Perché i giovani italiani faticano a trovare lavoro
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nel digital. Il numero di posti di lavoro nel settore digitale in Italia cresce tra il 20 e il 27 per cento a seconda delle figure lavorative, ma in Italia il 15 per cento dei nuovi posti di lavoro va a lavoratori stranieri. Ecco i motivi
di Redazione | 18 Febbraio 2015 ore 14:05 Foglio
Il numero di posti di lavoro nel settore digitale in Italia continua a crescere. Nell'ultimo anno, secondo uno studio realizzato dalla Micheal Page - una società che si occupa di ricerca e selezione di personale specializzato -, il trend occupazionale del settore ha registrato una crescita tra il 20 e il 27 per cento a seconda delle figure lavorative, segnando una media totale positiva del 23 per cento rispetto al 2013, anno nel quale gli occupati in questo settore erano circa 100 mila. La figura lavorativa maggiormente richiesta è stata quella del "programmating buying manager", con un incremento del 30 per cento rispetto all'anno precedente. Aumentano anche gli stipendi per chi lavora nel settore, tanto che la media delle buste paga è aumentata di circa il 3 per cento e prevede una retribuzione che può variare da circa 40 mila euro lordi annui a circa 100 mila.
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Con la crescente digitalizzazione delle attività aziendali e l'innovazione tecnologica, il comparto è destinato a incrementare ancora in futuro, come attestato anche dal rapporto dell'European Skills, Competencies, Occupation Taxonomy (Esco), portale della Comunità europea dedicato alla classificazione delle competenze, delle qualifiche e delle professioni. Qualifiche come l'e-commerce manager, il responsabile del canale di vendita online, il web marketing manager, il responsabile dello sviluppo delle strategie di marketing sui nuovi media, o lo chifel technology officer (Cto), un manager esperto di tecnologie che sa identificarne le possibili applicazioni nei prodotti aziendali, sono figure lavorative sempre più richieste dalle aziende. E nel 2015 il settore digitale dovrebbe crescere dal 32 al 40 per cento in tutta l'Unione europea e percentuali simili - dal 33 al 38 per cento - dovrebbero esserci anche nel mercato del lavoro italiano.
Se le prospettive sono buone, non tutti questi posti di lavoro verranno però occupati da cittadini italiani, così come è già successo nel 2014. Lo scorso anno, infatti, nel 15 per cento dei casi le aziende hanno assunto lavoratori stranieri, oppure hanno dovuto dislocare all'estero le funzioni più innovative. Il motivo? In Italia mancano le figure lavorative richieste. Il rapporto Esco sottolinea che nelle nostre università il livello di alfabetizzazione informatica è tra i più bassi in Europa e che i nostri giovani si affacciano al mondo del lavoro con una conoscenza del mondo digitale nettamente inferiore rispetto agli standard europei: se infatti due ragazzi su tre (circa il 64 per cento) dei laureati del nord Europa hanno basi di Seo - search engine optimization, ossia tutte quelle attività finalizzate ad ottenere un migliore posizionamento - Sem - search engine marketing, il ramo del web marketing che si applica ai motori di ricerca - e programmazione, in Italia solo il 34 per cento dei laureati in materie scientifiche sa come districarsi in queste attività. Non il miglior biglietto da visita in un mercato del lavoro sempre più digitalizzato come quello europeo.