La storia della sinistra: il moralismo al posto della politica

Il solo che non si è fatto mangiare in testa resta Renzi. 2-IL CASO Letta nel pantano del campo largo: Di Maio si lamenta, Calenda medita lo strappo

GIULIANO FERRARA 06 AGO 2022 ilfoglio.it lett4’

1- Estratto Il solo che non si è fatto mangiare in testa resta Renzi. Tra campi stretti e larghi di Enrico Letta e il carattere irritabile di Calenda, per alcuni non resterà che votare contro la destra, consapevoli di star perdendo, ma sperando che possa essere un'occasione

Farsi mangiare la pappa in testa. Quelli già si dislocano verso il presidenzialismo, impadronitisi di una vecchia e buona bandiera di trasformazione della forma di stato, unica alternativa all’instabilità del pur pregevole trasformismo; quelli già si muovono come vincitori in effigie, e l’immagine conta parecchio come sappiamo, e lei, la superducia, aspetta di partire per un tour europeo, il suo consigliere politico copre superbamente il campo del dialogo da vincitori a vinti, gli staff producono documenti programmatici su tasse ed economia reale, lo spennacchiato Salvini discute di immigrazione e sicurezza e ministri, Berlusconi assapora con mite dentiera d’acciaio la vendetta; e sì, insomma, quelli si sentono e dispongono già oltre il traguardo; ma nel campo troppo largo di Letta, Calenda e Fratoianni ci si strappano i capelli e volano schiaffi in nome della dannata coerenza di principio (Cerasa docet) e del mito autourticante dell’unità generale contro il nemico, si celebrano religioni totemizzanti, col rigassificatore contro le basi Nato e il verdeggiante No Triv, e il cozzo delle identità induce a dar ragione perfino a Maurizio Gasparri: sono scene da fumetto.

2-IL CASO Letta nel pantano del campo largo: Di Maio si lamenta, Calenda medita lo strappo

REDAZIONE 05 AGO 2022 ilfoglio.it

Il segretario del Pd incontra il leader di Azione e in serata il ministro degli Esteri e Tabacci. Domani tocca a Bonelli e Fratoianni. Siamo al tutti contro tutti

Enrico Letta vuole tenere la coalizione più litigiosa del mondo unita. E senza dare alibi, dice, a Carlo Calenda: “Se rompe se ne assume la responsabilità. Nel nostro patto c’è la possibilità di siglare accordi con altre forze”. Allo stesso tempo il leader di Azione è convinto che un cartello elettorale con Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni non sia sostenibile. La Nato, il rigassificatore, l’Agenda Draghi: “Non c’è spazio per voi”, twitta Calenda. I Verdi e Sinistra italiana, intanto, rispondono al capo di Azione: “Non va trattato come un bambino capriccioso, va educato”, lo spiega Bonelli a La7, mentre al suo fianco Fratoianni ride e annuisce. I Verdi sono per il sì all’alleanza con il Pd. Sinistra italiana deciderà oggi – parola ai 3 mila iscritti – durante l’assemblea nazionale. Ci sarà un voto virtuale. Finora la direzione del partito ha già dato il via libera all’alleanza: il 65 per cento è per andare avanti. Intanto Luigi Di Maio si butta nella mischia. Il ministro degli Esteri è rimasto impigliato nell’accordo fra Letta e Calenda: nessun uninominale, ma solo il diritto di tribuna nelle liste del Pd. Un posto per lui e un altro per Bruno Tabacci. Scenario esiziale per il neo partito Impegno civico. Che però Letta vorrebbe unire alla Lista civica nazionale di Piercamillo Falasca e Federico Pizzarotti: “Non ci stiamo”. L’ex sindaco di Parma intanto è in contatto con Matteo Renzi. Cartoline dal centrosinistra.

Il segretario del Pd si trova in mezzo a questo caos. Nel pomeriggio incontra all’Arel, il suo quartier generale, Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova. Quasi due ore di riunione. Complicato mettere tutti insieme. Nel corpaccione del Pd, dove la sconfitta è data abbastanza per verosimile, l’allarme è concreto. Dario Franceschini prova a placare gli animi delle due ali della coalizione: “Fermatevi!”. Ma di tutta risposta ecco Calenda di nuovo: “Il terzismo del volemose bene non funziona”. Seguono i punti del patto firmato con il Pd: Nato, rigassificatori, equilibrio di bilancio, reddito ci cittadinanza da rivedere. “E invece ogni due minuti c’è una dichiarazione contro tutto questo”. Azione è un partito composto da diverse anime. L’ala destra, quella che va dalle ministre ex Forza Italia Maristella Gelmini e Mara Carfagna fino alla Buona destra di Filippo Rossi, spinge per una condizione da dettare al Pd: se ci volete, dovete far saltare l’intesa con Verdi e Sinistra italiana. O noi o loro. I radicali frenano. Matteo Renzi e la sua corsa solitaria intimoriscono lo stato maggiore di Azione. Potrebbero essere voti, e tanti, in uscita verso Italia viva. Soprattutto se Letta, come si è prefisso, terrà tutti insieme. “Noi continuiamo a lavorare per una coalizione più larga e plurale. Vogliamo confermare l’accordo con Azione e Più Europa”, è la linea del Pd. Ma che fatica. E quanta cocciutaggine per il novello federatore ritornato a Roma dopo sette anni di autoesilio a Parigi. Il centrodestra osserva la situazione e sembra mangiare popcorn. Addirittura anche il M5s maramaldeggia: “Il campo largo? E’ tutti contro tutti”, è la linea del partito di Giuseppe Conte, i cui pasticci interni sulle regole delle candidature in confronto sembrano bagattelle. Anche Matteo Renzi osserva lo stagno del centrosinistra: “Se Calenda fa dietrofront siamo disponibili a costruire il terzo polo”. Letta nel pantano guarda l’orologio: “Il tempo fugge dobbiamo chiudere gli accordi”. La sensazione dalle parti del Pd è che tutto possa accadere.

Anche l’ala sinistra dei dem, quella di Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano, osserva queste convulsioni con una certa rassegnazione: “Carlo lo conosciamo bene”. Il leader di Azione è combattuto. Dopo l’incontro con Letta, come se fosse un fioretto, evita di rispondere e attaccare alla coppia Bonelli & Fratoianni. E si concentra su Silvio Berlusconi e Forza Italia a cui cerca di contendere l’elettorato moderato. Ma l’alleanza con la sinistra-sinistra rimane un dolore intercostale per Calenda, che vorrebbe un “segnale forte e programmatico” da Letta. Il quale però non si arrende: insegue il miracolo, la pacificazione interna di queste tribù libiche. Ci fosse uno di questi protagonisti soddisfatto. Tutti reclamano, puntano il dito contro il vicino. Ecco Di Maio, da qualche giorno in difficoltà abbastanza evidente: “Calenda fa il paladino dell’antigrillismo, ma è il più estremista di tutti”, dice il ministro degli Esteri al segretario dem, incontrato in serata all’Arel.

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