Preside barricata a scuola

Preside barricata a scuola "Non la farò occupare da questi figli di papà"

La dirigente si è chiusa dentro respingendo l'assalto degli studenti Ha urlato: "Fascisti". I ragazzi fanno marcia indietro . di Serena Coppetti - Mer, 28/11/2012

La chiamano «preside bionica». Lei sorride. Un po' le piace perché un po' è anche vero. A partire dal cognome: Guerrera che di nome fa Maria Grazia.

Quella «i» che manca in mezzo per trasformarla in «guerriera» ci pensa lei a mettercela ogni qualvolta si presenta l'occasione. E anche lunedì non si è tirata indietro, non ha neppure tentato di farsi scudo con i suoi 65 anni suonati ma ancora una volta ha impedito che il liceo Leonardo, lo scientifico del centro venisse occupato. Un centinaio di ragazzi ha tentato di entrare con la forza a scuola approfittando dell'uscita di alcuni studenti dal Cineforum. Ma la preside supportata da una decina di collaboratori scolastici e qualche insegnante s'è aggrappata al portone e si è barricata dentro l'istituto per respingere l'assalto dei «figli di papà» e «fascisti». Li ha chiamati così quelli che tentavano di entrare a scuola. Gliel'ha urlato in faccia mentre con tutte le sue forze difendeva la «loro» scuola prima di chiamare la Digos e avvisare i genitori via mail. Una parola che non ha buttato là a casaccio, lei ex insegnante di filosofia. E ha colpito nel segno, a quanto pare. Perché ieri, calmate un po' le acque, si è trovata attaccata alla porta della presidenza un foglio strappato da un quadernone a quadretti con sopra una grande scritta «Non siamo fascisti» e intorno tutte le firme. Gli studenti che avevano tentato l'occupazione ieri si sono presentati per ammettere che avevano sbagliato, «offesi» - dice lei - da quell'epiteto. Lo racconta la preside, senza nascondere una certa soddisfazione. Ma non perché ha vinto una sfida. «Perché hanno capito che non aveva senso contrapporsi alla scuola, perché la nostra azione di resistenza, nel vero senso semantico del termine, ha avuto effetto sul piano educativo. È stato anche questo un insegnamento». Ma non abbassa la guardia. Ieri sulla porta della scuola squadrava bene chi entrava e chi usciva perché «gli esterni qui dentro non entrano. Io mi fido dei miei studenti. Ho spiegato loro che se entra qualcuno a cui non interessa la nostra scuola e ci distrugge i laboratori di fisica, di informatica chi li ricompra poi?. E hanno capito». Ieri quindi giornata di assemblee ma niente occupazione. Chi voleva entrare a fare lezione poteva farlo. «La nostra libertà finisce laddove comincia la libertà dell'altro. Noi lunedì invece abbiamo subito violenza. C'è chi si è fatto male tra i collaboratori. Paura? No, non ho avuto paura. Non tollero la violenza. Ho avuto paura che dopo mi venissi un infarto, questo sì... avevo il cuore che batteva a mille». Però in serata era pronta a restare a dormire ancora a scuola se l'assemblea non si fosse sciolta. Come ha fatto due anni fa unendo due poltrone della presidenza perché non si fidava a lasciare l'istituto senza sorveglianza. «Sono un servitore dello Stato. Un preside è chiamato ad essere un rappresentante legale. Sa cosa le dico? Ero rimasta delusa più che altro. Mi ripetevo che forse avevamo sbagliato qualcosa, che siamo stati cattivi maestri. Invece poi i ragazzi sono venuti ad ammettere l'errore...». A darle manforte ieri mattina all'ingresso era tornata anche la polizia. I patti con i ragazzi erano chiari. «Non sarebbe stata tollerata alcuna forma di violenza squadrista - dice - Non devono lasciarsi strumentalizzare, devono pensare con la loro testa. E sempre farsi la domanda “cui prodest?“ a chi giova?»

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