Macché populisti: Le Pen e Salvini sono estremisti dell’identità

Tradizioni minacciate (persino dalle palme). Nemici contro cui battersi (migranti e islamici). E paure della "gente" abilmente alimentate. Così la laica Marine e l'anti-Bergoglio Matteo riscrivono la destra europea.

ANNALISA TERRANOVA, LETTERA43, 6.3.2017

IN DIFESA PURE DEL CAFFÈ. È un aspetto in genere poco sottolineato rispetto ad altri (l’avversione ai migranti, all’islam, ai burocrati di Bruxelles), ma che viene declinato spesso anche in termini di salvaguardia delle tradizioni, anche della tradizione del caffè italiano come nel caso di Starbucks. Nel recente studio Verso l’estremo. Estensione del dominio della destra (Mimesis) i sociologi Luic Boltanski e Arnaud Esquerre affermano che il tema dell’identità è addirittura in grado di unire nuove destre e destra classica e persino di porre le basi per un’alleanza con la sinistra.

RETORICA DELL'ESCLUSIONE. Non vi è dubbio che l’identità sia il pilastro fondante delle destre europee, perché su di esso poggiano sia il concetto di “popolo” sia le paure gestite abilmente dai leader e sfocianti in una retorica dell’esclusione. Portabandiera di questo valore dell’identità è sicuramente Marine Le Pen, che a dispetto di presunte evoluzioni del suo movimento ricalca argomenti mutuati dall’Action française, rivolgendo i suoi strali non più contro ebrei e massoni, ma contro gli islamici.

 Matteo Salvini @matteosalvinimi

#Palme e banani in piazza Duomo? Follia.

Mancano sabbia e cammelli, e i clandestini si sentiranno a casa. #motosega #starbucksgohome

20:49 - 15 Feb 2017

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E in Italia? Da noi Matteo Salvini con la sua nuova versione nazionale della Lega Nord ormai ex secessionista, traduce l’identità innanzitutto come istanza di conservazione. In questo senso è interessante il fatto che il leader leghista si sia fatto paladino del fronte anti-Bergoglio e portavoce di un cattolicesimo preconciliare. Un cattolicesimo che è anche e soprattutto fatto di simboli (si veda la difesa a oltranza del crocifisso nelle aule o dei presepi allestiti nelle scuole) e che è cemento comunitario di quell’identità che non dev’essere dispersa.

SALVINI SI INTROMETTE IN CURIA. Poco interessa ai leghisti il messaggio evangelico: per loro il cattolicesimo è soprattutto tradizione, meglio se locale o localistica. È questo un tratto che differenzia Salvini da Marine Le Pen, la quale ha dato un’impostazione molto più laica al suo Front national. In Italia Salvini ha buon gioco a inserirsi persino nelle dinamiche della Curia vaticana: non sorprende dunque che ai primi di febbraio il leader leghista abbia incontrato il cardinale americano Raymond Leo Burke, fautore della messa preconciliare.

PAPA BERGOGLIO NEL MIRINO. Il cardinal Burke è stato uno dei quattro firmatari della richiesta di chiarimenti dottrinali sul documento papale Amoris Laetitia, relativo alla famiglia. Un atto di quasi insubordinazione cui hanno preso parte altri tre cardinali - Walter Brandmuller, Carlo Caffarra, Joachim Meisner - formulando cinque Dubia (dubbi), che riguardano in particolare la comunione ai divorziati risposati. Burke, guarda caso, è molto vicino al Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Fra Matthew Festing, che si è dimesso dopo un dissidio con il papa.

Ci si ostina a classificare come populiste le nuove destre, affiancandole al M5s, senza tener conto del fatto che in esse è il tema dell’identità a essere il più rappresentativo, laddove tra i grillini è prevalente la retorica anti-Casta

Il tema dell’identità è ancora fortemente collegato a quello della paura, che è una fenomenale arma retorica in mano alle destre cosiddette populiste. Come afferma infatti il politologo Matthew Flinders, spesso la “politica della crisi” si basa sulla «costruzione di una diffusa percezione che esista un rischio. Si inventano nuovi nemici, le cui immagini vengono rapidamente ingigantite fino a farne altrettanti spauracchi sociali, fonti di paure che si propagano epidermicamente». Non c’è neanche bisogno di sottolineare che il linguaggio della post-verità sui social e in particolare la diffusione dello hate speech sono di grande aiuto a queste forme di propaganda.

