F35: la “battaglia” per la FACO
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I primi di gennaio ha preso avvio sulla base sperimentale di Edwards (California) dell’US Air Force la fase Operational Test and Evaluation (OT&E) del programma Lockheed Martin F-35
di Silvio Lora Lamia 29 gennaio 2015, pubblicato in Analisi Industria Analisi Italia
Durerà cinque anni, dovrà stabilire se il nuovo aereo da attacco americano è in grado di mantenere le promesse, e servirà per svilupparne le procedure operative e di addestramento più idonee.
Intanto l’ultimo rapporto dei valutatori del Dipartimento della Difesa, reso pubblico una settimana fa e riferito alle attività sperimentali del programma nell’anno fiscale 2014 (ottobre 2013-settembre 2014), pur riconoscendo gli importanti progressi conseguiti mette l’accento su varie problematiche sorte riguardo l’efficienza e la manutenzione.
Soprattutto sui ritardi del software e sui loro effetti a catena sull’intero svolgersi del programma, che potrà imboccare la strada dei più convenienti contratti d’acquisto cosiddetti “multiyear” – previsti a partire dal 2019 – solo dopo che la release definitiva ai fini della “capacità operativa finale”, la 3F, avrà concluso con successo la fase sperimentale.
Questo però dipenderà dalla completa affidabilità delle due release precedenti, la 3I ma soprattutto la 2B, sulla soluzione dei cui problemi ora l’Ufficio di programma sta concentrando tutti i suoi sforzi, al prezzo di un ritardo di altri test.
La disponibilità completa della release 2B del software, in particolare, condizionerà lo svolgersi della fase di valutazione operativa appena iniziata, che sarà divisa in due periodi, il primo da quest’anno fino alla fine del 2016 e il secondo dal 2017 al 2018, con una “coda” nel 2019 per la finalizzazione dei relativi report. Vi prenderanno parte solo tre dei 9 partner del programma, e cioè Stati Uniti, Gran Bretagna e Olanda, i soli a essersi preventivamente dotati di esemplari dell’F-35 da impiegare allo scopo.
L’Aeronautica Militare italiana a suo tempo vi rinunciò, mentre risulta che Israele, semplice (si fa per dire) acquirente del JSF, seguirà i test dietro le quinte. Si tratta di una fase cruciale del programma, che almeno in via teorica costituisce il presupposto per l’acquisto, o meno, del velivolo di Lockheed Martin. In realtà essa non risulta affatto vincolante, visto che l’F-35 è già stato ordinato in oltre 150 esemplari.
L’Olanda prenderà parte al programma OT&E avvalendosi dei due esemplari sperimentali della versione a decollo convenzionale acquistati nel 2009 e nel 2011, rimasti “dormienti” per un po’ ma ora ricompresi nella flotta di 23 Joint Strike Fighter delle tre versioni che serviranno per i test di valutazione.
Il governo di Amsterdam non attenderà il 2019 per ordinare i rimanenti 35 esemplari dei 37 che ha intenzione di comperare (dovevano essere 85). A metà dicembre ha infatti deciso di dotare la propria Royal Netherlands Air Force di una prima tranche di 8 aeroplani questa volta pienamente operativi, con contratti d’acquisito da firmarsi il prossimo aprile.
“Analisi Difesa” ha chiesto al ministero della Difesa olandese se, in ottemperanza ai vari accordi presi con quello italiano (l’ultimo non molti mesi fa), questi primi F-35 verranno assemblati dall’Italia nella FACO di Cameri.
Il 22 gennaio è arrivata la risposta: “Una decisione su dove i nostri caccia saranno costruiti non è ancora stata presa. Attualmente i ministeri della Difesa olandese e italiano”, prosegue la nota indirizzataci dal Ministerie van Defensie, “stanno lavorando alla fase finale di un agreement che chiarirà i loro futuri accordi bilaterali per la produzione e il sostegno logistico stabiliti nel Memorandum of Understatement firmato nel 2006”.
Dunque al momento non è ancora sicuro che questi F-35 vengano costruiti nel nostro Paese, come è sempre stato detto, né tantomeno – almeno secondo fonti di stampa inglese –, che tutta la (rimanente) commessa olandese venga assegnata alla FACO italiana.
