LETTERE Si scrive “Palestina dal fiume al mare”, si legge “genocidio”
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Solo gli storici possono (forse) divertirsi a ricostruire i Rigoletti come li voleva Verdi o le Salome come le voleva Strauss
27 OTT 2023 Lettere Direttore ilfoglio.it lettura3’
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - L’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha registrato, dal 24 febbraio 2022 al 10 settembre 2023, 9.614 morti e 17.535 feriti tra i civili ucraini; ma, secondo il suo rapporto, si tratta di numeri largamente sottostimati. Ha inoltre reso noto che, dall’inizio dell’invasione al 13 agosto 2023, sono oltre cinque milioni gli ucraini che hanno ricevuto protezione temporanea (prevalentemente in Europa). Un massacro e un esodo biblico che in Italia non hanno mai visto uno straccio di protesta o di condanna da parte degli studenti e degli intellettuali oggi mucho indignados con Israele. Sic transit gloria mundi.
Michele Magno
Colpisce che molti devoti delle Nazioni Unite non abbiano avuto nulla da dire negli ultimi giorni su un piccolo dettaglio, che deve essere sfuggito anche all’incredibile Guterres. Sostenere che sia necessario “liberare la Palestina dal fiume al mare”, come è stato scritto tre giorni fa sui muri della George Washington University, non è un innocente appello alla libertà del popolo palestinese. L’area che va dal fiume al mare si riferisce all’intera area compresa tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. In quell’area vi sono i territori conquistati da Israele nel 1967 durante la Guerra dei sei giorni ma anche l’intero Israele. E chiamare tutta quell’area “Palestina”, come ha notato ieri National Review, non è un appello a porre fine all’occupazione, a creare una soluzione a due stati, o addirittura a riportare Israele ai confini che esistevano prima del 1967. E’ un appello per l’eliminazione di Israele nella sua totalità. E quando si dice di voler eliminare Israele, dove vive circa la metà della popolazione ebraica mondiale, si sta semplicemente sostenendo il genocidio. Ricordarselo prima della prossima proiezione e prima del prossimo tweet.
"Al direttore - Commentando le recenti “Nozze” in scena alla Scala con la storica regia di Strehler, Alberto Mattioli scrive sul Foglio che “se la Scala crede davvero che Mozart, nel 2023, si faccia così allora abbiamo un problema”. Certo che non esistono le “Nozze di Figaro” “giuste” o “corrette”, men che mai “come le voleva Mozart”. Solo gli storici possono (forse) divertirsi a ricostruire i Rigoletti come li voleva Verdi o le Salome come le voleva Strauss: per noi, nove volte su dieci le regie di un Michieletto (tanto per fare un esempio) consentono di scoprire accordi nascosti e attualità insospettate. L’estate scorsa ero stato come tutti gli anni a Salisburgo: tra una “Greek Passion” interessante e un “Les Troyens” mirabile, c’erano le “Nozze” con la regia di Martin Kušej: penso che, se Mattioli l’avesse visto, non avrebbe dubbi a rovesciare la frase: è il Festival di Salisburgo che ha un problema, se crede davvero che le “Nozze” si facciano così. Che cosa ci fa capire in più di Mozart (e di noi) trasportare l’azione da Siviglia alla Sicilia, fare del Conte un boss mafioso e munire i personaggi di pistole e kalashnikov? Il nudo integrale di una prostituta, o il fondo schiena (molto profondo) di una controfigura della Contessa seduta sul bordo della vasca da bagno, neppure più ci scandalizzano. Non osiamo supporre che siano volute da Kušej per fare le “Nozze” “come le (avrebbe volute) Mozart”. Quel che è certo è che non risulta facilitata la “ricerca della felicità” che Massimo Mila, nel suo libro del 1997, suggerisce come chiave di lettura dell’opera. Per me, confronto impietoso erano le “Nozze” che avevo visto a marzo alla Wiener Staatsoper, regia di Barrie Kosky, e Hanna-Elisabeth Müller stupenda Contessa. Per tutti gli amici che le hanno viste, le “Nozze” di Kušej erano semplicemente “brutte”, una delle cose peggiori in assoluto viste a Salisburgo. Con Strehler già dal “cinque, dieci” è un suggestivo tornare a casa. Certo l’abbiamo già visto tante volte: ma anche il Mozart delle “Nozze”, fra teatro, radio, dischi, quante volte l’abbiamo sentito? Certo la Scala deve osare qualcosa di nuovo: ma non c’è altro modo che mostrarci la riproduzione de “l’origine du monde” della sala da bagno del boss?
Franco Debenedetti