L'impegno lavorativo Quante sentenze può scrivere in 12 mesi un magistrato?
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La grana dei carichi esigibili e l’attesa per la prima circolare del Csm
19-10-2023 Paolo Pandolfini — 19.10. 2023 ilriformista.it
L’Anm ha recentemente riscritto in un documento che la natura di limite dei carichi esigibili rimanda all’idea di individuare una soglia di impegno lavorativo oltre la quale si corre il rischio che l’attenzione cali e il lavoro perda di qualità, e che tale soglia non può essere differente da ufficio a ufficio, perché si tratta di un limite intrinseco delle capacità lavorative umane
Quante sentenze può scrivere in un anno un magistrato? Domanda quanto mai pertinente a cui il Consiglio superiore della magistratura si appresta nelle prossime settimane a rispondere con la prima circolare sui carichi “esigibili”. Il tema, va detto, non è nuovo in quanto da anni è oggetto di accese discussioni all’interno della magistratura associata, trovando la condivisione di quasi tutte le correnti dell’Anm. La riforma Cartabia dello scorso anno, a tal proposito, era anche intervenuta modificando la disciplina dei programmi di gestione degli uffici giudiziari, introducendo la nuova figura dei “risultati attesi” che ogni capo dell’ufficio deve fissare annualmente. La recente disciplina distingue, pertanto, i “risultati attesi”, che competono al capo dell’ufficio, dai “carichi esigibili”, che devono essere individuati dal Csm, e che costituiscono un limite al potere del capo dell’ufficio di fissare i risultati attesi.
“La natura di limite dei carichi esigibili rimanda all’idea di individuare una soglia di impegno lavorativo oltre la quale si corre il rischio che l’attenzione cali e il lavoro perda di qualità, a tutela della giurisdizione stessa e degli utenti del servizio giustizia, prima ancora che dei magistrati, e tale soglia non può essere differente da ufficio a ufficio, perché si tratta di un limite intrinseco delle capacità lavorative umane”, ha riscritto recentemente l’Anm in un documento sul punto. Premesso che ogni cittadino che si rivolge ad un Tribunale ha il diritto ad avere una pronuncia in tempi rapidi, completa, e corretta in punto di diritto, è di tutta evidenza che la qualità di una sentenza cambia se il giudice è chiamato a scriverne in un anno cento invece che, ad esempio, mille. Argomento quanto mai attuale in questo momento per la giustizia italiana che vede la necessità di abbattere l’arretrato per poter accedere a tanto agognati fondi del Pnrr.
C’è il rischio, infatti, che qualche magistrato si faccia “prendere la mano” e punti più alla quantità. L’introduzione dei carichi esigibili nazionali per singolo magistrato ordinario si inserisce nel solco di quanto già previsto nella giustizia amministrativa dove da tempo per assicurare che l’efficienza non comprometta la qualità della giurisdizione, che non può essere ridotta a “sentenzificio”, vengono adottati criteri di questo genere. In via teorica il tema dei carichi esigibili è anche condivisibile. Ma è anche importante rapportarsi con le norme processuali.
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Come conciliare, infatti, l’esigenza di qualità delle sentenze con il principio costituzionale della giusta durata del processo? La discussione sui carichi esigibili non può non far tornare in mente cosa accadde nella scorsa legislatura quando l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ipotizzò “un processo completo in quattro anni”, e quindi lo spauracchio di sanzioni disciplinari per le toghe che non avessero rispettato tale cronoprogramma. Se fosse andata all’epoca in porto la proposta dei carichi esigibili, sarebbe stato certamente irrealizzabile il rispetto delle tempistiche volute da Bonafede.
Paolo Pandolfini