In Grecia vince la sinistra radicale.
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Ora sarà Syriza vs. Bruxelles
di Marco Valerio Lo Prete | 26 Gennaio 2015 ore 07:53
Roma. "Con il voto storico di oggi il popolo greco ha dato un indirizzo molto chiaro: la Grecia volta pagina, abbandona l'austerità, la catastrofe, lascia la paura dietro di sé, lascia cinque anni di sofferenze e chiude circolo vizioso dell’austerità, annulla l'accordo di austerità con la Troika che è il passato”. Questo ha detto ieri sera Alexis Tsipras, leader del partito di sinistra radicale Syriza, nella sua prima dichiarazione dopo la vittoria alle elezioni greche. Nel paese dell’Eurozona più colpito dalla crisi, con il 90 per cento dei voti scrutinati, Syriza esce vittoriosa dalle urne con il 36,2% dei voti; distanziata, poco sopra il 27%, c’è invece Nuova Democrazia, il partito conservatore del premier uscente, Antonis Samaras. Poco oltre il 6%, infine, si collocano gli estremisti di destra di Alba Dorata e i liberal-qualunquisti di To Potami (“Il Fiume”); soltanto dopo vengono i comunisti e i socialisti del Pasok appena sopra la soglia di sbarramento del 3%. Syriza è in assoluto il primo partito, ma non ha raggiunto al momento la maggioranza di 151 seggi sui 300 disponibili, fermandosi appena sotto.
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Prim’ancora di discutere di alleanze possibili e di futuri assetti governativi, quella del quarantenne Alexis Tsipras si profila comunque come una vittoria storica per gli assetti politici del paese. Infatti da quando in Grecia era caduta la dittatura dei colonnelli, cioè dal 1974, il paese era sempre stato governato o dai conservatori di Nuova Democrazia o dai socialisti del Pasok, oppure dai due partiti uniti in coalizione. Per la prima volta dopo 41 anni al governo arriverà un nuovo partito. La crisi delle finanze pubbliche, divenuta conclamata nel 2009, quando il governo socialista di George Papandreou annunciò all’improvviso che il rapporto deficit/pil aveva raggiunto il 15%, seguìta dall’intervento della Troika (composta da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), sembra aver cambiato tutto. Secondo il politologo Takis Pappas, per esempio, l’assottigliamento delle risorse pubbliche a disposizione ha reso insostenibile il sistema statal-populista dominante fino a qualche anno fa, portando così all’implosione del dominio Nuova Democrazia-Pasok.
Il voto di ieri, però, era molto atteso anche al di fuori dei confini ellenici. Tsipras infatti ha annunciato di voler rottamare gli accordi con la Troika – che dal 2010 finanzia lo stato greco – e addirittura di voler ottenere la riduzione del debito pubblico del paese, che ormai ha superato il 174 per cento del pil. Una linea di scontro piuttosto radicale con Bruxelles, insomma, nonostante nelle ultime settimane l’approccio della leadership di Syriza sia parso più dialogante e pragmatico, come confermato dal capoeconomista del partito, John Milios, in un’intervista a questo giornale. "Troveremo con l'Europa una nuova soluzione per far uscire la Grecia dal circolo vizioso e per far tornare a crescere l'Europa. La Grecia presenterà ora nuove proposte, un nuovo piano radicale per i prossimi 4 anni”, ha aggiunto ieri sera Tsipras durante un comizio. La trattativa con Bruxelles (e soprattutto con Berlino) non sarà una passeggiata, a giudicare dalle prime dichiarazioni arrivate ieri sera dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann: il governo greco dovrà continuare a rispettare i patti, altrimenti perderà il diritto alle risorse della comunità internazionale, è stato il senso delle sue dichiarazioni rilasciate mentre lo spoglio era ancora in corso.