Come capire il destino del governo (e di Renzi e Gentiloni)
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Se volete interpretare il conflitto che questa legislatura porterà con sé nei prossimi mesi e intuire cosa sta accadendo, seguite questo schema: partito della lealtà contro partito della logica
di Claudio Cerasa 29 Dicembre 2016 alle 06: Foglio
Quando questa mattina il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni pronuncerà il suo discorso di fine anno nella nuova Aula dei gruppi parlamentari della Camera, sarà possibile, osservando con attenzione le reazioni alle sue parole, leggere dietro ciascuna dichiarazione un conflitto forse innocuo ma comunque cruciale che questa legislatura porterà con sé nei prossimi mesi: da un lato c’è la lealtà, dall’altro c’è la logica. La lealtà è un’espressione che si adatta bene al profilo di Gentiloni: nessuno come l’ex ministro degli Esteri sa che una delle ragioni che ha portato alla sua nomina alla guida del terzo governo di questa legislatura è proprio quella, la promessa (leale) di guidare il paese fino a quando ci sarà la fiducia, ovvero fino a quando il Partito democratico deciderà di votare i provvedimenti di questo esecutivo.
La lealtà di Gentiloni, fraternamente legato a Renzi, è fuori discussione, e anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sa bene che il governo che ha fatto nascere è destinato a non avere vita particolarmente lunga. Ma accanto al concetto di legalitas ci sarà un altro concetto che nelle prossime settimane andrà studiato con attenzione, per capire se questo governo sarà legato più alle dinamiche della lealtà o più a quelle della logica. La lealtà, si sa, è un concetto trasparente, è quasi binario, è come il bianco e il nero: c’è o non c’è. La logica, in politica, è invece qualcosa di più sottile, di sfuggente, che ti può avvolgere con lo stesso passo ipnotico – pss – del pitone del “Libro della giungla”: lo guardi negli occhi e non puoi fare altro che affidarti a quello sguardo pacifico, rilassante, letale. Lo sguardo ipnotico di fronte al quale si ritroverà, dopo la pausa invernale, il governo Gentiloni è quello che coincide – pss – con la durata della legislatura. E’ giusto essere leali, certo, ma si può prescindere da una logica che sembra fatta apposta per far durare questo governo più di quanto si creda?
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Lo schema di Renzi, al momento, è chiaro e lineare e prevede di aspettare la sentenza della Consulta sulla legge elettorale (24 gennaio) per poi andare a votare rapidamente, anche a costo di presentarsi di fronte agli elettori con una legge disegnata dai giudici e non dal Parlamento.
E’ uno schema che ha senso ma che dovrà confrontarsi con lo schema del pitone. Ovvero con l’ipnosi. Pss.
E così, a un certo punto della storia, sarà inevitabile chiedersi che senso ha far cadere un governo che ha una maggioranza forte e che per di più ha il sostegno esterno del maggior partito del centrodestra?
E così, a un certo punto, sarà inevitabile chiedersi se è “responsabile” o no far cadere un governo che potrebbe permettere al Pd di ritrovare una “sintonia” con gli elettori e di realizzare riforme “urgenti” per la salute del paese.
E così, a un certo punto, sarà inevitabile infine chiedersi se per Renzi sia “ragionevole” far esplodere il Pd mettendo a confronto il partito della logica (che vuole votare nel 2018) e il partito della lealtà (che vuole votare nel 2017).
Con una buona dose di sincerità, Francesco Boccia, deputato Pd, ieri ha mostrato in modo crudele l’esistenza di questa dialettica e ha invitato il segretario del Pd (Renzi), il presidente del Pd (Orfini) e il capogruppo al Senato (Zanda) a “vergognarsi”, in quanto “gli stessi che hanno fatto nascere il governo Gentiloni pensano già a come sfiduciarlo: penso sia una grave mancanza di rispetto verso il presidente del Consiglio appena nominato e verso il presidente della Repubblica”. La correttezza di Gentiloni non è in discussione. Ma la logica dei prossimi mesi potrebbe portare, “per rispetto” e “responsabilità”, a far emergere dalle foglie gli occhi del pitone, trasformando il governo veloce in un governo ipnotico e “aiutando” così il segretario del Pd a preparare “con calma” la sua rivincita. Rivincita che comunque sia ci sarà – che vuoi che cambi tra 2017 e 2018, no? – ma che se verrà dilatata nel tempo non farà che aumentare le possibilità di avere un Renzi che sia l’opposto del Renzi conosciuto finora. La lealtà non si discute, ma il sibilo del pitone è lì ed è impossibile far finta di niente – pss.
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