Elezioni vicine, che si fa?
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L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA – UN PAESE SENZA LEADER: DOPO IL
VOTO SICULO, I VARI MONTI, MONTEZEMOLO, PASSERA, RICCARDI INDICANO, SUGGERISCONO, MA SCHIFANO L’IDEA DI FARE POLITICA DAVVERO E ASPETTANO UNA CHIAMATA DOPO IL VOTO - INVECE LA PRINCIPALE PREOCCUPAZIONE DEI PARTITI SEMBRA ESSERE DI EVITARE O RIDIMENSIONARE IL FENOMENO GRILLO - EPPURE L’ORA X DEL VOTO SI AVVICINA…
Barbara Palombelli per "il Foglio"
Tira una brutta aria, dalle parti della politica, dopo il voto siculo. Dove sono i grandi capi, quelli che prendono in mano le situazioni difficili? I leader della società civile - da Mario Monti a Luca di Montezemolo, da Corrado Passera ad Andrea Riccardi, passando per tutte le varie associazioni di categoria - sembrano voler restare ai bordi del campo. Amano suggerire, indicare, proporre e fare passi indietro scandalizzati quando si chiede loro uno scatto. Salvo essere chiamati a salvare la patria dopo il voto.
Senza sporcarsi le mani con etichette, manifesti, comizi e altra robaccia. Niente di strano, il naturale effetto della campagna forsennata contro la Casta. A chi verrebbe in mente di farsi squartare un minuto dopo essersi schierati con Tizio o Caio? Ma i tempi sono strettissimi, non c'è spazio per i tentennamenti e le incertezze.
Il cronometro dell'ingorgo istituzionale corre più veloce che mai. Giorgio Napolitano è stato eletto il 15 maggio del 2006. E l'articolo 85 della Costituzione scrive che un mese prima della scadenza naturale del mandato del capo dello stato tocchi al presidente della Camera convocare il Parlamento e i delegati regionali per il rinnovo della massima carica repubblicana.
Si può derogare e arrivare ai quindici giorni, come prevede il secondo comma. Conoscendo la precisione millimetrica con cui il Colle vorrebbe guidare questa fase finale della legislatura, la data del voto politico - immaginata per il 7-8 aprile prossimi - potrebbe persino essere anticipata al 24 marzo (scartando il 31, Pasqua), domenica delle Palme. In ogni caso, le Camere vanno sciolte 45 giorni prima.
E arriviamo all'ora X: ai primi di febbraio dovranno essere chiari agli italiani gli schieramenti e le forze politiche che si presentano e si sottopongono al loro giudizio. In palio, la gestione di una crisi che dovrà ancora mostrare la sua vera faccia feroce: come negli Stati Uniti, le conseguenze del calo del pil arrivano in ritardo, quando si sono bruciati tutti gli ammortizzatori sociali, i risparmi, le risorse individuali. Febbraio è vicinissimo. Fra ponti e vacanze di Natale, le giornate utili per la raccolta delle firme - indispensabili per presentarsi agli elettori - sono poche, insidiate dal freddo, dalla pioggia e dalla neve.
La paura è che tutta la bella gente che potrebbe dare il suo contributo non trovi un leader, un federatore in grado di riunire le truppe e salvare il paese dalla catastrofe. Fra chi si augura la rottamazione, chi la polverizzazione del Pd, chi la cancellazione del Pdl (i cui candidati, seppur separati, hanno ancora preso il 42 per cento in Sicilia, dunque esiste nonostante tutto), chi l'arrivo dei grilletti-grillini-stellini che un nome dovranno pur trovarlo, non c'è un capo che si dichiari tale.
Non è chiaro neppure con quale legge elettorale andremo a votare: in queste ore, le riunioni sono concitate. Evitare o ridimensionare il fenomeno Grillo sembra essere la principale preoccupazione dei partiti tradizionali, ma non si trova un'alchimia tecnica con cui evitare il rischio di un trionfo pari a quello siciliano. Sì, tira un'arietta pessima nella capitale. 31,10