Bitonci,lo sceriffo andrà in parlamento
- Dettagli
- Categoria: Italia
Ma vuole diventare nel 2020 governatore della Regione Veneto
di Carlo Valentini Twitter: @cavalent www.italiaoggi.it
Difficile da digerire per i forzisti, che in consiglio comunale a Padova si erano talmente stufati di lui, il, sindaco dai modi spicci (soprannominato lo sceriffo) Massimo Bitonci, da votargli contro e farlo cadere. Adesso se lo ritrovano loro alleato, in posizione blindata nella lista del Carroccio.
O meglio: autoblindato (poiché le liste le ha compilate lui) al primo posto nel collegio proporzionale Padova e provincia della Camera.
È dovuto arrivare Renato Brunetta a calmare gli animi all'interno del suo partito e assicurare che «il centrodestra è unito e vincerà». Il voto è vicino. Guai a lasciare spazio alle intemperanze, anche perché se i forzisti alzassero la voce ci sarebbero ritorsioni. Dice il capogruppo leghista alla Regione Veneto, Nicola Finco : «Mi sorprende la scelta di Fi di candidare Niccolò Ghedini nel collegio di Bassano». Quindi Brunetta è arrivato in tutta fretta a tappare la falla prima che si allargasse.
Ma qualche crepa si avverte anche sul fronte leghista. Tre consiglieri comunali eletti a giugno nella lista Bitonci Sindaco lo hanno abbandonato, costituendo il gruppo Libero Arbitrio: «Restiamo nel centrodestra, restiamo all'opposizione e continuiamo a credere che Massimo Bitonci fosse il miglior candidato sindaco che il centrodestra potesse esprimere. Ma riteniamo che, pure in vista delle prossime elezioni politiche, serva un'opposizione più concreta e meno ideologica, più razionale e meno partigiana». Inoltre l'ex senatore leghista Stefano Stefani annuncia: «Io questa Lega non la voto. Oggi comanda Bitonci e io non accetto il padronismo».
Bitonci, 53 anni, padovano, nel 2002 divenne sindaco di Cittadella (20 mila abitanti in provincia di Padova) capeggiando una lista civica e sconfiggendo il candidato della Lega. Il Carroccio invece lo appoggiò per il secondo mandato. Lui si iscrisse nel 2005 e scalò tutti i gradini del movimento fino ad entrare in parlamento, dal 2008 al 2014, quando si dimise dopo l'elezione a sindaco di Padova. È stato spesso al centro della cronaca per la sua tolleranza zero che ha creato polemiche. Ora è segretario della Liga Veneta e quindi uno degli uomini di punta del Carroccio nonostante la sonora sconfitta alle comunali dello scorso giugno.
Lui si ripresentava per essere riconfermato sindaco di Padova, dopo la parentesi del commissario, invece al ballottaggio è stato sconfitto dal candidato del centrosinistra, Sergio Giordani, che col 51,8% ha indossato la fascia tricolore ma soprattutto ha aperto un'enclave piddina nella regione a forte impronta leghista e dove il Pd è riuscito perfino a perdere, per la prima volta dal dopoguerra, il Comune di Venezia.
Nonostante lo schiaffo, Bitonci ha continuato la sua lunga marcia che sta per concludersi, per la seconda volta, in parlamento. È già in piena campagna elettorale: «Vado a incontrare la gente, nei mercati, fuori dai centri commerciali. Non faccio incontri con le categorie o cose di questo genere. Preferisco andare dove la gente si ritrova abitualmente e spiegargli innanzi tutto che mi impegnerò per l'autonomia del Veneto, per ottenere le giuste risorse che mancano alla regione».
Bitonci è stato il regista della formazione delle liste nel Veneto e Luca Zaia l'ha presa male quando si è accorto che nessuno del suo entourage è stato inserito tra i probabili eletti. Non ne fa mistero il sindaco di Arcade, Domenico Presti, nel cerchio magico zaiano: «Hanno eliminato gli uomini di Zaia». Aggiunge Marzio Favero, sindaco di Montebelluna: «Non c'è rispetto per la base, la grande forza del Carroccio che non ha mai avuto nulla e che fa tutto a proprie spese».
Una situazione che rosicchia l'ascendente del governatore del Veneto: Zaia non ha più la sponda di Roberto Maroni, temporaneamente sull'Aventino, si ritrova il nemico Flavio Tosi (ex sindaco leghista di Verona) candidato in pole nella coalizione del centrodestra e adesso l'ingombrante Bitonci in parlamento con un gruppetto di fedelissimi.
Ce n'è abbastanza per prevedere, all'indomani del voto, qualche non lieve sommovimento nella lega veneta. Non ne fa mistero Renato Miatello, sindaco di San Giorgio in Bosco: «Ora siamo mobilitati per la campagna elettorale. Poi ci sarà la resa dei conti sui metodi adottati nella scelta dei candidati». Inoltre il quotidiano locale Il Gazzettino, di solito asettico, ha riportato la dichiarazione di un dirigente padovano: «Di campagne elettorali ne ho viste e fatte tante, ma una così perfida mai. Bisogna stare molto attenti, perché quando il clima si incattivisce, viene a mancare l'entusiasmo nella base, che per noi è tutto».
Non a caso Matteo Salvini ha ostentatamente evitato di interessarsi delle liste venete. Nella rissa che scoppierà tra Bitonci e Zaia lui potrà fare da paciere e quindi ridimensionare le ambizioni di entrambi e i loro furor sacri. Soprattutto di qui al 2020, quando i veneti dovranno andare alle urne per le regionali e probabilmente si troveranno sulla scheda Bitonci quale successore di Zaia.
Ma i bollenti spiriti di Bitonci faticano a compattare il centrodestra, che non a caso gli è scoppiato in mano quando era sindaco. Da primo cittadino emanò un'ordinanza che imponeva agli stranieri l'obbligo di dimostrare di disporre di un reddito minimo per poter richiedere l'iscrizione anagrafica alle liste dei residenti. Sempre a proposito di residenza si vanta di non avere concesso la cittadinanza (quando era sindaco di Cittadella) all'ex prete Dino Cinel, originario di Rossano Veneto, ucciso all'inizio di febbraio in Colombia con una pugnalata dal suo compagno 18enne. Qualche anno fa egli era rientrato in Italia e aveva chiesto la residenza ma Bitonci era riuscito a non concederla.
Ricorda: «Sì gli negai la residenza perché era stato accusato di pedofilia in America. Ho subìto un processo per questo motivo: lui mi aveva chiesto un milione di euro di risarcimento danni, ma io sono stato assolto perché un avvocato americano ha confermato i gravissimi abusi contro i minori. Lo rifarei altre mille volte, per difendere i miei cittadini. Di certo il suo, purtroppo, non era un caso isolato. Quel filone americano legato alla pedofilia nel mondo ecclesiastico venne volutamente insabbiato. Papa Francesco per fortuna ha chiesto scusa per certi episodi capitati in passato».
Recentemente se l'è presa con Philippe Daverio, che in un talk di La7 ha sostenuto: «I negri di ieri erano veneti, la cameriera veneta che veniva a Milano ». Bitonci ribatte: «È un personaggio da avanspettacolo, un pagliaccio che offende i veneti, e che nessuno ha avuto il coraggio di riprendere in diretta! Buffoni».
Adesso lo attende il parlamento, lo sceriffo siederà alla Camera e chissà che ne sarà degli appelli di Silvio Berlusconi alla moderazione