La mossa di D'Alema apre la scissione nel Pd

I comitati per il ''No'' sono il segnale di rottura tra i dem. Renziani vecchi e nuovi contro Massimo. Bersani media e invoca l'unità. Cosa sta succedendo a sinistra.

(© Ansa) Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema.

di Alessandro Da Rold | 05 Settembre 2016 Lettera43

La discesa in campo di Massimo D'Alema con la nascita dei comitati per il ''No'' in vista del referendum sulle riforme costituzionali ha spaccato il Partito democratico in tre anime distinte, con renziani vecchi e nuovi agli antipodi del compagno Max e allo stesso tempo i bersaniani a mediare per evitare lo spettro di una scissione dagli esiti imprevedibili.

Perché di fondo è questo il vero timore che circola al Nazareno: che la sfida lanciata da D'Alema («È una riforma che è un pastrocchio fatto da trasmormisti e spacca il Paese», spiega) non sia altro che una prova di distruzione nel partito dove ora è segretario Matteo Renzi.

«RENZI HA IDEE DANNOSE». D'Alema durante la presentazione dei comitati - in platea anche il consigliere Rai Carlo Freccero, i senatori Massimo Mucchetti e Paolo Corsini, Massimiliano Lucchetti, Carlo Pegorer e l'europarlamentare Antonio Panzeri - ha spiegato che «la vittoria del ''No'' segnerà la fine dell'idea del partito di Renzi e del partito della Nazione, un'idea dannosa. Noi non abbiamo l'appoggio di Confindustria, non abbiamo il sostegno di Marchionne, ed è curioso che un cittadino del Lussemburgo sia così appassionato del referendum, ma, come si dice, non perdiamoci di vista, non solo di qui al referendum, ma anche dopo»

E ancora: «A noi si sono rivolti molti non del Pd perché ci sono milioni di persone che hanno smesso di votare».

RAPPORTI INCANDESCENTI. Ma il fantasma di una resa dei conti interna in vista del voto referendario, auspicata pure da una parte di renziani di ferro che farebbe a meno di D'Alema, circola con insistenza nonostante molti storici dalemiani siano ormai passati dalla parte di Renzi.

Eppure l'appoggio ai comitati del ''No'' anche di Franco D'Attore di Sinistra italiana ha dato l'idea che qualcosa si sta muovendo nel centrosinistra con il rischio che arrivi anche la frattura.

A questo si aggiugano le polemiche estive dell'ex tesoriere Ugo Sposetti sull'eredità del Pci, ovvero la cassa e l'eredità storica del partito: la situazione è incandescente.

BERSANI PROVA A MEDIARE. Lo sa bene Pier Luigi Bersani, ex segretario, che proprio domenica 4 settembre 2016 parlando dal palco della Festa dell'Unità di Reggio Emilia insieme con il giornalista Massimo Giannini ha ribadito che «il Pd non deve perdere la sua politica di centrosinistra. Io sto girando l'Italia perché voglio tenere assieme il partito».

Stessa posizione della minoranza che ha votato le riforme in parlamento e continua a lavorare ai fianchi per ottenere modifiche all'Italicum e alla legge elettorale per il Senato.

La Boschi provoca Massimo: «Disposta a fargli cambiare idea»

Si tratta però di una guerra senza esclusioni di colpi e dagli esiti imprevedibili.

Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha annunciato un impegno maggiore dei comitati per il ''Sì''.

Di più. La Boschi ha pure spiegato di essere disposta a far cambiare idea a D'Alema.

E l'ex titolare degli Esteri ha accettato la sfida stimolando però pure il dibattito tra le fila dei bersaniani, la cosiddetta minoranza dem.

«Loro si augurano che cambi la legge elettorale, però questa iniziativa non è stata neanche annunciata. Spero ne traggano le conseguenze».

FRECCIATE DI FRANCESCHINI. Ma per capire lo stato della situazione basta leggere le dichiarazioni del ministro per i Beni culturali Dario Franceschini che dice a D'Alema di guardarsi alle spalle.

«Ci sono le migliaia e migliaia di parole spese per invocare il superamento del bicameralismo, per chiedere più poteri per il premier, per chiedere la riduzione dei parlamentari. Tutte cose che ci sono nella riforma».

TANTI EX DALEMIANI PER IL ''SÌ''. Il problema è che il Pd è ormai diventato un partito diviso in tre parti.

Renzi potrà contare sui cosiddetti ''comunisti per Renzi'', la corrente ''Sinistra è cambiamento'' guidata dal ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, protagonista della vittoria di Giuseppe Sala a Milano.

La Sinistra per il ''Sì'' ha fissato la sua assemblea a Milano il 2 ottobre 2016.

E tra i firmatari ci sono Luigi Berlinguer, Vannino Chiti, Anna Finocchiaro, Cesare Damiano.

«Tra i primi firmatari dell’appello», si legge in una nota, «si va dai ministri Andrea Orlando e Maurizio Martina al presidente dell’Assemblea nazionale dem Matteo Orfini, dal presidente degli europarlamentari Socialisti e democratici Gianni Pittella a esponenti del mondo della cultura e della scienza come Franco Cassano, Alessandra Kustermann, Sergio Staino, Mario Tronti, Salvatore Veca e Sergio Zavoli. Ci sono ex ministri (Luigi Berlinguer, Vannino Chiti, Cesare Damiano, Piero Fassino, Anna Finocchiaro, Edo Ronchi), presidenti di Regione (Nicola Zingaretti, Catiuscia Marini), membri dell’attuale governo (Paola De Micheli, Luciano Pizzetti) e punti di riferimento della sinistra Pd nelle aule parlamentari italiane ed europee (Matteo Mauri, Francesco Verducci, Roberto Gualtieri)».

Basteranno? La battaglia è appena cominciata. E il Pd non è mai stato così diviso.

Twitter @ARoldering

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