1-Le parole di Crosetto sulle toghe mandano in tilt il governo. Tra sospetti e frenate

2-PROPAGANDA. I megafoni di Pechino sono sui social, e sono pure italiani

28,11,2023 S. Canettieri, G. Pompili ilfoglio.it lettura2’

1-Le parole di Crosetto sulle toghe mandano in tilt il governo. Tra sospetti e frenate

SIMONE CANETTIERI 28 NOV 2023

    

Il ministro della Giustizia Nordio scompare dai radar e rinuncia alla conferenza stampa. Mantovano blocca i test attitudinali ai pm. Meloni finisce in mezzo. Quirinale all'oscuro del j'accuse del ministro della Difesa

“L’uomo in più” fu il debutto di Paolo Sorrentino. Il nemico in più, cioè la magistratura ordente, è invece il film di Guido Crosetto in onda da tre giorni. Un macigno gettato – via Corriere – nello stagno e che continua a saltellare nel dibattito pubblico. E arriverà in Antimafia già oggi per essere calendarizzato. “Per come conosco Guido, avrà parlato con cognizione di causa, qualcosa di nuovo ci sarà”, dice in Transatlantico Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia. E cioè un partito abbastanza frastornato da questo nuovo fronte – che è poi sempre lo stesso, immarcescibile da trent’anni – aperto in una maniera che sembra così estemporanea. Vari colonnelli: “Siamo al 30 per cento: perché?”. Anche i vertici di Via della Scrofa sembrano spaesati: “Percezione di un assalto dei pm? Onestamente no”.   Il ministro della Difesa intanto è a New York, alle Nazioni unite. In Cdm entrano le pagelle dei magistrati. Giorgia Meloni non parla del caso Crosetto.

2-PROPAGANDA. I megafoni di Pechino sono sui social, e sono pure italiani

GIULIA POMPILI 28 NOV 2023

    

C’è anche una “influencer” italiana tra quelli usati da Pechino come arma di manipolazione. E il dipartimento di propaganda cinese usa le sue università, e gli studenti stranieri, come vivaio. Un report dell'Aspi

Due anni fa l’americano Bart Baker, che si era fatto un nome online rifacendo in chiave ironica i video di canzoni famose, molla all’improvviso i suoi dieci milioni di follower su YouTube e si trasferisce sulle piattaforme streaming cinesi come Bilibili e Douyin. Con il trasloco cambiano pure i suoi contenuti: nel suo archivio ci sono centinaia di filmati montati dove manifesta un esagerato e sopra le righe amore per la Repubblica popolare, perfino distruggendo il suo iPhone e passando a uno smartphone del colosso cinese Huawei. Nel giro di pochi mesi, Baker raccoglie 20 milioni di follower sulle piattaforme cinesi. Per contenuti e modalità somiglia tantissimo agli altri circa 120 influencer e creatori di contenuti online che fanno parte di “un gruppo crescente di influencer stranieri con milioni di fan, che sostengono le narrazioni pro Partito comunista cinese in Cina e sulle piattaforme social globali”, si legge nell’ultimo studio pubblicato dall’Australian Strategic Policy Institute (Aspi) “Cantare lo spartito del Pcc”. Siamo abituati a considerare gli influencer un mezzo per il consumismo, il mercato, le cause sociali. Ma in paesi autoritari come la Repubblica popolare cinese, dove il Partito comunista regola ogni aspetto della produzione culturale, gli influencer possono diventare utili megafoni della propaganda e della visione del mondo favorevole a Pechino. C’è anche un’italiana tra i casi oggetto dello studio dell’Aspi. Si chiama Rachele Longhi, ed “è una delle influencer straniere più popolari nelle campagne social-media oggetto di questo report”….

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