Berlusconi parlerà quando varrà la pena

Si tratta dell'abitudine a discutere e addirittura a litigare, perfino a scannarsi, su ipotesi tutte da verificare

 di Marco Bertoncini Italia Oggi, 15.10 2016

È un aspetto della politica italiana che sorprende gli estemporanei osservatori esteri, ma che riesce difficile da spiegare per gli stessi corrispondenti dall'Italia. Si tratta dell'abitudine a discutere e addirittura a litigare, perfino a scannarsi, su ipotesi tutte da verificare. In questi giorni nel centrodestra si dibatte su dopo referendum, dimissioni di Matteo Renzi, governo di scopo, elezioni anticipate, riforma dell'italicum. Insomma: mentre la politica dovrebbe occuparsi del concreto, risolvere i problemi contingenti, affrontare la realtà, c'è chi si accapiglia per discettare, anche litigando, di quel che potrebbe essere dopo il 4 dicembre. E naturalmente ci si accapiglia guardando tanto dopo la vittoria del sì quanto dopo la vittoria del no.

A complicare la faccenda ci sono le interpretazioni del richiamo, dal capo dello Stato, per il libero confronto e il rispetto comune, «anche dopo il voto». C'è chi giura sulla volontà dl Sergio Mattarella di non voler cambiare governo (e maggioranza) in caso di vittoria del no e chi giura che, se vincesse il sì, dal Colle non si concederebbero a Renzi elezioni anticipate.

Nel centrodestra Lega, Fd'It e ampi settori della classe dirigente di Fi sono per negare già ora ogni ipotesi di sostegno a un governo, fosse pure un esecutivo con lo scopo precipuo di riformare le norme elettorali. Viceversa ci sono quelli, e Stefano Parisi (passato a polemiche verso i maggiorenti azzurri) è annoverato fra costoro, che si rivelano molto prudenti. Il Cav è tornato, ma non parla pubblicamente: tutto fa pensare che nel caso specifico, fonte di dissidi intestini, una posizione l'assumerà solo dopo il referendum. Quando, è evidente, sarà davvero il momento di decidere.

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