Gli scissionisti del Pd si ispirano ancora alla strategia di Gramsci
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Quel che ne rimane ora è la convinzione che a una minoranza «illuminata» spetti il compito di orientare il comportamento politico di un'area più vasta
di Sergio Soave ItaliaOggi 22.2.2017
Anche se sembrano prevalenti le motivazioni personali, vale la pena di cercare quali siano davvero le radici politiche e ideologiche degli scissionisti del Pd. Probabilmente il punto di partenza sta nella concezione dell'egemonia che rappresenta il lascito più tenace del pensiero di Antonio Gramsci. Ai suoi tempi si trattava di una correzione dei principi della dittatura del proletariato declinati in modo mostruosamente autoritari da Josif Stalin.
Quel che ne rimane ora è la convinzione che a una minoranza «illuminata» spetti il compito di orientare il comportamento politico di un'area più vasta. Si possono accettare compromessi, si può delegare la gestione del governo, ma non si può rinunciare all'autonomia di questo nucleo, altrimenti non si può più aspirare a guidare, seppure da posizioni minoritarie, il processo politico.
La fondazione stessa del Partito democratico, con lo slogan della vocazione maggioritaria, rappresentava una lesione di questo principio, ma la sconfitta di Veltroni e l'assunzione della guida del Pd da parte di Pier Luigi Bersani ricompose il quadro. Per questo, la vittoria di Matteo Renzi è stata considerata fin dall'inizio un incidente di percorso che doveva essere rapidamente superato e corretto.
Renzi ha tentato, con un certo successo, di esercitare una egemonia concorrenziale e questo ha messo in discussione l'autonomia del nucleo postcomunista, che, per evitare il consolidamento di un'egemonia alternativa, ha scelto di recuperare la propria autonomia. Il fatto che l'indebolimento del «contenitore» Pd rischi di favorire la conquista del governo da parte dei grillini (magari di un centrodestra miracolosamente riunificato) non preoccupa granché Massimo D'Alema e i suoi seguaci. Secondo la logica un po' perversa del tanto peggio tanto meglio un'eventualità di questo tipo servirà a dimostrare che l'egemonismo renziano sul centrosinistra è fallimentare e una fase di opposizione può favorire la ripresa di un ruolo della sinistra, come accadde con la lunga opposizione del Pci.
Si tratta di un disegno politico che trascura i mutamenti profondi intervenuti nella società, si fa riferimento a un mondo scomparso, in cui la politica si incarnava in partiti organici e super strutturati, figli di una divisione ideologica del mondo in campi contrapposti. Ora che quei parametri sono scomparsi e capovolti, col presidente dei comunisti cinesi che si presenta come campione del liberismo e quello americano del protezionismo, gli schemi egemonici appaiono datati e inefficaci. Questo copre al disegno dalemiano di una polvere nostalgica che ne provoca l'inattualità, la difficoltà a uscire da un ambito strutturalmente minoritario, limite accettato consapevolmente ma non per questo meno pesante.
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