Che succede se si vota. La tattica di Berlusconi
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e quella di Renzi. E se cade tutto e si va alle elezioni chi ci guadagna e chi ci perde? No alternative al Nazareno di governo. Documento segreto del Pd scovato dal Foglio spiega tutto
di Claudio Cerasa | 11 Febbraio 2015 ore 06:27
Roma. Prima la cornice, poi la notizia. Della tattica di Silvio Berlusconi abbiamo già scritto ieri e oggi la ripetiamo volentieri. Il piano è semplice: far mancare a Renzi i voti utili per approvare le riforme istituzionali, che sono poi il cuore del progetto renziano, e costringere così Renzi, per forza di cose, ad andare al voto in primavera con una legge elettorale come quella attuale, ultra proporzionale, che garantirebbe a Forza Italia una centralità matematica anche nel prossimo Parlamento. Della tattica di Renzi è invece più complicato parlare perché il presidente del Consiglio un po’ oscilla e un po’ bluffa. Bluffa perché, sotto sotto, sa che con una truppa di simpatici Scilipoti con l’accento toscano si può vivacchiare ma non certo governare e per questo si augura che Forza Italia torni presto nel recinto del patto del Nazareno. Oscilla perché, dall’altra parte, sa che oggi nulla è scontato e in mancanza di un appoggio solido per fare le riforme la strada delle elezioni anticipate potrebbe essere qualcosa in più che una semplice provocazione politica per tenere a bada il Parlamento. E dunque, in questo momento, il punto centrale è questo: quanto sono possibili e probabili le elezioni anticipate? E soprattutto: davvero Renzi considera la finestra primaverile come una data utile per andare a votare?
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Il segretario ci pensa e ci ripensa, e a Palazzo Chigi qualcuno giura che ci spera, ma la verità è che non ha ancora scelto cosa fare e proverà a tenersi fino all’ultimo tutte le strade aperte. Questa è la posizione di Renzi che non coincide però con la posizione e la valutazione fatta da alcuni importanti esponenti della minoranza del Pd, che pochi giorni prima dell’elezione del presidente della Repubblica hanno commissionato ad alcuni tecnici del proprio partito uno studio per simulare cosa potrebbe accadere nel caso di voto anticipato con l’attuale legge elettorale.
Il Foglio è entrato in possesso di questo documento e i risultati sono significativi, e ci danno la possibilità di inquadrare meglio lo scenario. Il documento elabora due sondaggi diversi pubblicati a metà gennaio.
Il primo sondaggio è del 13 gennaio, è Ipsos e offre un quadro di questo tipo. Camera: centrodestra 36,3 per cento; centrosinistra 35,8 per cento; Movimento 5 stelle 20,6 per cento; Sel più altri partiti di sinistra 6 per cento. Senato: centrosinistra 35,8 per cento; centrodestra 36,3 per cento; Movimento 5 stelle 20,6 per cento; Sel più altri partiti di sinistra 6 per cento. Il secondo sondaggio è del 16 gennaio, è Ixè, e offre un quadro diverso. Camera: centrosinistra 38,3 per cento; centrodestra 33,1 per cento; Movimento 5 stelle 20,6 per cento; Sel più altri partiti di sinistra 5,3 per cento. Senato: centrosinistra 38,2 per cento; centrodestra 33,1 per cento; Movimento 5 stelle 18,9 per cento; Sel più altri partiti di sinistra 5,3 per cento. Questo per quanto riguarda i sondaggi. Il tutto tradotto in seggi offre un quadro chiaro. Un quadro in cui, se si dovesse andare a votare, il Pd, per fare un governo, dovrebbe farlo necessariamente con Forza Italia.
Prendiamo la seconda simulazione, quella più vicina all’elezione del presidente della Repubblica, quella che dà un vantaggio del centrosinistra rispetto al centrodestra importante anche se non particolarmente consistente. Il sistema elettorale attuale, il Consultellum, è un sistema proporzionale, senza premio di maggioranza, con preferenza unica, sbarramento al Senato dell’otto per cento per i partiti non coalizzati e del 3 per cento per partiti coalizzati e alla Camera del 4 per cento per liste non coalizzate e 10 per cento per coalizioni. Se si andasse a votare oggi con i numeri offerti dal sondaggio Ixè la situazione sarebbe questa. Alla Camera, Pd e Scelta civica avrebbero il 37,9 per cento, pari a 246 seggi. Svp, alleato del Pd, avrebbe lo 0,4 per cento, pari a 3 seggi. Ncd e Udc, insieme, il 3,7, dunque 24 seggi. Forza Italia 13,3 per cento, ovvero 85 seggi. Fratelli d’Italia 2,9 per cento, ovvero 19 seggi. Lega nord 13,2 per cento, ovvero 86 seggi. Cinque stelle, 18,9, ovvero 120 seggi. Sel più altri partiti di sinistra 5,3, 34 seggi. Totale seggi del centrosinistra (escluso Sel): 249. Totale seggi del centrodestra: 214. Totale seggi del 5 stelle: 120. I calcoli sono elementari. I seggi alla Camera sono 618. Per avere la maggioranza servono 309 deputati. A Renzi servirebbero dunque 60 deputati per poter fare un governo. E gli unici che avrebbero più di 60 seggi chi sono? Forza Italia, Lega e Movimento 5 stelle. Stesse proporzioni al Senato. Al Pd con Scelta civica andrebbero 134 senatori. Svp 5. Ncd e Udc 7. Forza Italia 54. Fratelli d’Italia 6. Lega 40. Movimento 5 stelle 64. Sel 4. Totali seggi a disposizione del centrosinistra: 139. Maggioranza a 158. Senatori che mancano al centrosinistra: 19. Nelle tabelle che pubblichiamo qui e che trovate oggi sul sito del Foglio capirete anche da dove arrivano questi numeri, quanti deputati e senatori ci sarebbero per ogni regione, ma il dato politico importante è uno ed è molto semplice. Renzi, andando a votare, potrebbe naturalmente avere a disposizione un Parlamento fatto più a sua immagine e somiglianza e potrebbe sfruttare le difficoltà in cui si trovano gli avversari anche per provare a fare cappotto. Non dovesse riuscire, però, e scartando l’idea che Renzi possa fare un governo con Grillo, al Pd resterebbe un’opzione: governare con Forza Italia. Ovvero, rinnovare, in modo permanente, esplicito, il patto del Nazareno. Nel Pd se ne parla. In Forza Italia pure. E chissà che il destino di Renzi e Berlusconi non sia quello di litigare oggi per riabbracciarsi domani.