Il vero problema non sono i muri alle frontiere ma l'islam politico

Contro la metafora universale della chiusura dei confini

Foto La press, Bulgaria guardie

di Giuliano Ferrara | 08 Settembre 2016 ore 15:36

COMMENTA 7 |   | 

Il muro. Metafora oggi universale. Meriterebbe la celebre boutade del New Yorker: block that metaphor, fatela finita con quella metafora. In principio fu il muro di Berlino, e su quello siamo tutti d’accordo. Il comunismo illiberale cinse d’assedio una grande città occidentale, allora ancora occupata dalle quattro potenze vincitrici della guerra mondiale, tenendola prigioniera con la sua ricchezza e la sua sguaiataggine dorata, entro il perimetro di un possente limes costruito in una notte, roba che neanche Giulio Cesare. Fu, nel 1961 e fino al fatale 1989, un sequestro degno dell’antichità romana, molti fuggitivi vennero spietatamente abbattuti, l’esperimento diciamo così urbanistico divise e cambiò per sempre una grande capitale europea. Come simbolo della guerra fredda fu anche un oggetto fascinoso, nel suo essere sinistro. Dalle sale della biblioteca del Prussischer Kulturbesitz, me lo ricordo bene, il profilo del cemento che attraversava la Potsdamer Platz feriva ma attraeva. Le tribune di legno innalzate come patiboli dagli occidentali per guardare oltre die Mauer, nella voragine della schiavitù comunista orientale, erano rostri del mondo libero affacciati sul nullismo del regime antiumanista. Senso del mistero, mistero della storia e dell’iniquità, e uno sguardo sull’abisso del comunismo realizzato: mica male come simbolo, sia quando fu elevato a protezione di un sistema utopico regressivo ancora oggi stupidamente popolare tra tanti, sia quando fu scassato da folle festanti. Comunque, quel muro valeva la metafora. Ed è l’origine lontana della decisione di abbattere le frontiere da parte della figlia del pastore protestante dell’Est divenuta cancelliera della Germania riunificata.

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Ma gli altri, i muri di adesso? Israele difende la sua sicurezza, benedetto muro. L’Ungheria difende la propria integrità, perché non ce la farebbe a sostenere l’assalto. Trump ne fa una parola d’ordine virtuale e lo vende come un prodotto sul mercato della politica presidenziale americana, lo vuole bello e pagato dal Messico. Buoni ultimi, last but not least, arrivano i britannici, che difendono la via da Calais a Londra. Come? Con un muro. Non è casuale.

E’ che la metafora dipende anche dalle circostanze, e se vuol dire frontiera, in senso legale e non razzistico moralistico, ha un senso.

Good fences make good neighbours: anche questa è un’espressione metaforica, e vuol dire che i confini ben delimitati evitano i conflitti.

Avete visto quello che sta succedendo in Corsica, dove gli ex italiani vendicativi prendono a pedate e a coltellate immigranti indesiderati, clandestinamente sbarcati e vogliosi di installazione.

E la follia delle delibere antiburkini, che dovrebbero obbligare i vigili a spogliare nude le donne che li indossano in spiaggia, nasce anch’essa da una sorta di rivolta popolare contro l’abbattimento delle frontiere. Uno fa del multiculturalismo alla francese, cioè comunitarista e assimilazionista, e il comico del mattino alla radio con la pronuncia di un marocchino ben mimata dice: ma devo fare una cura di disintossicazione da me stesso per vivere in Francia?

La faccenda in generale non si risolverà mai in Europa o negli Stati Uniti, la sua radice è lì dove nasce l’islam politico, ed è lì che bisogna cambiare le cose con la diplomazia, l’economia, la politica e la guerra.

Nel frattempo è consigliabile, anche per il Papa che ci ha provato con Trump (“non è cristiano”) e ora rischia la gaffe delle gaffe, se agli elettori gli scappasse proprio Trump, di bloccare quella metafora su muri e frontiere, che è diventata troppo facile.

