Le acrobazie referendarie del Cav. spiegate in breve

Perché la posizione del centrodestra sulla riforma costituzionale diventa improvvisamente fragile se si ricorda cosa successe l’otto agosto 2014

di Claudio Cerasa | 24 Ottobre 2016 ore 08:30

Hanno ragione gli amici del centrodestra e ci scusiamo se avevamo frainteso: sul referendum costituzionale, la posizione di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Leghisti d’Italia e anti renziani d’Italia è lineare, chiara, secca e non presenta alcun tipo di contraddizione. Hanno perfettamente ragione gli amici del centrodestra. Non c’è nessuna contraddizione a dire che la Costituzione più bella del mondo va difesa a tutti i costi, dopo aver speso una vita a dire che la Costituzione italiana non è la più bella del mondo. Non c’è nessuna contraddizione a dire che il centrodestra deve dire di No a chi vuole rafforzare i poteri del presidente del Consiglio, dopo aver speso una vita a dire che i poteri del presidente del Consiglio andavano rafforzati. Non c’è nessuna contraddizione in tutto questo – e non c’è nessuna contraddizione nel fatto che la linea del centrodestra sia perfettamente sovrapponibile alla linea di chi per anni ha utilizzato la difesa della Costituzione per impedire al centrodestra di governare – ed è solo un minuscolo e microscopico dettaglio che il centrodestra oggi sta dicendo di no a una riforma che ha scritto e che ha votato. Riavvolgiamo il nastro per un attimo e torniamo a una data e a una seduta importante. La data è l’8 agosto 2014, la seduta è la numero 303 della XVII legislatura. Preparate i popcorn.

In quella data, con il patto del Nazareno ancora saldo, la stessa riforma per la quale si andrà a votare il 4 dicembre venne approvata in prima lettura al Senato, con 183 voti a favore, nessun contrario e 4 astenuti (e con la Lega e Gal che lasciarono l’Aula per non votare). In quella seduta ci furono due dichiarazioni importanti. La prima fu quella di Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia, oggi fiero sostenitore del No. La seconda fu quella di Roberto Calderoli, capogruppo della Lega al Senato, oggi fiero sostenitore del No. Parola a Paolo Romani (ma naturalmente siamo noi che abbiamo frainteso la linearità della posizione del centrodestra): “Finalmente anche in Italia, in un clima di legittimazione reciproca, che fu propria anche di quell'Assemblea costituente che elaborò la Costituzione che oggi andiamo ad aggiornare, è possibile lavorare sulle riforme assieme e in maniera condivisa, senza vincoli di schieramento… Abbiamo finalmente superato il bicameralismo, delineando un assetto parlamentare e un procedimento legislativo più snello, con una netta distinzione di ruoli e funzioni fra le due Camere… Avremo uno Stato più moderno per un Paese che non rincorre più il passato, ma che può finalmente progettare il futuro… Oggi il Senato dimostra di non essere una casta arroccata a difesa dei propri interessi, ma un corpo di legislatori all'altezza del privilegio di rappresentare la nostra Nazione… Stiamo indicando una strada attraverso cui riusciremo davvero a rendere la democrazia italiana più matura, più efficiente, più europea. Noi di Forza Italia ci saremo; Silvio Berlusconi ci sarà”.

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Parola ora a Roberto Calderoli, che la riforma costituzionale in parte l’ha scritta con Anna Finocchiaro in Commissione Affari Costituzionali, e che per questo quel giorno scelse di non seguire l’esempio dei suoi compagni di partito, e rimase nell’Aula del Senato. “Quello che mi spiace è che le polemiche rispetto agli errori che ancora restano all'interno del provvedimento abbiano completamente nascosto la parte buona che invece è stata inserita… Lo dico rivendicando alcuni dei punti che per me sono particolarmente qualificanti. Ce ne sono tanti altri. Li rivendico personalmente: l'aver introdotto il principio del referendum di indirizzo e propositivo nella nostra Costituzione senza escludere alcun argomento è uno strumento di democrazia enorme, sempre che qualcuno non pensi di far votare il referendum ai consiglieri regionali e ai sindaci… Lo stesso vale per l'inserimento dei costi standard in Costituzione… Potevamo fare di più? Sì, e ne è la prova perché non tutti, ma tanti emendamenti che erano firmati Calderoli-Finocchiaro, Finocchiaro-Calderoli sono rimasti alla fine come emendamenti Calderoli, quindi con il parere contrario del governo… Di questo mi dispiace, perché oggi avremmo potuto avere una riforma votata veramente dall'80 per cento di questa Assemblea… Oggi quindi esprimerò un voto di astensione che va inteso nel senso di un'apertura di credito, perché credo ancora che si possa fare qualcosa”.

Una bocciatura a metà, da parte di Calderoli, che diventa però una non bocciatura se diamo voce a colui il quale oggi Silvio Berlusconi ha scelto di affidare la guida dei comitati per il No del centrodestra, Renato Schifani. Schifani, come d’altronde la sinistra del Pd, da ex senatore di Ncd ha votato la riforma in tutti i suoi passaggi a Palazzo Madama, per ben tre volte, ma anche qui non saremo certo noi a far notare che la sua posizione sul No, oggi, è lievemente contraddittoria rispetto a quello che disse tempo fa lo stesso senatore Schifani. Ci permettiamo di riportare solo alcune parole: “Il superamento del bicameralismo paritario, lo snellimento e la semplificazione legislativa, tempi certi per l’approvazione delle leggi sono volti a realizzare una democrazia governante che superi finalmente quella incapacità decisionale che affligge da tempo il nostro sistema politico-istituzionale. Ne sarà rafforzata e resa più efficace l’azione di governo, ma anche il confronto e la dialettica parlamentare… Il referendum? Si conduca una campagna di natura inclusiva, non partitica, si lavori per un fronte favorevole alla riforma più ampio possibile. Sono in gioco le sorti delle istituzioni, la loro capacità di rispondere al Paese, è in gioco il futuro dell’Italia”.

Certo: nel corso dei mesi, da quell’agosto 2014, sono successe molte cose. E’ finito il patto del Nazareno. E’ semi scoppiato il centro di Alfano. Berlusconi si è allontanato da Renzi. Renzi ha scelto un presidente della Repubblica senza concordarlo con Berlusconi. E il centrodestra – Fedele Confalonieri a parte, Gianni Letta a parte, Mediaset a parte, ma sono dettagli no? – ha scelto di combattere Renzi con tutti i mezzi possibili (Mediaset a parte, ma sono dettagli no?). Tutto vero e tutto lineare. Con un dubbio legato a una piccola domanda. Berlusconi è schierato sul No. Ma siamo sicuri che Berlusconi mostrerebbe disperazione nel caso in cui dovesse passare una riforma scritta dal centrodestra anche per permettere al centrodestra di governare un giorno un paese più normale rispetto a quello che esiste oggi? E siamo sicuri che Berlusconi mostrerebbe particolare disperazione nel caso in cui dovesse passare una riforma costituzionale che favorirebbe sì Renzi ma che metterebbe fuori gioco, almeno per un po’, i Salvini, le Meloni e i grillini? La risposta la troviamo in un passaggio dello stenografico dell’8 agosto. A parlare è ancora Paolo Romani: “Questa riforma porta due firme, quella di Matteo Renzi e quella di Silvio Berlusconi”. Applausi dal gruppo FI-PdL. E’ così chiaro, no?

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