Lettere al Direttore Il Foglio 17.2.2015
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Landini, Marchionne, la Lega e la fine degli squarciagolisti
1-Al direttore - Allo sciopero contro gli straordinari di sabato scorso, proclamato dalla Fiom di Pomigliano, hanno aderito cinque lavoratori. In nove stabilimenti Fca si sono rinnovate le rappresentanze sindacali aziendali. Su 15 mila lavoratori aventi diritto, 13.500 (l’86 per cento) hanno votato per i sindacati firmatari del sistema di relazioni industriali voluto da Sergio Marchionne. Non avendolo sottoscritto, i metalmeccanici della Cgil eleggeranno successivamente i propri rappresentanti. Bene, ammettiamo pure che tutti i lavoratori che non hanno votato siano simpatizzanti o tesserati della Fiom di Maurizio Landini: con il suo 14 per cento, quest’ultima costituirebbe l’organizzazione sindacale di gran lunga minoritaria all’interno del gruppo. Questi sono i dati. Nel frattempo, Landini (Susanna Camusso, ormai, è diventata soltanto una sua sbiadita controfigura) resta uno dei personaggi più coccolati dal circo mediatico e dai vari Vendola, Civati e Fassina. Caro Cerasa, a rischio di sembrare un anziano brontolone, mi permette di avere un po’ di nostalgia per Luciano Lama e Bruno Trentin?
Michele Magno
Dicesi populismo, caro Magno. Urlare stanca. Credo stia finendo l’epoca degli squarciagolisti e delle bolle mediatiche cresciute nei salotti tv. Di Marchionne e compagnia ne parleremo nei prossimi giorni sul Foglio, raccontando una storia da leccarsi i baffi.
2-Al direttore - Affido al Foglio due o tre pensierini sul futuro di Forza Italia partito che ho concorso a rifondare a mia insaputa. Primo: bisogna prendere atto che la rifondazione di Forza Italia è fallita. L’originale nel ‘94 riunì gli anticomunisti, offrendo una vettura sostitutiva agli elettori del pentapartito. La Forza Italia del 2014 ha perso tutti gli alleati e ha subito due scissioni, la prima filogovernativa chez Alfano, la seconda antigovernativa chez Fitto. Secondo pensierino: basta col complesso dei due Matteo. Non è sbagliato cercare l’alleanza con Salvini così come non era sbagliato riformare la Costituzione con Renzi. Il nostro problema non è se ci alleiamo con la Lega o se Renzi ci frega sul Quirinale. Il nostro problema è chi siamo e chi rappresentiamo. Se siamo o no i cugini italiani del Ppe, se casa nostra è ancora o no l’indirizzo dei cattolici liberali, dei riformisti, di quella mezza Italia che non è nè di destra nè di sinistra ed è maggioranza dal ‘48. Consiglio a Berlusconi di fregarsene della bega di partito, di Renzi e delle sue riformicchie, di Salvini e delle sue ospitate televisive. Lui ha bisogno di un partito e il pollaio forzista non glielo dà. Mi pesa dirlo perchè io sono parte del pollaio, ma forse la ditta va data in gestione esterna. Silvio chiami Casini al Quirinale di Arcore e gli dia un mandato esplorativo pieno per ricostruire un partito Popolare concorrenziale con Renzi, di qui a tre anni. Se Casini torna con Alfano, Fitto, Cesa e tutti noi nel canestro il federatore si sarà fatto perdonare lo strappo del 2008 e Silvio sarà di nuovo centrale. Dopodichè potrà sfidare Renzi a completare le riforme o andare al voto. Ma la priorità è riavere un popolo compatto alle spalle nel Parlamento e, soprattutto, nel paese.
Gianfranco Rotondi
Sono dell’idea che l’identità futura del centrodestra non si costruisca con le alleanze ma si costruisca andando a pescare fuori dal pollaio. Con idee nuove (più Cameron, più Rajoy, più Merkel, più Jeb Bush, più Scott Walker, più Paul Ryan, più Marco Rubio) con un nuovo rullino (nuovi ragazzi, please), possibilmente con meno bega nord e ricordandosi che la Lega sta a Forza Italia come la sinistra alla Tsipras oggi sta al Pd.
3-Al direttore - Ho letto con attenzione il suo editoriale del 16 febbraio sul Foglio e sono d’accordo sul “cambiare il rullino” più che gli alleati. Aggiungo però che sarebbe ora che i moderati e Berlusconi stesso iniziassero a lavorare sulle benedette primarie perché prima o poi bisognerà ben scegliere un erede che sia accompagnato e istruito dal Cav., ma che poi spicchi il volo, con le sue ali. Il problema per il centrodestra è che altri Royal baby, in giro, non se ne scorgono.
Roberto Carletti