione urbana, così come il ritardo nei pagamenti alle imprese e quindi ci aspettiamo dal governo, con il quale abbiamo un dialogo intenso e collaborativo, di ricevere al più presto risposte su questi temi per noi chiave. Se vogliamo sintetizzare giornalisticamente potremmo quindi dirci preoccupati, ma fiduciosi che i prossimi provvedimenti saranno orientati alla crescita e allo sviluppo sociale ed economico non solo del nostro settore ma di tutto il paese. Questa è la nostra posizione fedele, la ringrazio molto e sempre con viva stima per lei e per il giornale che dirige.

Federica Brancaccio, presidente Ance

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