La transizione del lavoro. I giovani dicono addio a petrolio e gas e scelgono il green

I comparti legati ai combustibili fossili faticano a trovare personale. Anche gli iscritti ai corsi di laurea si riducono. Mentre solo in Italia gli occupati “verdi” sono oltre 3 milioni

Micol Maccario 3.2.2023 linkiesta.it lettura4’

Tratto da Morning Future

La crisi climatica sta trasformando anche il mercato del lavoro. La spinta per la transizione ecologica sta generando il «trasloco» del lavoro dai settori legati ai combustibili fossili a quelli connessi alle fonti di energia rinnovabile. L’industria del petrolio e del carbone, soprattutto tra le giovani generazioni, ha un problema di immagine che rende sempre più difficile il reclutamento di nuovo personale. Mentre sul fronte della sostenibilità ambientale si aprono grandi opportunità per i green job.

Lavori sempre più green

Sono 3,1 milioni gli occupati che nel 2021 hanno svolto un green job in Italia, cioè quasi il 14% dell’occupazione totale. Dalla tredicesima edizione del rapporto GreenItaly 2022, redatto da fondazione Symbola con Unioncamere, emerge che la scelta di una professione che contribuisca allo sviluppo economico senza penalizzare l’ambiente è sempre più comune. Nel 2021, infatti, «le attivazioni green previste sono state pari al 38,3% in più rispetto all’anno precedente».

L’occupazione green è maggiormente diffusa al nord-ovest (32,9%), seguono il nord-est (23,9%), il mezzogiorno (22,2%) e il centro (21%). In particolare, guida la classifica la Lombardia con 367mila nuovi contratti green job e la chiude la Sicilia. Ma, nonostante ci sia qualche lieve differenza, la crescita delle nuove attivazioni green è distribuita sostanzialmente in modo uniforme nelle varie aree dell’Italia.

Nel rapporto, si sottolinea che «i green job si configurano come un driver strategico per la crescita e lo sviluppo delle imprese moderne». Nonostante ciò, ci sono alcuni settori – prevalentemente quelli relativi alla direzione, ai servizi generali, produzione di beni, amministrazione, vendita e assistenza clienti – in cui «prevale la domanda di altre figure professionali rispetto ai green job». I lavori green inoltre sono più stabili rispetto agli altri. Il 24% del totale dei contratti previsti in entrata è, infatti, a tempo indeterminato, rispetto al 13% delle professioni non green.

Fuga dai settori fossili

Mentre i lavori green crescono, i giovani si allontanano sempre più dai settori del gas e del petrolio.

Secondo la ricerca ”Millennials at work Reshaping the workplace”, condotta dall’azienda Pwc, più della metà dei Millennial afferma che non vorrebbe lavorare in un settore che trasmette un’immagine negativa. In cima alla lista, si trovano quelli del petrolio e del gas, definiti come i «meno attraenti». È sempre più visibile la tendenza secondo cui i giovani sono alla ricerca di aziende che si adattino ai loro valori, a costo di cambiare lavoro.

Qualcosa sta cambiando già dalla scelta del percorso universitario. Bloomberg sottolinea come sono sempre meno gli studenti che si iscrivono ai corsi di ingegneria petrolifera. Nel 2022 il numero di nuovi laureati in queste facoltà è arrivato a circa 400 negli Stati Uniti. Il dato, rispetto al 2017, è più basso dell’83%, anno in cui i laureati erano più di 2.300. Pare essersi interrotta una tendenza. L’Università di Calgary in Canada e l’Imperial College London hanno entrambi messo in pausa i corsi di ingegneria petrolifera e del gas l’anno scorso. Dal 2006 al 2020, il numero di laureati nelle business school che hanno intrapreso una carriera nel settore petrolifero e del gas è diminuito del 40%.

Storicamente queste facoltà avevano un boom di iscrizioni in corrispondenza della crescita di domanda di petrolio. Ma ora il legame diretto sembra essersi rotto. A fronte di questo nuovo andamento, le università stanno cercando di adattarsi. Ad esempio, l’università di ingegneria petrolifera del Texas ha introdotto la possibilità di far seguire ai propri studenti delle lezioni orientate alla tutela dell’ambiente.

Sempre più attrattiva hanno invece i settori dell’energia solare ed eolica. La generazione della lotta al cambiamento climatico, degli scioperi globali per il clima, delle campagne contro le multinazionali e dei blocchi del traffico urbano non intende rendersi complice dello sfruttamento del Pianeta.

Un sondaggio di Ernst & Young rivolto a persone di tutte le età ha evidenziato come «l’atteggiamento delle giovani generazioni nei confronti del petrolio e del gas, soprattutto dal punto di vista della carriera, rappresenta un ostacolo significativo». I giovani ritengono che gas e petrolio siano i combustibili della generazione dei genitori e definiscono le carriere in questi ambiti «pericolose e dannose per la società».

Per queste aziende, potrebbe esserci un nuovo problema all’orizzonte. Ad oggi, sono circa 400 le agenzie pubblicitarie e di pubbliche relazioni che hanno deciso di voltare le spalle ai clienti dei combustibili fossili, firmando un impegno del gruppo Clean Creatives.

Da un lato le aziende petrolifere devono affrontare sempre più cause legate al clima, dall’altro gli avvocati potrebbero non essere più convinti nel difenderle.

Questa svolta green però non avverrà se non ci saranno dei miglioramenti anche nel campo delle energie rinnovabili. Secondo il rapporto “Renewable Energy and Jobs: Annual Review 2022”, pubblicato dall’International Renewable Energy Agency in collaborazione con l’International Labour Organization, quasi due terzi dei nuovi occupati nel settore green si trova in Asia.

La Cina, da sola, rappresenta il 42% dei posti di lavoro nelle rinnovabili a livello mondiale. L’Europa ha invece un ruolo rilevante nella produzione eolica. Per garantire uno sviluppo però è necessario seguire il flusso guidato dai valori delle giovani generazioni, intervenendo sulla distribuzione geografica dei posti di lavoro, rendendola omogenea e, quindi, accessibile da chiunque.

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