DUE PESI E DUE "PIRATI"- NEGLI USA ERGASTOLO ALL’UOMO CHE TRAVOLSE IN AUTO
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L’ITALIANA ALICE GRUPPIONI - IN ITALIA, IL ROM REMI NIKOLIC CHE HA INVESTITO UN VIGILE A MILANO HA PRESO SOLO 9 ANNI - TRA LE ATTENUANTI, IL “CONTESTO FAMIGLIARE”
Per la morte dell’agente, Nikolic, venne condannato in primo grado a 14 anni per omicidio volontario dal Tribunale dei minori - Il pm aveva chiesto 26 anni, ma i giudici avevano riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche per via del “contesto di vita famigliare” in cui era cresciuto, segnato “dalla totale assenza di scolarizzazione”…
Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano (.6.2015
Ieri Nathan Campbell, 39 anni, del Colorado, è stato giudicato colpevole di omicidio di secondo grado (cioè non premeditato) da un tribunale di Los Angeles per aver investito e ucciso, il 3 agosto 2013,l’imprenditrice bolognese Alice Gruppioni, sul lungomare di Venice Beach, in California, dove la donna era in viaggio di nozze.
Il 5 agosto verrà emessa la sentenza, e la pena sarà probabilmente l’ergastolo. Campbell infatti, pur non essendo stato giudicato colpevole di omicidio volontario - era infuriato perché il suo spacciatore era sparito sul lungomare con i 35 dollari che gli aveva dato per procurargli anfetamine - prima di investire 17 persone sul marciapiede aveva avvertito un barbone: «Li vedi quelli? Ora li metto sotto».
L’imputazione di omicidio non premeditato è persino benevola, da parte del sistema giudiziario californiano, ma quanto alla pena, probabilmente Campbell passerà il resto dei suoi giorni in cella. Il padre della vittima, Valerio Gruppioni, si è dichiarato grato al procuratore che ha seguito il caso - pur non dandosi pace per il fatto che non ci fosse in quel tratto di strada un’efficace protezione per i pedoni. Ora torniamo in Italia. Vediamo come funziona la giustizia da noi in un caso che si può accostarea quello descritto.
Il 12 gennaio 2012 il vigile urbano Niccolò Savarino, 42 anni, in un parcheggio in zona Bovisa, a Milano, venne investito da un suv guidato da un rom (nato in Francia e di origine serba) non ancora maggiorenne, Remi Nikolic, e il suo corpo fu trascinato per 200 metri (anche Alice Gruppioni venne trascinata da Campbell, aggrappata sul cofano, per 100 metri prima di cadere battendo la testa mortalmente).
Per la morte dell’agente, Nikolic, dopo essere stato catturato in Ungheria, venne condannato in primo grado a 14 anni per omicidio volontario dal Tribunale dei minori. Il pm aveva chiesto 26 anni, ma i giudici avevano riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche per via del «contesto di vita famigliare» in cui era cresciuto, segnato «dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento» e «dalla totale assenza di scolarizzazione».
Ora, che cosa c’entri l’assenza di scolarizzazione, per esempio, con l’investire e trascinare un poveretto per 200 metri non ci è affatto chiaro. Senza contare che suona davvero assurdo: se uno cresce in una famiglia rom che campa di illegalità, questo diventa addirittura attenuante in un processo per omicidio. Non è finita: in Appello, sulla base delle stesse motivazioni, a Nikolic viene inflitto il minimo della pena in casi del genere, cioè 9 anni e 8 mesi, sentenza confermata definitivamente lo scorso aprile dalla Cassazione.
Non basta ancora. Milos Stizatin, serbo di 20 anni che era bordo con Nikolic, condannato in appello a 2 anni e 6 mesi per aver aiutato Nikolic a sganciare la bici del vigile travolto e aver parcheggiato il suv tentando di nasconderlo, non dovrà risarcire il fratello della vittima né il Comune, che si era costituito parte civile: così ha deciso la Corte.
I due casi sono comparabili. Ma le condanne sono abissalmente differenti: da un lato un probabile ergastolo, dall’altro il minimo della pena e nessun risarcimento ai parenti delle vittime - peraltro, giusto domani riprenderà l’annosa discussione parlamentare sulla sempre annunciata introduzione del reato di “omicidio stradale”.
E comunque, ci chiediamo se quanti denunciano la demonizzazione dei rom si pongano anche il problema delle conseguenze che certe decisioni dei nostri tribunali possono produrre. Alla notizia della condanna per Campbell, il padre della vittima ha espresso gratitudine al procuratore americano.
Alla notizia della riduzione di pena per Nikolic, il fratello della vittima si è dichiarato «indignato da una sentenza ingrata che riapre e scava una ferita indelebile», e pure lui fa il suo ringraziamento alla giustizia, ma ironico: «Grazie, giustizia, per ricordare che noi gente umile non siamo protetti dal vostro sistema». Ecco, quando un cittadino cui è stato assassinato il fratello chiama la giustizia «il vostro sistema», viene voglia di stare negli Usa.
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