Il Quirinale: indagine sulle trattative
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L'elezione alla presidenza della Repubblica e le richieste di Alfano, Berlusconi e Renzi per il dopo Napolitano
di Redazione | 26 Gennaio 2015 ore 17:54 Foglio
Uno per tutti. Nella partita per il Quirinale, che è arrivata alle battute finali, ogni leader rischia e ogni leader spera di chiudere con quel match tanti altri fronti che con il Colle in senso stretto hanno poco a che fare. Insomma, ognuno vuole qualcosa, ognuno punta a un proprio obiettivo che va oltre la presidenza della Repubblica.
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Quello che vuole il premier. Matteo Renzi ha innanzitutto ben chiaro in testa ciò che non vuole: “Farmi fregare e intestarmi una sconfitta”. Non solo: il presidente del Consiglio non vuole nemmeno un presidente che brighi con i suoi nemici, “uno che se c’è una situazione politica complicata tenta di mettermi in difficoltà”. Per questo, naturalmente, Renzi non vuole Giuliano Amato, considerato troppo amico dei suoi nemici e dell’establishment italiano che non vuole il cambiamento. Ma che cos’è che invece vuole il premier? Un presidente che riconcili i “cittadini con le istituzioni”. E, naturalmente, un presidente che gli faccia da sponda, “perché nel Paese c’è ancora tanto da cambiare” e bisogna fare in modo che “non si possa tornare indietro”. Per parte sua, infatti, ogni volta che può il premier sottolinea che non retrocederà di un “millimetro”. Se vince la partita del Quirinale, infatti, Renzi è a cavallo. I suoi avversari interni ed esterni si troveranno con le unghie spuntate e lui avrà la possibilità di andare avanti con i suoi progetti e le sue ambizioni.
Quello che vuole Ncd. Le aspirazioni di Angelino Alfano sono più modeste, ma anche il ministro dell’Interno punta a sfruttare questa occasione per i suoi fini politici. E, soprattutto, per allargare l’area popolare con l’Udc e la parte cattolica di Scelta civica, in modo da avere una rappresentanza parlamentare pari quasi a quella di Forza Italia. Così, quando si peserà al tavolo del governo, Matteo Renzi dovrà necessariamente concedergli di più di quanto mai abbia fatto finora. Per questa ragione, quindi, Alfano ha candidato ufficialmente Pier Ferdinando Casini, pur sapendo che il leader dell’Udc non ha chance di farcela in casa pd. E’ un modo per tenere la barra dritta rispetto alla costruzione di quell’area moderata che il ministro dell’Interno ha in mente.
Quello che vuole Berlusconi. C’è poi un protagonista importante di questa partita. Anzi, il protagonista insieme a Renzi del grande gioco del Quirinale. Si tratta di Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, al di là delle dichiarazioni ufficiali o delle indiscrezioni fatte filtrare ad arte, fa un problema di nomi fino a un certo punto. Certo, non può dire di sì a Romano Prodi. Ed è difficile per lui anche accettare Pier Carlo Padoan, che non solo è un ministro del governo Renzi, ma è anche l’autore della politica economica contro la quale Fi fa e farà opposizione (questa volta sul serio). Quel che interessa molto Berlusconi è certificare la sua nuova centralità politica. Contribuendo al varo della riforma elettorale e all’elezione del capo dello stato questo suo obiettivo diventa più facilmente raggiungibile. Una volta tagliato questo traguardo, secondo Berlusconi, il centrodestra, grazie a lui, ha ancora la possibilità di vincere le elezioni (che, chiaramente, non si auspica in tempi brevi): “In fondo – ripete spesso e volentieri il leader di Forza Italia – il centrosinistra non ci distacca di moltissimo e vedrete che di qui a qualche tempo Renzi si sarà logorato e per noi si aprirà una possibilità di vittoria”.
I quarti incomodi. In questa partita giocano anche i “quarti incomodi”, ovvero sia i leader della minoranza del Pd. Dicono che Pier Luigi Bersani non abbia ambizioni smisurate, ma si accontenti di essere riconosciuto come interlocutore politico da Renzi. E questo riconoscimento passa proprio per la scelta del capo dello Stato. D’Alema, invece, punta più in alto: vuole un presidente che “bilanci Renzi, facendogli da contrappeso”. Un presidente a cui possa guardare la classe dirigente, politica e non, che teme di essere scalzata da Renzi. E D’Alema ottenesse in questo modo anche la riconquista del Pd da parte della Ditta, per lui sarebbe ancora meglio.