Il colpo d’occhio. Il vecchio girotondo del nuovo Pd a Roma, e il ritorno di Rosy Bindi
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Il Partito democratico ha riempito Piazza del Popolo, ma rimangono gli stessi dubbi di sempre: qual è la sua strategia nel lungo periodo?
13.11.2023 Mario Lavia linkiesta lettura3’
In attesa di capirlo, passerà all’ostruzionismo sulla riforma del premierato su suggerimento dell’ex deputata ulivista
La manifestazione del Pd è stata la manifestazione del colpo d’occhio. Elogiato da Giuseppe Conte, ha dato morale al Nazareno. Questo cercavano, questo hanno trovato. Nella politica pop il colpo d’occhio vuol dire tanto, se non proprio tutto, il primato dell’immagine fa premio sul resto. Sui famosi contenuti, le leggendarie proposte. Bene così dunque per Elly Schlein, ha giocato e ha vinto e adesso è più forte. Perché il colpo d’occhio però non si tramuti in un trompe-l’oeil, in un inganno, serve la ciccia, altrimenti detta politica, quella cosa che, se è azzeccata, fa cambiare i rapporti forza. Da oggi il problema del Partito democratico è lo stesso di sempre, e che la piazza di sabato ha per qualche ora messo tra parentesi: quale tattica? Quale strategia? Fermiamoci un attimo sulla tattica, cioè sulla linea politica del breve-medio periodo per mettere in difficoltà il governo Meloni.
A quanto pare, nel Pd si sta affermando la linea di Rosy Bindi. Che cosa c’entra Rosy Bindi? Parrà un po’ stravagante ma c’entra eccome. L’ex ministra ex democristiana, popolare e ulivista ha suggerito di formare i Comitati per il No alla riforma per il premierato proposta dal governo, alla stregua – lo ha ricordato Marco Damilano – dei comitati per la difesa della Costituzione ideati nel 1994 da don Giuseppe Dossetti, maestro politico di Bindi, dinanzi alla nascita del berlusconismo.
Scomparsa per un po’ di tempo, Bindi ritorna soprattutto su La7, che ha un piglio informativo spesso e volentieri proto-ulivista e molto di sinistra, un cliché politico che effettivamente non è rappresentato altrove, men che meno dalla Rai meloniana. Quest’area si nutre dell’antagonismo di opposizione secondo un classico schema difensivo e subalterno, condensato nella parola d’ordine del No che punta a mobilitare pezzi più di élite che di popolo – i famosi ceti medi riflessivi di Paul Ginsborg – nel nome della Resistenza al fascismo comunque mascherato e sotto l’aura di una innocenza se non di superiorità morale dei “Resistenti”.
È una visione abbastanza disperata che considera sempre il momento presente come la vigilia di una catastrofe antropologica, una sorta di pasoliniana percezione della storia come scandalo contro il quale agitare il drappo del Bene sottoforma di radicalismo e intransigenza. E più terra terra si tratta di una linea subalterna all’avversario, di puro gioco d’interdizione e di catenaccio politico che alla fine non fa mai vincere soprattutto perché rinuncia ad avanzare una proposta alternativa, che è la premessa del fare politica e acquisire consenso.
Questo dossettismo bindiano va a saldarsi con il populismo di sinistra venato di massimalismo neovendoliano che anima il “nuovo Pd” di Schlein che infatti sul premierato potrebbe assumere la tattica parlamentare dell’ostruzionismo, qualunque cosa voglia dire, o meglio predisporsi alle barricate più o meno su tutto, una tattica che non si differenzierebbe in nulla dalla demagogia di Giuseppe Conte. Elly Schlein non è culturalmente indifferente a questa fisionomia di una nuova sinistra un po’ grillina (non è un caso che il vecchio Beppe sia tornato ieri sera in tv) mediata con il massimalismo di un Maurizio Landini.
E in effetti, lungo questa china, il Pd bindiano di Schlein potrebbe a un certo punto inventarsi una sorta di mescolanza politica e persino organizzativa con quel che resta del Movimento 5 stelle, che come partito non esiste ma ha quasi gli stessi voti del Pd: una prospettiva che renderebbe certo più forte la formazione di una sinistra populista: ma sarebbe una sinistra più sudamericana che europea. A quel punto, se le cose andranno davvero così, il colpo d’occhio di piazza del Popolo sarà stato solo un grande girotondo. Che naturalmente rafforzerà la destra per anni.