Piromani o pompieri Ascesa e trionfo del bipopulismo italiano (2019-2022)

La sindrome Fonzie del Pd, il partito incapace ancora adesso di ammettere che su Conte ha sbagliato tutto

Francesco Cundari 22.7.2022 linkiesta.it lett1’

Tutti i retroscena ieri erano concordi nel raccontare l’estremo tentativo compiuto da Enrico Letta, Dario Franceschini e Roberto Speranza, nella pausa tra dibattito e replica, per convincere Giuseppe Conte a votare la fiducia al governo Draghi. Non certo per salvare l’esecutivo, ormai spacciato, ma per salvare l’alleanza con il Movimento 5 stelle.

È una fortuna che non ce l’abbiano fatta, ma è sconcertante che ci abbiano provato. Un simile tentativo si può capire, al limite, da parte di Speranza e del suo partito, sin dall’inizio assai più vicino a Conte che a Draghi. È incredibile e imperdonabile da parte di chi, come Letta, sia prima che dopo ostentava una posizione diametralmente opposta, a sostegno di Mario Draghi, salvo tentare così di rimescolare le carte, vanificando tutto il solenne discorso del presidente del Consiglio e il suo tentativo di chiarire una buona volta posizioni e responsabilità.

Un simile tentativo sconcerta per l’effetto che avrebbe avuto nell’immediato, intorbidando le acque e alimentando un gioco delle parti semplicemente grottesco, ma sconcerta ancor più per il suo obiettivo ultimo.

Come si può pensare di denunciare l’irresponsabilità di Lega e Forza Italia nel far cadere il governo Draghi e al tempo stesso presentarsi alle elezioni con chi quella crisi l’ha aperta? Sarebbe come se tre anni fa il Pd avesse denunciato la minaccia autoritaria rappresentata da Matteo Salvini nello stesso momento in cui incoronava come proprio leader e punto di riferimento l’uomo che fino al giorno prima aveva controfirmato tutti i suoi provvedimenti.

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