Il centro senza agibilità politica
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Leccarsi le ferite, va bene. Ma il problema dei centristi è dove andare
di Redazione | 04 Febbraio 2015 ore 06:27 Foglio
Ha tormentato a lungo, il tema dell’agibilità politica. Concetto bastardo imposto dalla pratica debordante della magistratura e da quella vendicativa di una politica stretta di vedute. Ora che il protagonista di quella battaglia per l’agibilità sta per riconquistarne almeno un pezzo, mercé il fine pena 8 marzo, non c’è chi non veda che il vero, nuovo, protagonista di una mancata agibilità politica è cambiato: è il centro. Nelle sue varie forme e declinazioni: gli Ncd di Alfano che rotolano sparpagliati come biglie cadute dal sacchetto, gli Udc che non si sa più da quale granaio di voti possano attingere, quel che resta dei tecnocrati. E pure il nuovo che vorrebbe avanzare, Corrado Passera.
In questo momento non si sa quale spazio politico possa avere un progetto mediano, stretto tra un Pd a vocazione nazionale, cioè trasversale agli schieramenti, Forza Italia che, per quanto fluttuante sul futuro, conserva una massa gravitazionale maggiore dei suoi satelliti e la Lega che punta a guadagnare “il secondo cerchio”. Il problema non è solo leccarsi le ferite, o di non essere tappetini. Il ministro Maurizio Lupi, che ieri sedeva non nei banchi dei ministri ma in quelli del partito, più che indipendenza trasmetteva un’immagine di indecisione. Maurizio Sacconi, sincero riformista, vede difficoltà nel proseguimento di una seria agenda delle riforme renziane. Non è detto che abbia ragione, potrebbe non avere torto. Ma togliersi (eventualmente) dal governo non conferirà ai centristi un’arma politica per crescere e differenziarsi. Qual è oggi l’agenda possibile e il campo d’azione dei moderati? Un tempo erano famiglia, fisco e lavoro. Cose che oggi appartengono ad altri.