E’ tornata la sinistra sexy, ne vedremo delle belle

Grecia e Italia. Martedì Matteo Renzi, che è un perfetto incrocio italiano e fiorentino tra la supercazzola mediterranea e la responsabilità europea , vede il superiore di Varoufakis

di Giuliano Ferrara | 01 Febbraio 2015 ore 06:18

E’ tornata la sinistra sexy. Sono tornate l’impunità, le facce da schiaffi, l’etica della convinzione & della convenienza (fa’ ciò che devi, o che ti si adatta, e al diavolo le conseguenze). Yannis Varoufakis (n. 1962), il ministro greco delle Finanze, forse l’uomo più indebitato del mondo, ha rispedito a casa il dimesso e secchione capo dell’eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem (n. 1966), creditore olandese dal tratto funzionariale, e lo ha fatto con un rocky start, a favore di telecamera, appena sceso da una motocicletta, con un ghigno da teppista hollywoodiano, uno che si sa bello e invincibile nelle risse di quartiere. Il Gerolamo di Amsterdam (Jeroen, Hieronymus) ha reagito allo sfratto della Troika con la misura educata e timida del civilizzato nordico, il Giannettino di Atene lo ha congedato spensierato e cinico, soddisfatto per l’effetto che fa. Una scena narrativamente stupenda, che dice dell’euro e della geopolitica europea più di qualsiasi report o memorandum.

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Varoufakis ha deciso di tenersi il suo blog di pensieri sull’Europa dopo la crisi del 2008. Gli hanno consigliato di non farlo, un ministro delle Finanze ha a che fare con la psicologia della Borsa, deve stare attento alla comunicazione, non può essere troppo outspoken, non può canticchiare le sue idee sotto la doccia. Ma lui no, tenace, ha rifiutato. E il blog è lo specchio dei suoi vagabondaggi colti, delle sue provocazioni, della sua propensione, anche un po’ losca, torbida, a scherzare col fuoco, a fare leva giocosamente sulla depressione psichica della Grecia che si abbatte sotto la scure dei suoi mali cronici e della cura da cavallo inflittale dagli eurocrati: la tenera afflizione, la despondency, può perforare – ha scritto – la corazza degli austeromani. E la Germania è fissata con la colpa perché ha elaborato una nota colpa collettiva del Novecento. Un modo come si vede piuttosto sbarazzino e spregiudicato, ma non privo di fascino, di trattare l’antropologia nazionale, il compianto tragico di casa, e incrociarla con il tratto in apparenza possente, ma fragile, dei ricconi del nord immersi nel loro mugugno. Ieri l’eroe barbuto e macho della scena mondiale era Fidel Castro, in zona caraibica, ora è il tipo ideale dell’uomo forte e ribaldo di Tsipras, area mediterranea. Ne vedremo delle belle, e forse arriveremo alle brutte.

Dietro tanta baldanza – l’idea che i greci in fondo non abbiano tutto questo bisogno dei versamenti in conto credito che servono a pagare il funzionamento pletorico e corrotto della loro economia, e dunque si possano permettere un inizio da schiaffi – ci dev’essere qualcosa, una carta coperta. Sì, gli tsiprioti sono legati alla promessa che li ha messi al potere, possono vacillare e cercare un compromesso ma fino a un certo punto. Sono convinti che i tedeschi, come dice Mario Monti, ragioneranno, anche se non lo dicono, nel loro “illuminato interesse” (self enlightened interest) e dunque non forzeranno il Grexit, la complicatissima ipotesi dell’uscita dall’euro delle banche di Atene e Salonicco. Ma è chiaro che la talpa della sinistra euromediterranea, in un paese che vanta tradizioni democratiche ostili alla Nato e geopoliticamente ribelli fin dai tempi di Andreas Papandreou, scava un tunnel in direzione di Putin, e guarda forse alla Cina. Anche il pidocchietto di un’economia irrilevante, se si metta tra i riccioli ingarbugliati dell’Europa di Dijsselbloem e della Mutti, un certo fastidio lo può dare. In specie adesso. Con il dossier ucraino bello squadernato, il secondo mandato di Barack Obama avviato verso la compiuta realizzazione del nulla che sappiamo, il medio oriente perfettamente infettato da Siria, Califfato e Libia.

Martedì Matteo Renzi, che è un perfetto incrocio italiano e fiorentino tra la supercazzola mediterranea e la responsabilità europea, vede il superiore di Varoufakis, posto che un bullo di quella fatta possa avere un vero superiore, e dovrà tenerne conto: fare buon uso della crisi greca in Europa è possibile, ma stando ai primi passi del ballo, sarà una danza spericolata.

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