- I problemi della sanità non sono solo una questione di soldi. -FUGA DA VIA ARENULA. Nordio perde i pezzi: il capo di gabinetto fa gli scatoloni

- LA LEZIONE SPAGNOLA Attrarre, non litigare. Cosa manca al governo quando parla di auto. Via matra aprire alla concorrenza

26.1.2024 M. Crippa, E Antonucci, S Cingolani

- I problemi della sanità non sono solo una questione di soldi

MAURIZIO CRIPPA 26 GEN 2024

    

Servono nuovi modelli: ricerca, telemedicina, contratti. La flessibilità che manca e la medicina digitale

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Le scintille tra Meloni e Schlein alla Camera

Dell’intervento di Elly Schlein al question time, per le cronache “il duello” con Giorgia Meloni, è passato un solo messaggio: per la Sanità si spende poco, le criticità, oltre le liste d’attesa, sono nel personale mancante, dunque il governo deve spendere e abolire il tetto di spesa sul personale. Giusta la lista dei problemi, meno la loro lettura. Si potrebbe ricordare che il “tetto alle assunzioni” per cui Schlein accusa il governo Berlusconi del 2009 era già stato introdotto da Prodi nel 2007, e confermato poi da Monti e Renzi: un problema strutturale e non politico. In secondo luogo, l’accusa di pesanti tagli non è esatta. Da mesi si ripete che regnante il ministro Speranza la spesa sanitaria era aumentata, riferendola in rapporto al pil. Ma quell’incremento formale era dovuto a due fattori: le spese straordinarie per il Covid e il crollo del pil a causa dei lockdown, che facevano brillare di riflesso il dato percentuale. In realtà la spesa prevista da Meloni è in linea con i passati governi. Ma non va trascurato un punto chiave, come ha scritto qualche tempo fa il professor Vittorio Mapelli, specialista di Economia sanitaria, su Lavoce.info: “La spesa sanitaria in Italia è inferiore a quella di altri paesi perché più basso è il nostro pil”.

-FUGA DA VIA ARENULA. Nordio perde i pezzi: il capo di gabinetto fa gli scatoloni

ERMES ANTONUCCI 26 GEN 2024

    

Alberto Rizzo ha deciso di lasciare l'incarico di capo di gabinetto del ministro della Giustizia, stremato dalle continue tensioni interne, in particolare con la sua vice Giusi Bartolozzi

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Le tensioni (pronte a esplodere) al ministero della Giustizia

Da alcuni giorni il ministro della Giustizia Carlo Nordio si ritrova senza capo di gabinetto. Il titolare di una delle poltrone più importanti del ministero di Via Arenula, Alberto Rizzo, ha infatti deciso di lasciare il suo incarico, seppur non ancora formalmente, stremato dalle continue tensioni interne, in particolare con la sua vice Giusi Bartolozzi. Lo rivelano al Foglio diverse fonti ministeriali. Rizzo, in maniera anche piuttosto appariscente, si è spinto persino a preparare gli scatoloni con tutte le sue cose. Il messaggio è chiaro: l’ex presidente del tribunale di Vicenza, chiamato al ministero da Nordio nell’ottobre del 2022, toglie il disturbo. A questa espressione di volontà corrisponde una sostanziale interruzione della propria attività. A firmare tutti gli atti dell’ufficio di gabinetto è ormai la vice Bartolozzi….

- LA LEZIONE SPAGNOLA Attrarre, non litigare. Cosa manca al governo quando parla di auto

STEFANO CINGOLANI 26 GEN 2024

    

La via maestra è aprire alla concorrenza, gli interessi nazionali non si fanno sbarrando i confini. Analisti e consulenti non escludono la possibilità che un gruppo tedesco venga a produrre in Italia, ma occorre giocarsi bene le proprie carte: mettere in campo incentivi e intervenire sui problemi del fisco e della burocrazia

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“Su Stellantis Meloni ha capito, il Pd non ci arriva”. Parla Calenda

L’Italia è davvero disposta a ospitare un secondo gruppo automobilistico, superando il monopolio Fiat passato a Stellantis? Ci sono candidati che non siano cinesi? E a quali condizioni verrebbero a produrre nel paese dove crescono i limoni, ma avvizziscono le grandi imprese? Sono queste le domande da porsi invece del consunto ping pong di accuse, recriminazioni, pregiudizi ideologici. Il duello con Carlos Tavares che copre lo scontro a tutto campo, politico, sociale, culturale tra Giorgia Meloni e John Elkann, non fa compiere un passo avanti. La strada non è costringere Stellantis a produrre in Italia e non in Marocco, in Serbia, in Polonia, scelta inutile e sbagliata. La memoria purtroppo dura lo spazio d’un mattino, eppure basta andare a Termini Imerese, a due passi da Palermo, per toccare con mano lo scheletro di un impianto sbagliato (bisognava importare dal continente tutte le componenti da assemblare in Sicilia), nato per ragioni politico clientelari contro l’ostilità di Vittorio Valletta, tenuto in piedi con i denari dei contribuenti. Ancor oggi 600 e passa lavoratori riscuotono la cassa integrazione, dodici anni dopo la chiusura. Non è quella la via maestra, ma aprire alla concorrenza.

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