NEBULOSO IL CONCETTO DI "POPOLO". Gli espedienti dialettici utilizzati da Salvini sono noti. E tuttavia ci si ostina a classificare come populiste le nuove destre, affiancandole al Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, senza tener conto del fatto che in esse è il tema dell’identità a essere il più rappresentativo, laddove tra i grillini è sicuramente prevalente la retorica anti-Casta. Siamo dinanzi dunque a un populismo identitario più ancora che sovranista e dove se sono chiarissime le tradizioni minacciate (la Lega si è opposta persino alle palme in piazza Duomo a Milano), se sono ben definiti i nemici contro i quali battersi (i comunisti cattivi di Silvio Berlusconi sono stati sostituiti da migranti e islamici), resta invece nebuloso proprio il concetto di “popolo”.

FORSE BISOGNA PARLARE DI "GENTISMO". Il concetto risulta talmente indefinito che David Allegranti, nel suo libro-inchiesta Matteo Le Pen. Che destra che fa (Fandango) propone di sostituire al termine populismo la parola “gentismo” per definire la scaltra gestione degli umori e delle ansie di popolazioni disorientate dai meccanismi impersonali e sovrabbondanti della globalizzazione. E in questo, attenzione, Salvini è davvero degno erede di Berlusconi, che costruiva le sue strategie politiche sulla base dei sondaggi.

Oggi siamo scesi un gradino più giù: si determinano obiettivi politici e parole d’ordine sulla base di like e emoticon vari diffusi a pioggia sulla Rete. Nel fare riferimento al popolo i cosiddetti populisti lavorano, come annotano ancora Boltanski e Esquerre, sul concetto di “scarto”: al popolo buono occorre sottrarre ciò che per la destra nazionalista è incompatibile con il popolo vero: arabi, giovani trasgressivi, intellettuali liberal e apolidi, migranti, professoroni arroccati nelle loro certezze, sinistra “buonista e malpensante”. Volentieri invece rivolgono la loro attenzione al proletariato abitante delle periferie e abbandonato dalla sinistra.

IDENTITÀ TERRITORIALIZZATA. Liberando tuttavia le nuove destre “populiste” o “gentiste” dalle incrostazioni retoriche dettate dalla contingenza ciò che rimane, inossidabile e intatto, è il nocciolo duro dell’identità, al di là di come essa viene coniugata e spiegata. Ciò vale, per il politologo Marco Tarchi, soprattutto in relazione alla Lega: «Il soggetto di riferimento di questa identità può variare, ma tutto sommato il problema fondamentale per la Lega è sempre stato quello di contrapporre forme di identità particolare, specifica, territorializzata in opposizione a un orizzonte universalistico idealistico come quello della società occidentale contemporanea».

Il linguaggio populista, o “gentista”, o identitario come sarebbe più corretto chiamarlo, è diventato egemone, e si contrappone a quello ritenuto elitario e sorpassato di chi si ostina a pensare alla comunità come “insieme di diritti”

Nel momento in cui le logiche della globalizzazione hanno creato vaste sacche di emarginazione e disagio queste istanze sono più profondamente sentite e agiscono a dispetto di ogni forma di demonizzazione. Il linguaggio populista, o “gentista”, o identitario come sarebbe più corretto chiamarlo, è diventato egemone, e si contrappone a quello ritenuto elitario e sorpassato di chi si ostina a pensare alla comunità come “insieme di diritti”.

"ABBASSARSI" AL LIVELLO DEGLI ALTRI. La via d’uscita allora non risiede nell’antagonismo tra il blocco populista e quello anti-populista, ma forse nel tentativo arduo di integrare le istanze identitarie con la “collettività dei diritti”, intendendo la democrazia non solo come volontà del popolo sovrano sopra ogni cosa ma anche, come insegnava Tocqueville, come capacità di “abbassarsi” al livello degli altri, sacrificare i propri egoismi e considerare la capacità di ascolto come una risorsa e non come una “deviazione”.

Categoria Italia

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