Pietro Grasso, la sua lista accusata di copiare nome e simbolo
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Sembra facile scegliere un nome. Invece è non solo difficile, ma persino pericoloso.
di Elisa Calessi 30 Novembre 2017 da www.liberoquotidiano.it
Sembra facile scegliere un nome. Invece è non solo difficile, ma persino pericoloso. Ne sanno qualcosa i costruttori della lista di sinistra, quella che dovrà unire Mdp, Possibile e Sinistra Italiana, sotto la guida di Piero Grasso. Domenica all’Atlantico Live dell’Eur, a Roma, vedrà la luce il nuovo nato. Ma sul nome ancora non ci sono certezze. Le discussioni fervono, ieri c’è stata l’ennesima riunione. Ma ancora niente.
L’ipotesi più quotata, al momento, è di chiamarsi Liberi e Uguali. Per dare l’idea di una formazione che guardi all’uguaglianza, nel solco della storia sinistra, ma anche alla libertà, ai diritti individuali. Ma appena l’idea ha cominciato a girare, ecco il primo inciampo. Si dà il caso, infatti, che qualcuno ci avesse già pensato: Libertà Eguale, associazione della sinistra liberal, evoluzione degli ex miglioristi del Pci, proprio quest’anno compie 18 anni. E caso vuole si riunisca proprio sabato e domenica a Orvieto per l’annuale assemblea. Tanto che Stefano Ceccanti, costituzionalista e vicepresidente dell’associazione (il presidente è Enrico Morando e nel direttivo ci sono Claudio Petruccioli e il senatore Giorgio Tonini), ha minacciato conseguenze, se gli ex compagni useranno quel nome. «Liberi e uguali esistono già». E a Bersani&co: «Li vorrei gentilmente avvisare che l’associazione Libertà Uguale compie 18 anni domani, si riunisce sabato, in contemporanea a loro, a Orvieto e, tra le tante differenze, non aspetterebbe mai le scelte di un magistrato per guidarla. Ovviamente se si tentasse di impadronirsi del nome ci sarebbero conseguenze...».
Peraltro la quasi omonimia è, per i liberal che si riuniranno a Orvieto, anche una sorta di affronto politico: la loro “sinistra”, riformista e di governo, infatti, è quanto di più lontano da quella di Bersani, Fratoianni e Civati. Se questi tifano per Jeremy Corbyn e Bernie Sanders, gli altri guardano a Tony Blair e a Bill Clinton. Due sinistre agli antipodi.
«Non abbiamo ancora deciso niente», diceva ieri Pippo Civati. Lo stesso ripetevano quelli di Sinistra Italiana, mostrando sul telefonino due loghi-pop con falce e martello. «Siamo indecisi tra questi due». Per Elisa Simoni, Mdp, ci sono solo due certezze: La prima: «Non ci sarà la parola sinistra. Non siamo così grulli da rinchiuderci nel ghetto dove vogliono rinchiuderci loro». La seconda: «Ci sarà il nome di Piero Grasso». L’idea è di mettere solo il cognome, sotto la sigla. Sarà lui, infatti, il leader della Cosa rossa. O rosa. Perché anche sul colore ci sono discussioni. Il presidente del Senato, infatti, avrebbe chiesto che non ci sia troppo rosso.
Altro problema è il logo. Serve qualcosa che permetta al nuovo soggetto di farsi accettare nella famiglia del Pse, magari - si dice - prendendo il posto del Pd, se Matteo Renzi dovesse mettersi sulle orme di Emanuel Macron e abbandonare i socialisti. Da qui l’idea di inserire la rosa, come il Labour. Ma a quel punto potrebbero avere qualcosa da ridire i Radicali, titolari del simbolo della Rosa nel pugno, utilizzato in passate elezioni.
Del resto i simboli stanno creando problemi non solo a sinistra. Un altro contenzioso rischia di aprirsi al centro. Pier Ferdinando Casini, infatti, vuole chiamare la lista che dovrebbe allearsi con il Pd «I Moderati». Peccato che proprietario di quel marchio dal 2006 è Giacomo Portas, eletto deputato nelle liste del Pd, ma leader, appunto, de I Moderati, una formazione che in Piemonte fa risultati a due cifre. A Torino, per esempio, ha ottenuto alle ultime Amministrative il 10%. Un bottino di cui il Pd, se vuole vincere i collegi, avrà bisogno. Peraltro la titolarità del nome è stata confermata da una sentenza del 2009, dopo che il movimento di Portas fece ricorso contro una lista che aveva utilizzato il nome Moderati. Se Casini vuole usare quel nome dovrà trovare un accordo con lui.