Categoria Italia

Commenti

roberto ferroni • 42 minuti fa

Eppure l'Italia potrebbe risolvere il problema dell'assalto senza mettere giù neppure un mattone. Poiché a questi "diseredati" che navigano su zattere fatiscenti al suon di migliaia di dollari (USA), e sono tutti dotati di smartphnoe e navigano, questa volta nell'etere, basterebbe far sapere che nessun emigrante che non venga da luoghi di guerra, ben definiti, verrà accettato, anzi rispedito subito al porto di provenienza. Spenderebbero quella che per i loro mercati è una piccola fortuna per fare un a/r nel termine di pochi giorni ? Oppure, se il viaggio é pagato da non si sa bene chi, almeno ufficialmente, i finanziatori continuerebbero a buttare palate di soldi senza nessun ritorno ? Diceva Trilussa passa 'n giorno passa n'antro, a lungo andare l'assalto degli invasori si fermerebbe, senza mattoni, calcina e cemento. Diceva, giustamente, un commentatore che ci vuole organizzazione, mezzi, fondi. Concesso, ma se non c'é la VOLONTÀ tutto il resto é aria fra i denti

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Mario Mauro • 2 ore fa

Ah, finalmente riconosco il mio Ferrara, che, quando gli sentii dire che i mecklemburghesi non avrebbero dovuto preoccuparsi dell'invasione pensai me l'avessero cambiato nottetempo senza che nessuno se accorgesse.

Ma gli europei che giustifico più di di tutti sono proprio i francesi, i quali almeno inizialmente, come colonialisti cercarono di assimilare les noirs come citoyens anche se dovettero rinunciare per ragioni evidenti e poi ebbero la faccenda dei tirailleurs senegalesi mandati al macello, per non parlare dell'accoglienza iniziale agli harkis, che figli e nipoti non dimenticano. Non dobbiamo dimenticare noi però che nonostante abbiano un presidente e un governo socialista (che per altri versi fa le cose dettate dal socialismo, come, l'ultima, cercare di italianizzare il sistema sociosanitario forse migliore del mondo) dispiegano la gendarmeria alle frontiere e permettono agli inglesi, che pragmaticamente si sono offerti di pagare, di costruire un muro su quello che è pur sempre territorio della Republique. Ossia mettono a frutto l'esperienza, il che è già tanto con i tempi che corrono.

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franco bolsi • 2 ore fa

Si però i muri funzionano. Si può filosofeggiare, ma i muri funzionano. L’islam politico è un problema, certo, ma è quello il problema. La non separazione fra stato e chiesa, oltre alla genesi del Corano. E’ un problema risolvibile in qualche secolo. Il tempo di aspettare che gli arabi o gli iraniani cambino idea non c’è, e forse è già troppo tardi. Leggo che la CDU tedesca vuol discriminare fra profughi cristiani e profughi islamici. L’ho scritto (immodestamente) alcune volte e da anni. Ma come vede il problema è sempre quello: l’islam. I muri funzionano. Funziona anche il Mare Mediteranno a patto di affondare i barconi vuoti in Libia e senza inviare la marina ad accogliere gli invasori dopo aver ricevuto un sms. Ferrara i muri funzionano. E’ metafora di un mondo chiuso? Non penso. Era un mondo chiuso quello romano antico che si difendeva dai barbari? Anche loro. Gli zulù dell’epoca, cercavano terre più miti e produttive e per far fronte ad una popolazione crescente. Migranti economici con asce e spade. Oggi spediscono un sms e arrivano navi da guerra. Mettete dei fiori nei vostri cannoni. la vittoria postuma del 68’. Tutti si difendono dalle invasioni, come è naturale e giusto che sia. E’ innaturale e nichilista ciò a cui assistiamo. Non è questione di uomini o bestie come maldestramente afferma l’abolitore di confini nonché copritore di statue. Semmai nichilisti contro normali. Peraltro gli estimatori del premier, quelli di Capalbio, la pensano come me. O meglio, dal momento che sono ipocriti, dicono semplicemente: "I nevi? cevto ma non qui". E di che vuoi un muro, cazzo, almeno non fai la figura del pirla. La saluto Ferrara.

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Malossi Alberto • 3 ore fa

Muri che crescono per difendersi da altri muri più grandi e pericolosi! Non abbiamo altra scelta, l'assimilazione è una favola buonista per quaraquaquà.

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Alessandra Padrono Martini Ari • 4 ore fa

Onore ai cari , adorati, corsi.

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Lorenzo Lodigiani  Alessandra Padrono Martini Ari • 2 ore fa

Approva pedate e coltellate agli immigranti indesiderati?

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Mario Mauro  Alessandra Padrono Martini Ari • 2 ore fa

Ex italiani, dice giustamente Ferrara, che, aggiungo io, non sono stati contagiati dalla malattia che ha reso noi tutti mollaccioni, piagnucolosi e privi di attributi di fronte al nemico, che chiamiamo fratello per giustificare a noi stessi la nostra vigliaccheria.

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