Ritorna la vecchia concertazione. Che è l'alibi di chi non vuol prendere decisioni. È il primo effetto della vittoria del No
- Dettagli
- Categoria: Italia
Come se fosse possibile continuare ancora a stare fermi
di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it ItaliaOggi 9.12.2016
È utile riflettere su cosa è accaduto domenica scorsa e sui suoi effetti. Il popolo italiano (il 60% dell'elettorato votante) ha dichiarato di preferire la Costituzione del 1948, rifiutando una modifica sostanziale come il passaggio a un monocameralismo sostanziale.Oggi, è inutile esercitarsi nelle critiche testuali, proprie di una categoria (i costituzionalisti) interessata più agli aspetti lessicali che a quelli sostanziali, al di là delle solenni dichiarazioni. Come è inutile ricordare le figure meschine di vari esponenti del No nei confronti diretti con Matteo Renzi che, onestamente, si è speso come mai uno prima di lui, nella battaglia referendaria.
Ci sarebbe da chiedere alle vestali della Costituzione (tutte più o meno esperte di riti parlamentari) se quei testi abborracciati non siano stati l'unico risultato possibile di un dibattito parlamentare nel quale gli interessi personali hanno sempre prevalso su quelli collettivi. E, comunque, ancorché discutibile, la riforma era l'unica riforma sul tappeto e, con i suoi difetti, avrebbe comunque garantito il passaggio al monocameralismo, esemplare e irrinviabile adeguamento alle procedure decisionali delle democrazie occidentali tra le quali dichiariamo ( torto) di essere inseriti.
Questa Costituzione (che, in mala fede o per ignoranza, viene definita «la più bella del mondo») è nata nel 1947, per il lavoro di un'Assemblea costituente, nella quale i detentori della golden share erano democristiani e comunisti, portatori, i primi, di un'idea corporativa della società, i secondi della necessità del controllo pubblico dei mezzi di produzione e di scambio.Il risultato è un compromesso contraddittorio che volge tutto il sistema alla gestione consociativa dello Stato. Un'idea così radicata che, ancora negli anni '70, Enrico Berlinguer, un vero reazionario, dagli spiccati caratteri populistici, dichiarava che il Paese non si sarebbe potuto governare con il 51% dei consensi e prefigurava, per la fallita entente con Aldo Moro (un altro sopravvalutato per la macabra fine cui è stato sottoposto) una sorta di riproposizione del patto del Cln, nel quale i partiti antifascisti sedevano tutti allo stesso tavolo, subendo la prevalenza di comunisti e democristiani.
In fondo, il disegno (inespresso) sembra che fosse di trasformare Moro nel Kerensky italiano, nell'uomo cioè che, sostenendo un'idea democratica del potere, aveva finito per consegnare la Russia ai bolscevici di Lenin. Questa sostanza costituzionale, ha prodotto, abbiamo visto, il sistema consociativo che si realizzava in due modi: uno basso e barbaro (tutti allo stesso tavolo a dividersi i benefici delle decisioni politiche, cioè le tangenti che il mondo delle imprese destinava ai politici), l'altro, ancora peggiore, che riconosceva al Pci il diritto di veto sulle decisioni capitali.
Lo schierarsi dell'Italia sul fronte occidentale aveva aperto diversi spiragli nella totalitarietà del sistema disegnato dai padri costituenti e aveva permesso che, in materia di difesa (e di industria della difesa) si esercitasse la maggiore autonomia del campo acomunista, salvo alcune questioni speciali (commesse) nelle quali il Pci rivendicava un proprio inalienabile ruolo. Da Aosta a Trapani, visti i rapporti tra il mondo cooperativo e le imprese mafiose finite più volte ai disonori della cronaca nera nazionale. Ci sarebbero mille episodi da raccontare e tutti poco edificanti.
Intorno a questo sistema s'è insediato un sistema giudiziario la cui vocazione principale è il mantenimento dello statu quo. Se torniamo per un attimo ai sacri testi, Marx-Engels e Gramsci, scopriamo che l'ordine giudiziario costituisce una (improduttiva) sovrastruttura sociale il cui scopo effettivo è quello di mantenere gli equilibri sociali definiti dal sistema.
Da un certo punto di vista, ciò è emerso dalle inattese (per qualità scadente e deformazione concettuale) prese di posizione di gente come Di Matteo, Scarpinato e Spataro, ma anche e soprattutto dalla mobilitazione di decrepiti ex, tutti volti a impedire qualsiasi modificazione. Il crisma di questo ruolo della corporazione giudiziaria (l'unica forza organizzata di questo Paese, pronta ad assumere il ruolo di suo Grande protettore) è stato posto in queste ore, quando la Consulta (che ha già arato abbondantemente la questione ed è sostanzialmente pronta a rendere nota la sua posizione) ha fissato al 24 gennaio la pubblicazione della sentenza sulle questioni di costituzionalità poste dal cosiddetto Italicum.
Una vera e propria zeppa nell'ordinario svolgimento dell'attività e dei poteri democratici del Parlamento e del presidente della Repubblica, testimonianza ennesima dell'indifferenza del giudice ai problemi reali dei cittadini, si tratti di Taranto (nessuno ha tentato un crossing con gli interessi della città, dei lavoratori e dell'Italia che ha di fatto perduto l'ultimo grande impianto siderurgico) o di uno qualsiasi dei siti produttivi sequestrati all'improvviso per le ragioni più varie.
Insomma, abbiamo celebrato, il 4 dicembre, un ritorno al passato che ci costerà molto in termini di agibilità democratica del sistema, ma servirà di più a tutti coloro che, nel vecchio sistema di ricatti e di complicità, torneranno felicemente a a nuotare nel medesimo modo in cui sono stati abituati per decenni.
Se ha vinto il No, comunque, ha perso il Paese e ce ne stiamo rendendo conto sin dai primi passi della rinata prima Repubblica.
Ci sarebbe poco da festeggiare, soprattutto da parte di coloro che, nel vecchio sistema erano riusciti a emergere con progetti riformisti, subito bocciati da uno dei grandi soci (irresponsabili) del sistema, la Cgil. A proposito si potrà più parlare di recupero della competitività? O si vedranno centinaia di persone sedute ai tavoli della deprecata e deprecabile concertazione (l'alibi degli incapaci di decidere) portata all'estremo istituzionale da un mediocre come Ciampi? Insomma, se fissiamo il focus sui passi di questo ritorno al passato, ci renderemo presto conto che, quando ritornano, le cose si presentano sempre in modo peggiore di prima.