Renzi prepara il Quirinale sfidando gli anti Nazareno
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a colpi tosti di Italicum. Il premier forza contro la minoranza anche a costo di minacciare il voto. Gli agguati possibili, i conti di Chigi
di Claudio Cerasa | 20 Gennaio 2015 ore 06:27 Foglio
Roma. Il principio è lo stesso di un medico che per sicurezza chiede al paziente di sottoporsi a un elettrocardiogramma sottosforzo, con l’idea che in questo modo se c’è qualcosa che non va per il verso giusto sarà finalmente possibile avere un referto completo. Nel caso in questione, i battiti cardiaci coincidono con la tenuta della maggioranza e il test sottosforzo a cui Renzi ha scelto di sottoporre il gruppo parlamentare riguarda il terreno della legge elettorale. Non ci sono mediazioni, ha detto Renzi parlando ai senatori del Pd, il testo dell’Italicum non cambia, non sono accettabili ricatti, non è accettabile che ci sia un partito nel partito che cerchi di sabotare una legge elettorale a cui si lavora da un anno, e se, ha detto Renzi testualmente, “il Parlamento deciderà di bocciare l’Italicum, allora vorrà dire che vuole mantenere il Consultellum, e in quel caso io non mi metterò contro la volontà del Parlamento”. Ovvero: se non fate passare la legge prima del voto quirinalizio, vuol dire che non volete questa legge, e che l’unica opzione possibile è votare presto con l’attuale legge proporzionale (e con soglie di sbarramento monstre: otto per cento). Niente mediazioni, ha deciso Renzi, anche perché, prima del voto sul Quirinale, è bene che il Parlamento sia testato sottosforzo per capire quanto potrà reggere in vista dell’elezione del successore di Napolitano. E a Palazzo Chigi ieri sera i conti fatti, intesi come la previsione sul totale di senatori fedeli all’Italicum, coincidono con una soglia precisa: 154 voti, con una perdita di senatori Pd stimata attorno alle venti unità.
Ma cosa è successo ieri? E’ successo che Renzi ha parlato ai senatori del Pd, riconvocandoli nuovamente per oggi. E’ successo che la minoranza del Pd, un pezzo importante, che a Palazzo Madama conta una trentina di senatori, un terzo del gruppo Pd, ha detto di no, che questa legge non la vota, che sull’Italicum ci sarà libertà di coscienza e che l’unico modo per votare è accettare alcuni emendamenti presentati dalla minoranza (primo firmatario il bersaniano Gotor), che prevedono quanto segue: aumentare il numero delle preferenze, diminuire il numero di nominati e prevedere un meccanismo che offra ai partiti non coalizzati al primo turno di coalizzarsi al secondo. Renzi ha detto di no, che non esiste, che l’Italicum è quello che è, e ha confermato che tra oggi e domani cominceranno in Aula i voti sugli emendamenti presentati dalla maggioranza. La partita è intricata ma è importante e gli emendamenti centrali presentati dal governo sono due: su questi si misurerà non solo il percorso dell’Italicum ma anche quello che porterà Renzi alla partita del Quirinale. Il primo emendamento certifica l’introduzione dei cento capilista bloccati ed è un emendamento firmato dai capigruppo dei partiti che appoggiano il governo più Forza Italia, e su questo testo si misurerà la forza del patto del Nazareno. Il secondo, quello più delicato, è un emendamento sul quale non c’è la firma di Forza Italia e prevede il premio alla lista e la diminuzione della soglia di sbarramento necessaria per entrare alla Camera (oggi è all’8 per cento per i non coalizzati e al 4 per gli alleati, con l’emendamento passerebbe al 3).
La partita è tutta qui e gli agguati possibili per i Nazareni possono arrivare sia su questo emendamento (che non avrà i voti di un pezzo del Pd ma che avrà i voti di Sel, 7 senatori, e che potrebbe attrarre i voti se non del 5 stelle di alcuni ex grillini, che a Palazzo Madama sono 17) sia su quello presentato da Gotor (sul quale potrebbero convergere molte opposizioni). La tattica spericolata di Renzi è dunque evidente: provare a far venire allo scoperto i franchi tiratori, anche per aggiornare la famosa lista custodita da Lotti a Palazzo Chigi, e capire con quali forze Pd, Ncd e Forza Italia riusciranno a presentarsi alla partita del Quirinale. Il caso Cofferati, con la sua uscita dal Pd, costituisce un ulteriore elemento di preoccupazione per Renzi, più dal punto di vista psicologico che dal punto di vista politico. Una parte della sinistra del Pd proverà a impugnare il segnale dell’addio dell’ex segretario della Cgil come un’arma da utilizzare contro il Nazareno – e non c’è dubbio che se dovessero arrivare prove relative a infiltrazioni criminali alle primarie ligure per Renzi sarebbe un colpo da non sottovalutare. I numeri però dicono che anche con i dissidenti a vocazione cofferatiana la maggioranza i numeri per forzare ce li ha. Berlusconi, che ieri ha incontrato Alfano e che in mattinata incontrerà Renzi, oggi e domani proverà a ricompattare i parlamentari. Forza Italia attraversa una fase (eufemismo) vivace ma sull’Italicum una linea c’è: dovesse passare il premio alla lista, che Forza Italia non vuole, l’unico modo per rispettare i patti sull’Italicum senza perdere la faccia sarà uscire dall’Aula al momento del voto. Piccole strategie. Ma il patto resiste. Anche se nelle prossime ore, con il Parlamento sottosforzo, sarà chiaro se il cuore del Nazareno ha ancora la forza per reggere oppure no.