NO, NON SARA' UNA CRISI DI GOVERNO MA C'E' UNA CRISI POLITICA IN MAGGIORANZA - MELONI COME RENZI:

IN PIENA SINDROME DA ACCERCHIAMENTO, SCAVA TRINCEE INTORNO A PALAZZO CHIGI E MOSTRA I CANINI A FORZA ITALIA: DISPETTI

25.10.1023 Dagoreport, dagospia.com lettura6’

SGAMBETTI E GOMITATE COME VENDETTA PER I FUORIONDA DI "STRISCIA" SU GIAMBRUNO (MA IN FRIGO CE NE SAREBBERO ALTRI CHE COINVOLGEREBBERO LA SUA PERSONA) – LA NOMINA DI AMATO (SU INPUT DI GIANNI LETTA), LO STOP AL DECRETO ENERGIA DEL FORZISTA PICHETTO, E ORA LA GIUSTIZIA: STOP AL PIANO DI FORZA ITALIA SULLA PRESCRIZIONE E IL GARANTISTA NORDIO HA DOVUTO INGOIARE IL ROSPO GIUSTIZIALISTA – VENERDI' ARRIVA AL PETTINE IL NODO MES - IL VAFFA ALLA "MAGGIORANZA URSULA'' CON IL NO DELLA DUCETTA AI SOCIALISTI, ALLEATI DI FORZA ITALIA (CHE E' DENTRO AL PPE) - LE MOSSE FUTURE DI LICIA RONZULLI E I BERLUSCONI CHE CHIEDONO A TAJANI DI FINIRLA DI ESSERE LO ZERBINO DI "IO SO' GIORGIA E CE L'HO DURO"...

DAGOREPORT

A Palazzo Chigi sono impegnati a scavare una trincea. Una sorta di barriera difensiva con la quale proteggersi dall’assalto degli infiniti nemici che il circolo tragico della Ducetta (lei, Arianna, Fazzolari, più il buon Mantovano, che prova a calmarli ma poi si accoda ai loro diktat) vede ad ogni angolo.

È un film che abbiamo già visto: accadde la medesima cosa quando alla Presidenza del Consiglio c’era Matteo Renzi. Nella fase decadente della sua parabola politica, Matteonzo si trincerò nel suo Giglio Tragico di toscanelli, da Lotti a Boschi, passando per Bonifazi e la vigilessa Antonella Manzione. Un “noi contro loro” che finì malissimo per il senatore semplice di Riad, e che può creare problemi tragici anche a Giorgia Meloni.

Il grido di battaglia delle truppe della Sora Giorgia, che si vedono circondate da odiatori e sabotatori, è: “A brigante, brigante e mezzo”. Della serie: risponderemo colpo su colpo.

Una tigna battagliera che rispecchia perfettamente la sindrome di accerchiamento che, prima o poi, colpisce autocrati, dittatorelli o semplici maneggioni del potere, per i quali ogni critica prelude a un complotto e ogni dubbio rappresenta un’ostilità.

Ma, in Italia, Meloni non può permettersi un regime autocrate alla Orban o alla Erdogan. Quella che si profila, dopo i fuorionda del “provolone affumicato” Andrea Giambruno, e il conseguente conflitto tra Fratelli d’Italia e Forza Italia, che si aggiunge allo scontro quotidiano con l'altro alleato Salvini, non è una crisi di governo, ma una crisi politica, con dispetti, gomitate, calcioni scambiati sotto al tavolo della maggioranza in barba a una concordia pubbliva di facciata.

Sulla nomina, ad esempio, di Giuliano Amato al vertice del comitato sull’intelligenza artificiale, il sottosegretario all’editoria Alberto Barachini, di Forza Italia, ha scelto il “Dottor Sottile” bypassando gli alleati di Fdi, con conseguente giramento di cojoni della Meloni, che non ha nascosto la sua irritazione.

Barachini ha assecondato il consiglio del suo mentore, Gianni Letta: Amato, che aveva già rassegnato le dimissioni dal comitato sull'Autonomia differenziata, aveva già preparato una letterina di dimissioni, ma l’intervento dell’Eminenza Azzurrina ha evitato il passo indietro.

A far litigare Forza Italia e Fratelli d’Italia c’è poi il tema della giustizia. Le tensioni accumulate da Giorgia Meloni verso il partito dei Berlusconi hanno portato a un colpo di mano sulla prescrizione: pur di mandare un segnale di autorità al partito alleato (“qui comando io”) è stato accantonato il testo, fortemente garantista, preparato dal viceministro azzurro Francesco Paolo Sisto, in accordo con il Guardasigilli, Carlo Nordio.

Si vocifera di un intervento d’imperio del sottosegretario Alfredo Mantovano, per bloccare il progetto del sottosegretario Sisto targato Forza Italia, di un serratissimo botta e risposta tra il ministro Nordio e il responsabile giustizia di Fdi, Delmastro.

Sarebbero poi volate parole grosse tra capi di gabinetto e capi segreteria, fino a quando il garantista Nordio, vaso di coccio tra vasi di ferro, ha dovuto ingoiare il rospo giustizialista e accettare il passo indietro su un testo, che lui stesso aveva condiviso con Sisto. Un dietrofront subìto sull’altare della faida politica tra Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Quali saranno, nelle prossime settimane, i possibili terreni di scontro tra il partito della premier e quello dei Berlusconi?

La prima grande incomprensione si consumerà sul fatidico Mes: venerdì Giorgia Meloni sarà a Bruxelles per il Consiglio europeo e molti si chiedono cosa dirà ai suoi omologhi rispetto alla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità che l’Italia, unico Paese in Europa, non ha ancora approvato. È possibile che la Ducetta proverà a traccheggiare, rimandando la decisione a fine novembre, quando è previsto il voto definitivo in Parlamento.

