La rissa sull'olio di palma è come quella sul prossimo referendum
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Le abbiamo viste tutti le pubblicità: uno dice «sono palm-oil free» e se ne fregia come se fosse una medaglia d'oro al valore; l'altro dice che usa solo olio di palma buono
di Sergio Luciano Italia oggi 11.11.2016
Non c'è solo la rissa sull'incomprensibile, nuovo articolo 70 e la rissa tra il «sì» e il «no» al referendum costituzionale a far sorgere seri dubbi sulla capacità delle masse (cioè di noi tutti, ahimè) a distinguere il vero dal falso: c'è anche l'olio di palma. Quando colossi credibili e prestigiosi, come Barilla e Ferrero, o Coop e Nestlé, si vantano di meriti opposti, usare o non usare l'olio di palma, il signor Rossi che deve pensare?
Dovrebbe pensare che lui è un semplice esponente del popolo bue e rassegnarsi a non capire, a non sapere, ciò che non ha mai studiato, limitandosi a sperare che ci sia qualcuno, fra i governanti che ha incautamente mandato al potere, votandoli, che si faccia carico dei suoi interessi e del suo bene e che si regoli di conseguenza e non per rubacchiare voti qua e là o, peggio, quattrini. Ma il signor Rossi queste cose sagge non le pensa o se le pensa non le capisce o se le capisce non le pratica. Quindi l'Italia continua a votare con la pancia e anche a consumare, con la pancia. E questo non dovrebbe far stare tranquillo il premier. Ma torniamo all'olio di palma.
Le abbiamo viste tutti le pubblicità: uno dice «sono palm-oil free» e se ne fregia come se fosse una medaglia d'oro al valore; l'altro dice che usa solo olio di palma buono, e difende la sua scelta. Il consumatore in mezzo, frastornato. L'Organizzazione mondiale della sanità (che dev'essere un carrozzone intrallazzato e inefficiente che nemmeno le Asl della prima repubblica) a chiacchiere denuncia la nocività dell'olio di palma ma nei fatti non si sbilancia, nel senso che non ha gli estremi per alcun intervento intimidatorio, ed effettivamente il sostegno che al prodotto recano multinazionali serissime come Ferrero o Nestlé dovrebbe far testo
La verità è che tutte le questioni tecniche, tutte (siano esse comparazioni biologiche del cibo di casa o delle riforme costituzionali), possono essere seguite solo centralmente, o comunque da chi ci capisce. Gli altri, noi, o si astengono o votano di pancia, come Salvini in Lega.
Ma più in generale episodi del genere fanno pensare a quanto in Italia siamo in balia della nostra stessa ignoranza, e non solo in materia di business. Non percepiamo forse con chiarezza quanto sia importante dare «tappe italiane» alla catena del valore Renderci indispensabili al mondo. Recuperando competitività, internazionalizzandoci, digitalizzandoci. È il dilemma cui si trova di fronte la democrazia: con la Rete, tutti sono comizianti ma al di là delle chiacchiere chi davvero capisce e chi ha davvero gli strumenti per intervenire, sapendoli usare? Nessuno di quelli che in questi giorni si vedono nel cantiere della più grande democrazia occidentale