La Spagna è in ripresa perché ha fatto le riforme economiche

Fare le riforme e non semplicemente annunciarle nelle slide o portarle avanti a colpi di compromesso produce una notevole differenza nelle performance dell'economia

 di Edoardo Narduzzi ItaliaOggi 10.1.2017

Fare le riforme e non semplicemente annunciarle nelle slide o portarle avanti a colpi di compromesso produce una notevole differenza nelle performance dell'economia. I numeri di fine 2016 di Italia e Spagna lo provano bene. Mariano Rajoy ha riformato per davvero il mercato del lavoro spagnolo, tagliato gli stipendi al pubblico impiego per contenere la spesa corrente, varato una bad bank per ripulire i bilanci delle banche e modernizzato nella direzione del copago, cioè della compartecipazione alle spese, la sanità e ora può festeggiare quasi 400 mila nuovi posti di lavoro creati nel 2016 (anno nel quale Madrid è stata praticamente senza un governo in carica) e un calo record del tasso di disoccupazione che, se è vero che resta sempre alto a quota 21%, è altrettanto vero che in un anno è diminuito di ben 9,54 punti percentuali visto che era superiore al 30%.

Dal primo trimestre del 2014, quando nacque il governo Renzi, al terzo trimestre del 2016 incluso, la crescita cumulata dall'economia iberica è stata del 7,9%, mentre il pil italiano è salito di un modesto 1,8%. La politica economica dell'esecutivo Renzi ha prodotto una crescita media dello 0,16% a trimestre in quasi tre anni, mentre quella del governo Rajoy ha generato un +0,72% di nuovo pil medio per 11 trimestri consecutivi. Una crescita di 4,5 volte maggiore a favore di Madrid e a svantaggio di Roma.

Le riforme di Renzi, a differenza di quelle di Rajoy, sono state episodiche e da campagna elettorale permanente. Bonus a pioggia e interventi solo sui neo assunti per decontribuzioni a termine o per applicare il jobs act, mentre il mercato del lavoro italiano necessitava di un taglio strutturale del cuneo fiscale e di nuove regole per tutti e non solo per i neo assunti. Le risorse per tagliare il cuneo fiscale e rilanciare occupazione e investimenti in Italia ci sarebbero state ma l'ex premier Renzi ha preferito affidarsi al bonus degli 80 euro, al taglio delle imposte sulla prima casa e a tagli dei trasferimenti agli enti locali trasformatisi quasi sempre in maggiori addizionali o tributi non statali.

Il risultato è impietoso perché la politica economica di Renzi non è stata capace di rilanciare consumi e investimenti, come certifica la prima deflazione italiana dal 1959. La morale è molto semplice: in Spagna perfino un esecutivo morente come quello guidato da Zapatero è stato capace di abolire le camere di commercio con annesse gabelle annuali a carico delle imprese, mentre in Italia agli annunci di abrogazione fatti alla Leopolda non sono seguite, in tre anni di governo Renzi, riforme coerenti. Le camere di commercio sono ancora al loro posto, solo ridotte nel numero, e le gabelle annue sempre a carico delle imprese, perché Renzi ha saputo solo dare una sforbiciata non rottamare.

Categoria Italia

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