Ma, come segnalano oggi le cronache brussellesi dei quotidiani, l’intenzione dei leader Ue è quella di mettere alle strette il Governo italiano, imponendo all’ordine del giorno una discussione proprio sul Fondo Salva Stati e sulla riforma del Patto di Stabilità. Da segnalare anche il “pizzino” inviato questa mattina dal Presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe: “Attendiamo che l’Italia ratifichi il Mes”.

A Bruxelles non comprendono la riottosità dell’Italia sulla ratifica, considerando che il nostro Paese è il primo percettore di fondi del Pnrr, indispensabili per la tenuta del Paese, che sono una manna per il claudicante Pil italiano.

La questione Mes, inoltre, mette in imbarazzo davanti agli alleati europei Tajani e Forza Italia, che hanno sempre avuto posizioni vicine agli Euro-poteri e non sanno più come giustificare il protrarsi dell’ostilità di Meloni e Salvini. A Bruxelles sono preoccupati perché, senza l’ok di Roma, salta il paracadute finanziario da 68 miliardi, fondamentale per le banche dell’Eurozona.

Il secondo nodo politico che potrebbe creare un solco tra Giorgia Meloni e Forza Italia è quello legato alle alleanze in Europa. In un’intervista al “Giornale”, la premier ha ribadito che non intende allearsi con i Socialisti e Democratici, marcando una distanza proprio da Fi, che invece, da membro del Ppe, è già alleato con i Socialisti nel sostenere la maggioranza di Ursula Von Der Leyen.

Con questa presa di posizione, la Sora Giorgia si mette in scia di Salvini, nell’assecondare un’onda populista ed euro-scettica che rischia di infrangersi sullo scoglio del voto.

Inseguire le destre e gli euro-puzzoni alla Orban è una scelta improvvida. Durante una crisi globale, come quella a cui stiamo assistendo, tra guerra in Ucraina e carneficina in Medioriente, se da leader di un Paese G7 non puoi contare di più nello scacchiere globale, è fondamentale almeno non diventare irrilevante. Scegliere di entrare in conflitto con il tradizionale asse Ppe-Liberali-Socialisti a Bruxelles, quindi, rischia di spingere Giorgia Meloni ai margini dell’Europa che conta.

Evidentemente, la Thatcher della Garbatella pensa di avere il coltello dalla parte del manico, ma deve fare i conti con tutte quelle variabili che non riesce più a controllare.

E non parliamo solo di altri presunti fuorionda nella cassaforte di “Striscia la Notizia” che, si dice, coinvolgano direttamente la sua persona. A destabilizzarla potrebbe essere infatti la faida interna a Forza Italia.

I Berlusconi vogliono che il partito, fondato dal padre e di cui sono azionisti di maggioranza (hanno 100 milioni di crediti da riscuotere), conti di più nelle scelte di fondo del governo. Pier Silvio e Marina si aspettano un Tajani più cazzuto, meno zerbino della Meloni.

E poi c’è la scheggia impazzita Licia Ronzulli. Finora è rimasta in ombra, accettando un ruolo da comprimaria, e non rompe troppo i meloni. Ma “Kiss me Licia” ne sa una più del diavolo ed è in attesa del Congresso del partito, previsto a febbraio: ha tenuto a briglia corta i suoi dioscuri Cattaneo e Mulè, perché spera di ottenere un’ampia rappresentanza negli organi di Forza Italia. Se le sue aspettative dovessero essere frustrate, potrebbe iniziare una guerriglia interna al partito.

Ps./1: Molti si chiedono: ma con Silvio Berlusconi ancora in vita, “Striscia” avrebbe diffuso i fuorionda di Andrea Giambruno? Probabilmente no, perché il Cav., “educato” all’andreottismo da Gianni Letta, avrebbe parlato di quei video alla Meloni seduto intorno a un tavolo...

Pier Silvio, che non conosce il rito romano del potere, mostra la sua formazione brianzola: oggi è lui il padrone in azienda, e impone strategie politico-industriali completamente rinnovate.

SLITTA AVVIO ESAME PRESCRIZIONE IN AULA

(ANSA) - Slitta l'avvio dell'esame dell'Aula della Camera della riforma sulla prescrizione, previsto per venerdì 27 ottobre. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo. La nuova data sarà stabilita in base ai tempi dei lavori in Commissione.

GIUSTIZIA, SCHIAFFO A FORZA ITALIA SULLA PRESCRIZIONE

Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti per “La Stampa”

[…] Sulla prescrizione regge l’alleanza FdI-Lega e resta isolata Forza Italia nella persona del viceministro Francesco Paolo Sisto. Se non interverranno improbabili novità da parte del ministero della Giustizia, sarà vincente l’ipotesi FdI-Lega che è farina del sottosegretario Andrea Delmastro e di Giulia Bongiorno.

[…] la riforma supera la formulazione della Cartabia (che lasciava tutto il tempo possibile al primo grado, e poi metteva dei tempi draconiani al secondo e al terzo grado di giudizio, pena la morte del procedimento) per tornare a una prescrizione sostanziale, ricalcando con poche modifiche quella che era una riforma scritta da Andrea Orlando nel 2017 e mai applicata. Nel testo depositato si prevede una sospensione nei conteggi di 18 mesi dopo il primo grado e di 12 mesi dopo l’appello.

[…] Eppure il viceministro Sisto fino all’ultimo ha frenato e ancora ieri mattina diceva: «Tra Forza Italia e Fratelli d’Italia c’è una dialettica, ma alla fine la quadra la troviamo sempre». […]

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