Il cretinismo del M5s nasce dall’ideologia della non-ideologia. Come uscirne
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La vicenda Grillo-Alde, l’adesione annunciata e mancata degli anti euro italiani al gruppo più liberista ed europeista dimostra solo che i grillini sono sprovveduti politicamente
di Giovanni Maddalena 13 Gennaio 2017 alle 06:12 Foglio
Forse ha ragione Giuliano Ferrara a dire che le cose sono semplici: la vicenda Grillo-Alde, l’adesione annunciata e mancata degli anti euro italiani al gruppo più liberista ed europeista dimostra solo che i grillini sono sprovveduti politicamente. La vicenda mostra anche un elemento di pensiero che va al di là della sprovvedutezza o della consapevolezza.
Perché l’Alde? Se i “populisti” fossero quell’unica categoria che l’establishment vuole credere e far credere, avrebbero cercato di andare con Le Pen e Lega. Se fossero i cripto-sinistri che alle volte li si accusa di essere, alla fine “per ragioni tecniche” (Di Maio) avrebbero chiesto asilo ai Verdi, la sinistra alternativa. In effetti, sono state queste le decisioni degli unici due transfughi. Invece, come se fosse naturale, i Cinque stelle in prima battuta hanno chiesto asilo ai liberisti che annoverano fra loro Scelta civica e altri soggetti europei con valori liberal egalitari e strategia di mercato liberista. Che cosa li dovrebbe accomunare a costoro? Anche uno sprovveduto mantiene l’istinto, e le azioni incoscienti sono significative quanto quelle coscienti.
In realtà, una comunanza c’è. L’ideologia da cui il M5s nasce è quella che si può definire l’ideologia della non-ideologia o della fine delle ideologie.
L’assunto è che i partiti siano tutti uguali (vi ricordate Pdl e PdmenoL?) e dediti solo alla ricerca del potere e del denaro, mentre in fondo i problemi da risolvere sono solo “tecnici” e basterebbe essere onesti per far andare bene il paese. Da qui la vicenda della democrazia diretta, del movimentismo, dei vincoli di mandato. Tuttavia, queste sono già conseguenze. L’origine del discorso è che ormai non ci siano più questioni ideali ma solo problemi da risolvere con buon senso e onestà. La premessa di molti appartenenti all’Alde non è molto diversa. Il governo dei “tecnici” italiano era la versione professorale del medesimo assunto iniziale.
E’ una questione rilevante perché fa capire uno dei rischi del momento: buttare via il bambino dell’idealità della politica insieme all’acqua sporca dell’ideologia.
Come avvenuto nelle amministrative scorse – e scritto su queste colonne – se la si mette sul discorso che nella vita pubblica si tratta solo di problemi pratici e onestà e che i partiti non segnalano alcuna differenza ideale, allora i grillini hanno già vinto. Il preparatissimo Piero Fassino a Torino ha perso proprio perché ha portato il discorso solo sui problemi concreti appartenendo a un partito che, come tutti i partiti che governano, è pieno di problemi di onestà.
Invece, occorre riportare il discorso su questioni ideali di fondo, su intuizioni conservatrici e progressiste di base.
Non è detto infatti che ogni ideale – per esempio il valore della libertà d’intrapresa e delle radici culturali o quello della giustizia sociale e della solidarietà – finisca inevitabilmente in ideologia. L’ideologia è una trasformazione malsana dell’ideale: è esclusiva, settaria, violenta con la tradizione e la storia, chiusa all’interpretazione, dipendente dalla propaganda, devota al capo e al pensiero unico. Per questo anche l’ideologia della non ideologia o quella del cambiamento (“ormai le cose sono cambiate”) possono essere ideologie a tutti gli effetti. Tutto, persino la fede e l’amore, possono diventare ideologici. Che l’uomo sia un animale tendenzialmente ideologico è la grande intuizione dello scrittore russo Vasilij Grossman. Ma non è un buon motivo per rinunciare agli ideali, che sono invece il motore affettivo della storia umana e quindi della politica. Gli ideali rappresentano il fine che orienta le decisioni di oggi, sono aperti a interpretazioni diverse anche se non ai tradimenti, amano la realtà che c’è invece che quella futura che ci dovrebbe essere, sono antimoralisti per natura considerando ogni passo un’approssimazione inevitabile. Una visione del mondo è necessaria per vivere e, come diceva Chesterton, è forse la cosa più pratica che ci sia: “Ci sono persone che pensano che la cosa più importante e pratica di un uomo è ancora la sua visione del mondo”.
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