La pancia e la testa di Berlusconi

Tensioni, passioni e Renzi. Le due strade del Cav. (con soluzione)

di Claudio Cerasa | 06 Febbraio 2015 ore 20:11 Foglio

Patto o non patto. Renzi o non Renzi. E poi: fuori dal perimetro o dentro il perimetro? E ancora: meglio il Matteo di Firenze o quello di Milano? Per Silvio Berlusconi quelli passati non sono stati giorni semplici e probabilmente non lo saranno nemmeno i prossimi. Per qualche settimana dovrà trattenersi dal parlare in modo aperto (a Milano, si sa, i magistrati sono un po’ permalosi), l’otto marzo finirà il periodo di affidamento ai servizi sociali (45 giorni di sconto per buona condotta) ma dopo nemmeno due giorni dovrà presentarsi in Cassazione (il 10 marzo) per l’udienza del processo Ruby (condanna in primo grado a sette anni, assoluzione in appello, prove solide come la difesa dell’Inter ma molte appassionanti disquisizioni sulle furbizie orientali) e in mezzo a questo vortice di passione e di tensione dovrà capire cosa fare, che direzione prendere, come resistere, ed esistere, di fronte allo tsunami renziano, e come riuscire a costruire, con il presidente del Consiglio, un rapporto non certo paritario ma comunque non subordinato.

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Di Renzi, dopo il caso Mattarella, Berlusconi non si fida più come qualche mese fa, intravede nel presidente del Consiglio un tratto persino – e lo diciamo con un sorriso – eccessivamente autoritario ma di lui continua comunque ad avere stima, anche se in una cornice diversa. Una cornice in cui conta, sì, ciò che può essere utile fare per regalare al paese un nuovo assetto istituzionale ma in cui conta anche la dimensione futura che dovrà avere Forza Italia. Già, che direzione prendere? La pancia del partito, quella forse più irrazionale e impulsiva di cui il Cav. diffida ma che comunque deve considerare, suggerisce a Berlusconi una strada semplice: fuck Renzi, basta Nazareno, stop con questa alleanza pazza, andiamo in piazza, facciamo opposizione in modo tosto e smettiamola di regalare il terreno del dissenso a Renzi a Salvini e a Grillo, che di questo passo finiranno per asfaltarci. La testa del partito, invece, quella forse meno umorale ma che osserva la politica pensando al domani e non facendosi influenzare dai numeri dei sondaggi, suggerisce a Berlusconi un atteggiamento diverso, che tenga ben presente ovviamente lo sgarbo renziano ma che sia capace di costruire un percorso in cui l’obiettivo non deve essere quello di scendere sul terreno della Lega e di Grillo ma quello di accettare la sfida di Renzi e non regalargli il campo da gioco.

Ragionamento: ma in un futuro prossimo venturo, gli elettori di Forza Italia, quelli da conquistare, da sedurre, da rimotivare, saranno più quelli che urlano o più quelli che ragionano senza paraocchi ideologici? Berlusconi oscilla, riflette e ci ripensa, ragiona e discute, sa che il patto non sarà più come un tempo ma sa anche che il destino del suo partito non è lasciare il proprio blocco elettorale in balìa di un Fitto intercostale, ma è quello di non regalare a Renzi un pezzo importante di quell’Italia che oggi osserva il presidente del Consiglio con amore, ok, ma che un domani, magari quando finirà la droga composta da quella incredibile miscela formata da dollaro basso, euro basso, tassi di interesse bassi e stimoli di Draghi, potrebbe guardarsi altrove – e sarebbe un peccato se, guardandosi altrove, trovasse solo partiti che ragionano inutilmente più con la pancia che con la testa, e che spesso sono capaci di comunicare solo a colpi di ruttini. Poi, se la Corte europea non farà il miracolo, ci sarà anche il problema di trovare un erede. Ma paradossalmente questo problema viene dopo, e non prima di aver scelto da che parte stare. Pancia o cervello?

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