Due piedi in una scarpa. L’incredibile capacità di Conte di sopravvivere politicamente nonostante l’assenza di idee
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Il leader dei Cinquestelle approfitta delle carenze del governo e del Pd e mantiene la sua percentuale di voti sopra il quindici per cento.
Mario Lavia 22.9.202 Mario Lavia, linkiesta.it lettura2’
Intanto Calenda spinge sul tripartito di opposizione per escludere Italia Viva
Di destra sull’immigrazione, e populista di sinistra sulle politiche sociali. Bisogna riconoscere a Giuseppe Conte una mostruosa capacità di tenere i piedi in una scarpa mantenendo così quella percentuale di voti, ben sopra il quindici per cento, ormai a soli tre punti dal Partito democratico, secondo gli ultimi sondaggi. Il che gli consente di sopravvivere a una conclamata crisi di contenuti.
Conte regge approfittando della contemporanea insufficienza del governo e del Partito democratico e per lui il momento è propizio: avrà un significato se ieri Beppe Grillo è andato a Roma, come ai bei tempi. Sgusciando tra i contenuti, l’avvocato è la vera spina nel fianco del Partito democratico perché finché lui è così “alto” il Nazareno non decollerà mai. E la cosa bella è che nessuno sa bene come prenderlo, i vari tentativi di arruolarlo nel campo del centrosinistra sono ripetutamente naufragati perché quello non si fa ingabbiare in uno schieramento, preferendo di gran lunga tenersi le mani libere come un Ghino di Tacco di quartiere, né gli attacchi frontali lo hanno mai scalfito: anche se a questo proposito c’è da dire che è rimasto ormai solo Matteo Renzi a prenderlo di petto. Troppo poco.
Elly Schlein appartiene alla schiera di chi ritiene, o riteneva, che alla fine questo Movimento 5 stelle post-grillino si sarebbe reso disponibile a una federazione di fatto con il Partito democratico nel nome di un’alleanza a favore della parte più debole del Paese tramite redditi, sussidi e quant’altro, cioè che il populismo contiamo si sarebbe in qualche modo amalgamato con la ritrovata identità di sinistra del Partito democratico. Una pia illusione che si è arenata prima sulla questione della guerra – e scusate se è poco – e poi nella realtà concreta della cose, fatta salva la questione del salario minimo, soprattutto nelle ultime ore quando è emersa la distanza tra i due partiti sull’immigrazione, con Conte che ha accusato Schlein di voler «far entrare tutti», guarda caso lo stesso anatema rivolto al Partito democratico dalla destra.
Poi c’è la nuova tattica di Carlo Calenda che notoriamente considera Conte il male assoluto della politica (gli epiteti sono solitamente ben peggiori, tutti scovabili nelle innumerevoli esternazioni calendiane di questi anni) e però con il medesimo Conte vorrebbe scrivere le leggi insieme. Ieri sul salario minimo, oggi sul cancellierato: come se il leader di Azione si fosse autoassegnato il compito di cementare l’intesa tra Partito democratico, Cinquestelle e Azione, almeno a livello di iniziativa legislativa.