La nostra Difesa si dice però ottimista al riguardo, confermando che sono in corso trattative col governo olandese per aggiornare le intese bilaterali dopo la perdita da parte di quell’industria del business della manutenzione dell’intero parco-motori degli F-35 europei, assegnato invece dal Pentagono alla Turchia e solo in subordine e/o in un secondo tempo a Olanda e Norvegia.
Gli accordi con l’Italia prevedevano infatti la disponibilità della nostra FACO ad assemblare gli F-35 per la RNLAF in cambio di una olandese ad effettuare nei Paesi Bassi la manutenzione dei motori dei nostri aerei. Alla luce delle ultime dinamiche internazionali del programma orchestrate da Washington, quegli accordi sono ora sbilanciati a favore del nostro Paese.
Da qui la necessità di rivederli, sperando di ottenere dal Pentagono il via libera all’invio in Olanda anziché in Turchia dei motori degli F-35 tricolori, conditio sine qua non, par di capire, per montare qui gli aerei del Paese dei tulipani.
Il ministero della Difesa fa sapere che comunque, Olanda o meno, gli sforzi per acquisire nuovo lavoro a Cameri non cessano, anzi si moltiplicano. Alenia Aermacchi ha in lavorazione da due anni i 6 F-35A fin qui ordinati dall’Aeronautica Militare. A Cameri la forza lavoro è salita a 600 addetti, con i primi due esemplari praticamente ultimati, gli altri quattro in vari stadi di assemblaggio, e la prima ala completa pronta per la consegna.
Le maestranze, quelle più giovani (provenienti dai nuovi Istituti Tecnici Superiori) come quelle più anziane, lavorano con grande entusiasmo. Anche l’efficienza produttiva, fa sapere sempre la Difesa, è migliorata significativamente, persino più rapidamente – facendo le debite proporzioni coi volumi in gioco – di quanto gli stabilimenti di Fort Wort non siano riusciti a fare, portando a preziosi risultati in quanto a learning curve; circostanza sulla quale peraltro Alenia Aermacchi non vuole sbilanciatsi.
Fra marzo e aprile ci sarà il roll-out del primo F-35A con le coccarde italiane, che si conta di poter trasferire sulla base addestrativa americana di Eglin, in Florida, con ai comandi il primo pilota dell’AM abilitato sul nuovo caccia.
Nel frattempo però i ratei di produzione nella linea di assemblaggio piemontese sono e resteranno per un po’ bassissimi, se il Governo non deciderà ordini più sostanziosi del nuovo caccia, rimandando magari alla fine del procurement, cioè intorno al 2020, i risparmi di spesa votati a settembre dal Parlamento. Finendo però anche, pur di dare ossigeno all’industria, per acquistare a più caro prezzo molti più aerei ancora relativamente “immaturi”. Un’equazione difficile da risolvere, volendo salvaguardare interessi assai poco conciliabili.
La fornitura alla Royal Netherlands Air Force, indipendentemente da chi verrà assicurata, richiede tempi lunghi. I primi cinque esemplari raggiungeranno la prima delle due basi della RNLAF che schiereranno i JSF (Leeuwarden, sede del 322° Squadron) tra il 2019 e il 2022, e i restanti tre entro la fine del 2023.
Questo significa che se l’assemblaggio di questi aerei fosse assegnato agli impianti italiani, e calcolandone in almeno sei anni il ciclo completo di produzione, si otterrebbe un rateo annuo per la produzione olandese di circa 1,3 aerei all’anno, con un rateo mensile di undici centesimi di aereo.
Sommando a questa la produzione destinata alle nostre Aeronautica e Marina, ferma al momento o sole otto unità, quella che si ottiene, proiettandola almeno fino a tutto il 2018, è ancora e sempre una capacità drammaticamente ridotta rispetto a quella a regime di 24 aerei completi all’anno.
Non dimenticando poi che una “capability” ben più consistente è richiesta dal Pentagono per confermare Cameri come base stabile della manutenzione, revisione e aggiornamento delle flotte europee di F-35.