Lo spettacolo della sinistra italiana trumpista

Ora che hanno eletto Trump presidente sarebbe utile una riflessione degli italianisti d’America che hanno passato i peggiori anni della loro vita a sputare su Berlusconi

di Giuliano Ferrara | 11 Novembre 2016 ore 06:06 Foglio

L’Italia “de” sinistra e antipolitica si sveglia trumpista, vanno molto l’operaio dell’Ohio e il grande “vaffa” dell’uomo sponsorizzato da Fbi Kgb e Nra (l’associazione dei rifle, dei fucili).

Va molto l’idea che i fighetta come Renzi saranno obliterati dal surge degli uomini forti e magari soli al comando (questa però speranza illusoria, almeno in America), dei linciatori originali di cui quelli italiani pretendono di essere la copia imbucata, almeno nel dopo Berlusconi già linciato come si deve a suo tempo, naturalmente citando Calamandrei Zagrebelsky e la Costituzione più bella del mondo. E Trump sia.

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Quando elessero Schwarzenegger governatore della California il corrispondente di Time da Roma mi chiamò e mi disse che non avrebbe più scritto un solo articolo contro il Cav., e io lo ringraziai ironicamente.

Ora che hanno eletto The Donald presidente sarebbe utile una riflessione degli Alexander Stille, dei Frank Bruni e degli altri numerosi italianisti d’America che hanno passato i peggiori anni della loro vita a sputare sul suo prototipo positivo, sul magnate italiano che si vantava di essere il maggiore contribuente del fisco invece che un astuto evasore e come primo atto (atto purtroppo mancato) cercò di abolire la galera preventiva come strumento di tortura con il decreto Biondi, mentre il prez neoeletto negli Usa appena due settimane fa si diceva ancora convinto che i 5 afro e latinos di Central Park, scagionati dal Dna e dalla scoperta di un altro colpevole dopo anni di galera, fossero comunque stupratori. Ogni peccato ha il castigo che si merita, l’hanno sparata grossa per vent’anni sul magnate degli altri e ora per quattro si ritrovano quello loro proprio che ha sbaragliato l’amata nasty woman.

Augurarsi che Trump la finisca di essere Trump ha l’aria di essere legittima aspirazione a un passaggio non traumatico dei poteri, nello stile obbligante della democrazia costituzionale Americana.

Anche se stamane ho visto Rudy Giuliani alla Cnn, rispondeva a una domanda sulla galera per la nasty woman, diceva “dipende”, insomma materia di trattativa; e sono contento per i putino-trumpiani italiani del bell’applauso con cui la Duma di stato ha accolto l’elezione dell’isolazionista che vuole fare più grande la piccola America che lo ha eletto, sono cose che confortano il cuore.

Ma da noi nessuno si augura che Trump la finisca di essere Trump, un sogno ingenuo come l’America liberal, tutti i marrazzoni che salgono sul carro auspicano che Grillo sia capace di essere la copia di Trump in campagna elettorale, progetto non difficile da realizzare viste le premesse, sebbene la Melania di Roma non dia troppe garanzie di contegno e disciplina come quella di Donald, e sperano che il clown di noialtri seppellisca il nasty boy che si faceva i selfie con Obama e Michelle. Ciascuno coltiva i progetti che si merita.

 

Bisognerebbe decidersi, fra Trump e Zagrebelsky. Tra azionismo costituzionale e secessione della plebe (Cacciari), tra la memoria di Italia libera, il quotidiano del Partito d’Azione, e Twitter.merd; e insomma, se la destra può accampare ogni diritto sul Briatore globale oggi alla Casa Bianca, se gli economisti europei possono sperare nel meglio ed evitare lo stordimento confesso di Paul Krugman, se noi sansepolcristi del berlusconismo certe cose le avevamo già viste e considerate ventidue anni fa, dico 22, i parvenu del parvenu dovrebbero essere un pochino più prudenti quando si spellano le mani per l’arrivo del tough man a capo della democrazia americana. E gli italianisti d’America dell’Upper West Side dovrebbero studiare meglio la società americana, rubando il tempo alle ricerche sul destino ingrato della democrazia italiana sotto la dittatura di Berlusconi. Ok?

 Categoria Italia

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