Tra gli applausi alla Leopolda, s’avanza un nuovo modello sindacale
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I metalmeccanici di Bentivogli, cioè le Trade union per il sì
Marco Bentivogli (foto LaPresse)
di Alberto Brambilla | 08 Novembre 2016 ore 06:35
Roma. Quello del segretario generale dei metalmeccanici della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, è stato uno degli interventi più applauditi domenica scorsa dalla platea della Leopolda, annuale happening renziano. Sui temi economico-sindacali Bentivogli non ha detto cose diverse dalle (molte) interviste che concede ai media o da quelle scritte nel libro “Abbiamo rovinato l’Italia” (Castelvecchi), ma accettando l’invito a intervenire ha avuto a disposizione un palcoscenico importante e seguìto per ricordarle. E’ stato dunque chiaro a molti che la generale demonizzazione del “sindacato” – la retorica con cui Renzi umiliò la Cgil di Susanna Camusso a inizio mandato – non può valere per tutti i sindacati e i sindacalisti e soprattutto valorizza i “burosauri”.
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Da tempo Bentivogli propugna l’idea di “un sindacato che non teme il futuro e la sfida del cambiamento e della modernizzazione del paese”, come ha detto alla platea della Leopolda, e in sintonia con essa, offrendo una visione dinamica di un sindacato, moderno, ispirato all’esperienza americana e nord-europea, che si occupa del progresso economico, della creazione di ricchezza per le imprese da ridistribuire ai lavoratori in forma di salario. E rifiuta la retorica classista e immobilista proposta dal sindacato tradizionale, incarnato soprattutto dalla Cgil (un caso di organizzazione di rappresentanza che difende posizioni ideologiche novecentesche fuori tempo massimo, nonostante il crollo del Muro di Berlino abbia segnato il passaggio alla modernità ridefinendo gli assetti di partiti e istituzioni).
Mentre la Cgil e il capo dei metalmeccanici della Fiom, Maurizio Landini, non perdono occasione per unirsi alla rissa contro il governo in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre, Bentivogli ha rimarcato le distanze dai sindacalisti suoi arcinemici, dichiarando dal palco della Leopolda di “appoggiare i contenuti della riforma non per modernismo o conformismo filo-governativo” – Bentivogli non è iscritto al Pd e l’autonomia della politica è un caposaldo della Cisl – ma “sul merito”.
In particolare dove si riscrive il titolo V della Costituzione con la volontà di riconsegnare allo stato competenza esclusiva su fisco, politiche del lavoro, previdenza sociale, ordini professionali, immigrazione, energia dopo averle concesse alle regioni, o in coabitazione con esse, per un decennio. “Si e No hanno pari dignità – ha detto Bentivogli – Un sindacato intelligente però non può mettere sullo stesso piano le diverse conseguenze delle scelte. Il titolo V in questi anni ha bloccato l’economia e l’innovazione del nostro paese”.
Nell’ottobre 2014 questo giornale avvertiva Renzi dell’esigenza di dotarsi (e di dotare il Pd) di un “sindacato nuovo”, magari lanciandolo proprio dalla Leopolda, in quanto ciò avrebbe rappresentato un contributo riformatore altrettanto o più importante di qualsiasi riforma del codice del lavoro o della costituzione. Siamo lontani dal dire che i metalmeccanici di Bentivogli siano il “modello sindacale renziano”, ma probabilmente si avvicina molto all’idea offerta all’epoca dal Foglio. D’altronde i punti di contatto tra il premier dal piglio riformatore e le azioni della Fim-Cisl esistono e sono molti. Nella crisi più devastante del settore automotive degli ultimi 50 anni, senza gli accordi aziendali dei metalmeccanici Cisl in Fiat-Chrysler, il ceo Sergio Marchionne, di cui Renzi ha elogiato l’acume manageriale, non avrebbe fatto gli investimenti produttivi in Italia, ma l’avrebbe messa ai margini.
Bentivogli spesso attacca la proliferazione delle sigle sindacali, sinonimo di proliferazione di incarichi, senza disdegnare del tutto l’idea di un sindacato unico lanciata da Renzi nel 2015.
Nel 1996 la Cisl propose agli altri di costituire un unico sindacato, fu disponibile allo scioglimento, ma non ebbe risposta. C’è molta consonanza anche in merito all’attenzione sullo smart working, il lavoro da casa o a distanza, sulla necessità di assecondare con assetti contrattuali flessibili la quarta rivoluzione manifatturiera fondata sulla collaborazione uomo-macchina (Industria 4.0) sulla quale il governo ha puntato incentivando gli investimenti. Dopo la Leopolda, un nuovo sindacato possibile è più visibile e andrebbe incoraggiato.
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