DOPO DRAGHI, GLI SCIACALLI
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IL PREMIO NOBEL KRUGMAN STRIGLIA IL RIGORISMO TEDESCO-OLANDESE: “OGGI
L’EURO È DI NUOVO A RISCHIO PERCHÉ SI STA CHIEDENDO A SPAGNA E GRECIA SOFFERENZE INUTILI. SERVONO AIUTI E FLESSIBILITÀ SOPRATTUTTO DA PARTE DELLA GERMANIA PERCHÉ IL RISCHIO È CHE LE MISURE PRESE FALLISCANO. E BERLINO DA UN EVENTUALE COLLASSO DELL’EURO HA SOLO DA PERDERE”… Qui sotto l’Intervista
D. Fuori dalla crisi? «Nel 2015, forse. Ma prima per l'Europa saranno tre anni d'inferno». Secondo il premio Nobel 2008 per l'Economia Paul Krugman - a Milano per un convegno sulle prospettive dei mercati organizzato da Kairos - l'allarme sull'euro e la sua disgregazione si è riacceso: «Un paio di settimane fa la davo al 25%, oggi sono tornato vicino al 50%, direi al 40%».
D. Spread in risalita, borse in picchiata: stiamo ripiombando nel vortice?
«Possibile. L'ottimismo delle scorse settimane era basato sull'intervento del presidente della Bce, Mario Draghi, teso a guadagnare tempo affinché le misure per ottenere i necessari correttivi su prezzi e salari nei paesi periferici si attuassero. Ma questo funziona se le misure danno risultati economici positivi e creano consenso politico sul futuro».
D. Siamo condannati all'incertezza?
«Molto di quanto sta accadendo ora dipende dal fatto che si sta chiedendo a paesi come Spagna e Grecia di aumentare ancora di più le misure in termini di austerity».
D. Ed è sbagliato, professore?
«Ci si dovrebbe porre la domanda sul perché si fanno tali richieste, quando non renderebbero il debito più sostenibile: non cambia nulla abbassando il deficit spagnolo dal 5 al 4%».
D. Hanno ragione a protestare?
«Certo. Gli spagnoli in questo momento hanno bisogno di avere segnali di speranza, di miglioramento. Invece subiscono sofferenze inutili».
D. In più Germania, Finlandia e Olanda hanno frenato sui finanziamenti alle banche spagnole. Cosa ne pensa? «Con la Bce in campo per tenere a bada i rendimenti dei paesi periferici, molti ritengono che questi ultimi siano meno inclini a proseguire nelle misure per ridurre il debito».
D. Invece?
«La cosa incredibile è che accade il contrario, sono i paesi creditori che cercano di uscire da accordi già presi. Questo però ripropone la crisi. Servono aiuti e flessibilità soprattutto da parte della Germania, perché tutto funzioni, il rischio è che le misure prese falliscano. E la Germania da un eventuale collasso dell'euro ha solo da perdere.
D. Che cosa si dovrebbe fare invece per sconfiggere, insieme, crisi del debito e recessione?
«Avere una politica della Bce più aggressiva, che all'acquisto di bond sovrani per stabilizzare i tassi unisca anche immissione di liquidità per sostenere l'Eurozona con un'inflazione leggermente più alta, creando le condizioni per la crescita».
D. Il premier Monti dice di vedere la luce in fondo al tunnel. Concorda?
«Stando ai numeri, l'Italia è messa meglio di altri Paesi. Ha il fardello del debito, ma un deficit contenuto, le misure prese sembrano funzionare meglio che altrove. Monti non ha fatto un cattivo lavoro. Se fossi stato io il primo ministro in Italia o in Portogallo, Spagna, Grecia, avrei fatto più o meno le stesse cose, ma all'Ue avrei detto una cosa».
D. Che cosa?
«Che la pressione può arrivare fino a un certo punto. Poi scattano le dimissioni e un rischio: quello di doversi confrontare con un nuovo governo, probabilmente di populisti radicali».
D. Un rischio che vede incombere sull'Europa «In alcuni casi, come in Grecia, rischia di riproporsi uno scenario Anni 30: a persone rispettabili che portano avanti politiche fallimentari potrebbero succedere persone meno rispettabili. Le strutture dell'Europa democratica, a quel punto, potrebbero crollare».
D. L'Italia avrà bisogno degli aiuti Bce?
«E' al limite, ma potrebbe non dovervi ricorrere. E se pure dovesse, quale potrebbe essere la contropartita degli aiuti? Richiedere maggior rigore sarebbe un errore. E allora quale sarebbe il prezzo?».
Francesco Spini per "La Stampa" 27.9.2012