Gli immigrati non vogliono pizze

Bloccata l'alluvione, ora bisogna gestire gli arrivati

 di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it da www.italiaoggi.it

Il «vertice» convocato da Virginia Raggi via sms col ministro dell'interno Marco Minniti sulla questione «levare i migranti e i senza tetto dalle strade» ha avuto luogo, nonostante la sua totale ignoranza delle regole del bon ton istituzionale. Merito del senso di responsabilità del ministro dell'interno che tanta strada ha già fatto compiere alla soluzione del problema «arrivi» illegali.

La soluzione trovata consiste in un monitoraggio delle esigenze e delle disponibilità abitative esistenti in Italia.

A quest'ultimo proposito, la diversamente-consapevole Raggi (dimentica dei tanti edifici militari consegnati da anni al Comune di Roma) se n'è uscita con l'affermazione che si utilizzeranno le caserme e gli alloggi di servizio per sistemare profughi, immigrati e senza tetto.

Certo, una soluzione presente sul terreno, salvo il fatto che, per rendere dignitosamente abitabili (e, prima, disponibili) questi immobili saranno necessari costosi lavori di adeguamento per i quali dovranno essere seguite le complesse e farraginose procedure del codice degli appalti, quelle che, per proprie deficienze concettuali e lessicali, tanto contenzioso stanno creando.

A meno che non si intendano stipare i disgraziati nelle camerate delle caserme, senza qualsiasi adeguamento. Quell'adeguamento che la sindaca Raggi ritiene sia a portata di mano.

Dobbiamo ringraziare, di nuovo, Minniti per il metodo e il contenuto della soluzione: un tavolo di coordinamento con l'Anci (l'associazione dei Comuni italiani, un bel centro di potere senza la trasparenza che nei comuni non si può evitare), con le regioni e con l'associazionismo specializzato. A questo tavolo, saranno portate tutte le emergenze abitative e gli elenchi delle costruzioni demaniali disponibili.

Non è un lavoro complesso: è come vuotare il mare col cucchiaino. Un'espressione, questa, che avevamo usato a proposito degli intendimenti del ministro dell'interno a proposito dei flussi migratori.

E, dobbiamo ammetterlo, in quel caso e sinora, l'operazione è riuscita, talché utilizzando i nuovi rapporti con il contesto libico e il decalogo dell'Ong e Onlus (a proposito avete visto come di fronte a semplici regole di trasparenza e all'interessamento di qualche procura, i mitici soccorritori, capaci di affittare a costi proibitivi anche navi d'altomare, a spese dei loro generosissimi contributori, si siano squagliati?), il turpe traffico di esseri umani s'è azzerato o quasi. Oggi è nei limiti di un'ampia tollerabilità.

Ci si può quindi occupare del problema dello «stock», le centinaia di migliaia di illegali entrati in Italia nell'era Alfano, oggi dispersi e nelle mani della criminalità, sia essa composta dai caporali, dalle varie mafie, dai traffici illeciti o, infine, dalle organizzazioni che prosperano sfruttando l'accattonaggio (fenomeno quest'ultimo consistente in un vero e proprio racket: spartizione delle zone, dislocazione dei questuanti, gestione centralizzata delle elemosine). Avete provato a offrire del pane, una fetta di pizza o un cornetto a uno dei poveri disgraziati che vi tende la mano fuori da un supermercato o, addirittura, da una macelleria? Rifiuterà, rispondendo con una sola parola di due sillabe: «soldi».

È lo «stock» l'angosciante problema dell'oggi e dei prossimi mesi. Da come lo affronteremo e dalle soluzioni che riusciremo a mettere in campo dipende il nostro futuro. Nel senso di una relativa pace sociale o di una guerra, anche terroristica, analoga a quelle scatenatasi in altre nazioni europee.

Per il momento e finché Minniti rimarrà all'interno possiamo confidare sul suo lavoro serio e intelligente.Dopo, chissà.

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